‘Mbriacunazzu (di Pietro Maggiore)

Fra le tante liriche inedite del poeta dialettale bagherese Pietro Maggiore (1930-2011), mio indimenticabile cugino e per tanti aspetti mio maestro di vita, ce n’è una, piuttosto breve, che trovo particolarmente bella e profonda.

Pietro Maggiore durante un suo recital poetico

La poesia, che risale più o meno al 1976 e si intitola ’Mbriacunazzu (“L’ubriacone”), è l’accorata descrizione di un infelice ubriacone di nome Pasquale, davvero esistito (faceva il parcheggiatore negli anni Settanta vicino Villa Palagonia a Bagheria).

Pasquale spesso sproloquiava (“fa cumizi in chiazza”) e la società “normale” lo rifiutava: grandi e piccoli lo prendevano spesso e volentieri a pugni e a pietrate, assalendolo rabbiosi, con “denti di canazzi”. E lo insultavano, lo chiamavano “’mbriacunazzu”, lo deridevano.

Ma il poeta sottolinea l’innocua bontà dell’emarginato, che sarebbe davvero “’mbriacunazzu” se assaltasse la gente e le ringhiasse contro: cosa che invece non fa e fanno invece i suoi disumani aggressori.

Assurdamente, poi, nei momenti di sobrietà Pasquale viene ancor più “strapazzato”: la gente infatti lo vuole ubriaco. In altre parole, la società lo rifiuta come essere umano di pari dignità, ma è disposta ad accoglierlo se resta emarginato, se continua ad essere il contraltare necessario all’ineccepibile normalità degli altri (“la genti lu strapazza / pirchì voli u ‘mbriacu”).

Dunque, per l’emarginato, l’unico modo di far parte della società è restare così (una sorta di “ideale dell’ostrica” verghiano riveduto e corretto); e Pasquale, che fesso non è e che “havi lu cori bonu”, beve, si ubriaca e – restando “diverso” – fa contenta la società.

Come si vede, nella sua sintetica semplicità, questa lirica riesce a fornire un quadro realistico e amaro di un mondo che rifiuta il diverso, o lo accetta solo se resta tale, mostrando crudeltà e indifferenza nei confronti di chi non può rientrare nei parametri della perbenistica “normalità”.

Io ricordo bene Pasquale “u vardamachini” (“il guardamacchine”): mio padre parcheggiava l’auto “a Palagonia” (come si definisce lo spiazzo di fronte la villa dei mostri) e quando tornavamo a prenderla era immancabile la mancia a Pasquale; questi infatti, appena ci vedeva, caracollava verso di noi e – ricevuta la monetina – bofonchiava un “grazie” e accennava anche qualche maldestro gesto di guida alla manovra di uscita dal parcheggio (ma a volte, annebbiato dal vino, indicava tutt’altra strada e, a seguire lui, si sarebbero rischiati tamponamenti e “sbattuni”…).

Dopo di che, l’ubriaco tornava al suo posto di… lavoro, cioè “guardava” (nel senso letterale del termine) le altre macchine, ma soprattutto guardava se arrivavano altri automobilisti cui chiedere il compenso; non sempre, però, come si è visto, la sua “fatica” era retribuita: e non mancavano quelli che lo compensavano a parolacce o, peggio, assaltandolo con “denti di canazzi”.

TESTO:

Comu tutti i paisi,

puru lu me paisi

havi lu so ‘mbriacu

chi fa cumizi in chiazza;

e granni e picciriddi

cu pugna e cu pitrati

l’assaltanu cu raggia,

cu’ denti di canazzi.

«‘Mbriacunazzu!» lu chiamanu;

pirchì si leva di vinu

e s’allavanca e sbuffa.

‘Mbriacunazzu fussi,

‘mbriacunazzu,

siddu assaltassi a genti

e ci niscissi i denti.

Pasquali u vardamachini,

quannu nun è ‘mbriacu,

la genti lu strapazza

pirchì voli u ‘mbriacu!

Pasquali, ca nun è fissa

e havi ‘u cori bonu,

mischinu, vivi e fa

contenta ‘a sucità.

Ecco un mio tentativo di traduzione: “Come tutti i paesi, / pure il mio paese / ha il suo ubriaco / che fa comizi in piazza; / e grandi e piccoli / con pugni e con pietrate / l’assaltano con rabbia / e denti di cani rabbiosi. / «‘Ubriacone!» lo chiamano; / perché si ubriaca, / scivola e sbuffa. / Ubriacone sarebbe / se assaltasse la gente / e le digrignasse i denti. / Pasquale il parcheggiatore, / quando non è ubriaco, / la gente lo strapazza / perché vuole l’ubriaco! / Pasquale, che non è fesso / e ha il cuore buono, / poveraccio, beve e fa / contenta la società” (poesia inedita).

Allego un audio, nel quale Pietro Maggiore recita la sua poesia con tono coinvolgente e a tratti fortemente patetico.

Pietro Maggiore recita “‘Mbriacunazzu”

P.S.: L’immagine del titolo è una terracotta dello scultore parmense Giovanni Massariello (2010).

Di Mario Pintacuda

Nato a Genova il 2 marzo 1954. Ha frequentato il Liceo classico "Andrea D'Oria" e si è laureato in Lettere classiche con 110/110 e lode all'Università di Genova. Ha insegnato nei Licei dal 1979 al 2019. Ha pubblicato numerosi testi scolastici, adottati in tutto il territorio nazionale; svolge attività critica e saggistica. E' sposato con Silvana Ponte e ha un figlio, Andrea, nato a Palermo nel 2005.

2 commenti

  1. Grazie per questa straordinaria testimonianza che riporta in vita scene e personaggi di cui diversamente si perderebbe la memoria. Straordinaria è la rievocazione del poeta che mostra grandissima sensibilità e finezza nell’ immedesimarsi pienamente con l’emarginato. Diciamo che in fondo a molti comportamenti umani è presente un atteggiamento di disprezzo verso quelli che rappresentano secondo i canoni antichi i segni vittimari cioè quelle persone che un tempo sarebbero state sacrificate, a cuor leggero da canazzi arraggiato, dalla società per il proprio benessere. Questo straordinario denso musicale testo che pure descrive un contesto che potrebbe sfociare in una situazione drammatica, mi ha fatto ricordare un passo di Quintiliano che sottolinea come gli uomini siano disposti a mostrare la propria generosità elargendo elemosina: nel momento in cui si dona a qualcuno non c’è più la competizione con qualcuno, narcisisticamente ci si reputa superiori a chi riceve il dono, è un segno della propria superiorità della propria nobiltà rispetto a chi si umilia per ricevere l’atto di presunta generosità. E l’umiliazione è proprio la condizione del parcheggiatore ubriaco che deve sottostare, nella società dello “spettacolo”, nell’esibizione del suo ruolo di ubriacone, in una sorta di teatro pirandelliano, alle regole e alla maschera che il paese gli ha affibbiato.

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