Fra gli innumerevoli libri che ho a casa, molti derivano dalla già vastissima biblioteca di mio padre. In particolare, oggi mi è ricapitato fra le mani un importante e prezioso volume in lingua inglese di ben 1152 pagine, pubblicato nell’aprile del 1958 da Intercontinental Book & Publishing (Milano-Roma).
Il titolo è “Who’s who in Italy” (grosso modo “Chi è qualcuno in Italia”), con il sottotitolo: “A biographical dictionary containing about 7000 biographies of prominent people in and of Italy and 1004 organizations” (= “Un dizionario biografico contenente circa 7000 biografie di personalità di spicco in e d’Italia e 1004 organizzazioni”); la realizzazione era a cura del prof. Igino Giordani e del dottor Stephen S. Taylor.
Il volume nasceva dopo il successo dell’analogo “Who’s who in England”, che era pubblicato “da più di 160 anni” e che si era conquistato “un posto d’onore in tutte le biblioteche del mondo”, diventando “molto popolare, oltre che indispensabile, per tutte le attività culturali, politiche, industriali ed economiche”.
Come si legge nella Prefazione (che traduco dall’inglese, come direbbe il Manzoni, “come mi riesce”), «La sempre maggiore importanza della posizione dell’Italia negli affari internazionali, sta creando una richiesta sempre maggiore di informazioni rapide e affidabili sulle personalità italiane di spicco. È stato nostro intento cercare di soddisfare tale esigenza con la pubblicazione di questo WHO’S WHO IN ITALY, che, per facilitarne la consultazione e la fruizione in tutto il mondo, è presentato in lingua inglese. Il libro contiene le biografie di quasi tutte le personalità italiane significative, che rappresentano i segmenti più attivi del Paese, sia in Italia che all’estero».
Ora, la cosa che colpisce di più (o per lo meno che colpisce me) è l’assoluta mancanza di ogni “privacy” nella pubblicazione di quelli che oggi sarebbero “dati sensibili”. Propongo di seguito una decina di esempi (confido nel fatto che, 64 anni dopo, questi dati siano ormai più che “insensibili”).
1) Vittorio Gassmann (come si vede dalla foto che allego) risiedeva a Roma in via Appennini 47 e il suo numero di telefono era 864.674; venivano anche riferiti la data di nascita (1° settembre 1922), paternità e maternità (Enrico e Luisa Ambron), nome della consorte (Eleonora Ricci, da cui però era di fatto separato dal 1952, cosa che però non poteva allora essere ufficializzata) e notizie sulla carriera.
2) Alberto Sordi viveva a Roma in via dei Pettinari 40 (n° di telefono 563.040) ed era nato nella capitale il 15 giugno 1920 da Pietro Sordi e Maria Righetti.
3) Giovanni Agnelli (“industrialist”) era nato a Torino il 12 marzo 1921 da Edoardo e Virginia Bourbon del Monte; abitava a Torino in corso Marconi 10 (tel. 683.666).
4) Giulio Andreotti (“lawyer”, cioè “avvocato”, e “politician”) era nato a Roma il 14 gennaio 1919 da Filippo e da Rosa Falasca; risiedeva a Roma in via San Valentino 7 (qui il numero di telefono manca… Andreotti evidentemente alla privacy teneva già allora…).
5) Federico Fellini, nato a Rimini il 20 gennaio 1920 dal commerciante Urbano e da Ida Barbiani, risiedeva a Roma in via Lutezia 11 (anche qui niente telefono).
6) Giangiacomo Feltrinelli, industriale ed editore, nato a Milano il 19 giugno 1926, risiedeva a Milano in via Andegari 4 (tel. 873.090).
7) Arnoldo Mondadori, nato a Poggio Rusco il 2 novembre 1889 da Secondo e da Gilda Cugola, sposato con Andreina Monicelli e fondatore della famosa casa editrice, abitava a Milano in Piazza Duse 2 (tel. 798.701).
8) Il filosofo Nicola Abbagnano, nato a Salerno il 15 giugno 1901, viveva in via Valeggio 26 a Torino (tel. 584-155).
9) Il mio professore di Storia della letteratura latina all’Università di Genova, Francesco Della Corte, nato a Napoli il 22 febbraio 1913, viveva in via Trento 28 a Genova (tel. 366.168).
10) La scrittrice, poetessa e giornalista femminista Sibilla Aleramo, riportata con il suo vero nome (Rina Faccio), viveva a Roma in via di Val Cristallina 27 (tel. 890.360).
Come si intuisce da quest’ultimo riferimento, non mancano in questo prezioso catalogo le donne, di tutte le categorie: fra le prime in ordine alfabetico si trova Marta Abba, la famosa attrice milanese, massima interprete dei drammi pirandelliani (la si poteva contattare al 792.822 di corso Matteotti 3 a Milano); inoltre, ad esempio, Gina Lollobrigida viveva in Via Appia Antica 223, mentre Maria Jervolino (madre di Rosa Russo Jervolino ed anche lei impegnata in politica nella DC) risiedeva a Napoli in piazza Duomo 326.
Ma come erano state realizzate queste note biografiche che, come ho specificato, riportano per ogni personaggio numerosi altri dati?
La Premessa spiega anche questo: «Tali biografie sono state elaborate con l’ausilio di questionari sottoposti agli interessati. Quando le risposte non erano complete, il materiale per le biografie veniva raccolto da altre fonti; il che senza dubbio deve aver provocato alcune inesattezze od omissioni. Ogni volta che si è rivelato impossibile ottenere dati affidabili, siamo stati costretti a ometterli del tutto». Con notevole modestia, gli autori del catalogo ringraziavano anticipatamente quei lettori che avessero segnalato “eventuali errori, omissioni o inesattezze” o che avessero dato “suggerimenti costruttivi”, utili per le future edizioni.
Ultime curiosità:
1) una sezione speciale del libro era dedicata «agli enti e alle istituzioni politiche, economiche, finanziarie, culturali, scientifiche, artistiche, religiose, della stampa, assistenziali, sportive e turistiche, e alle rappresentanze diplomatiche italiane all’estero e straniere in Italia»; ecco dunque che, incredibilmente, a pag. 995 compare il numero di telefono della segreteria del Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi (“Palazzo del Quirinale”, tel. 474.441 e 670.343); seguono indirizzi e telefoni dei ministeri, dei sottosegretariati, dei principali magistrati;
2) l’ultima parte del libro, riservata alla pubblicità, è per me non meno interessante come testimonianza di un’epoca: un’intera pagina è dedicata alla FIAT (“one of the biggest industrial concerns in Europe manufacturing motorised products”, p. 1141), una alla RAI (p. 1143), due alla Olivetti (“for each kind of work there is a machine designed to be exactly right for the job”, pp. 1144-1145), una al turismo per la Sicilia (con lo slogan “Springtime in all seasons”, “primavera in tutte le stagioni”, p. 1146), ecc.
Ora, io non saprei dire se lo “spiattellamento” di dati sensibili che si usava allora, universalmente accettato e non contestato da nessuno, fosse davvero prova di un’epoca meno attenta al rispetto delle persone. Mi verrebbe anzi di pensare l’esatto contrario, soprattutto per la possibilità offerta allora a chi non era VIP (ma allora nessuno diceva così) di conferire (potenzialmente e forse anche concretamente) con le persone di “serie A”.
Epoca di minore spocchia, di minori prosopopee, di minori “gap” fra i cittadini dello stesso Paese: un Paese in ripresa dopo la guerra e in sensibile crescita (“the ever-increasing importance of Italy’s position in the international affairs”), sicuramente condizionato ancora da ingiustizie, ineguaglianze, assenza di diritti essenziali, ma privo sicuramente del cinismo, della cattiveria, della crudeltà e dell’indifferenza dell’epoca attuale.
E quindi, tutto sommato, a me piace l’idea di un Paese in cui un cittadino poteva prendere il telefono e chiamare casa Sordi, o casa Agnelli, o casa Feltrinelli (non Andreotti, ma meglio così) e poteva sperare che questi gli rispondessero. Analogamente, chiamando l’800.423 di Roma (via Linneo 16) potevamo avere buone possibilità che ci rispondesse l’attore Gino Cervi (non ancora Maigret), mentre – sempre nella capitale – all’870.382 (via Barnaba Oriani 8/a) potevamo chiedere di Vittorio De Sica e al 392.511 (via Pecori Giraldi 135) di Massimo Girotti.
Soprattutto, però, mi piace l’idea di un Paese e di un’epoca in cui l’identità di una persona era chiara, univoca, non modificabile, non copincollabile, non “sottraibile”, non taroccabile e (vogliamo dirlo?) sacra. E di queste donne e questi uomini che erano “qualcuno” resta soprattutto, al di là degli indirizzi e dei numeri di telefono di allora, il ricordo della loro attività in tanti campi produttivi del Paese, delle loro carriere eclatanti, dell’esempio mirabile che hanno dato con il loro impegno e la loro voglia di emergere.
Ogni singolo rigo strappato alla morte e all’oblio è un trionfo dell’essere umano. Sempre. E merita il nostro rispetto, la nostra attenzione e il nostro tenace ricordo.