A vent’anni dalla scomparsa del grande Alberto Sordi, mi piace ricordarlo con il sonetto che gli dedicò Gigi Proietti.
Il 27 febbraio 2003, sul palco di piazza San Giovanni, dietro al feretro di Sordi e alla presenza di una folla oceanica (valutata in circa 250.000 persone), Proietti dedicò ad “Albertone” questi versi, ricchi – come lui stesso diceva – di “amore sincero” e “commozione”.
Il sonetto, come disse Proietti dal palco, a Roma è sempre stato “un modo di comunicare, un modo di annunciare nascite, morti, prese in giro, riappacificazioni”; la sua era dunque “una sintesi fatta di pochi versi, perché tanti discorsi io non li so proprio fare”.
Il poeta (e Proietti lo era davvero) immagina dunque che Sordi, nel suo volo verso l’aldilà, si fermi “a mezza strada” per guardare, quasi sorpreso, l’enorme “fiumana di persone” che gli sta rendendo omaggio.
Ne deriva allora un affettuoso rimprovero al grande attore che se n’è andato: si rende conto di che cosa ha “combinato”? Ma che cosa ci combinano, quando se ne vanno via, sempre troppo presto, certe persone che rappresentano l’essenza stessa della nostra vita, nei suoi momenti belli e brutti, nell’infinita varietà delle sue vicende?
Allora l’illustre defunto, con la sua tipica espressione sorniona, replica con il suo minimizzante “Ma che state a fa’? / Ve vedo tutti tristi, nel dolore”. Ed è davvero così: Roma senza il suo Albertone annaspa in una profonda tristezza, fra “lacrime e ricordi”; e questo perché Sordi non era stato solo “un granne attore”: era stato “tanto di più”.
Tanto di più per la sua città eterna, per il nostro Paese e per il cinema internazionale.
Per chi volesse rivedere questo bellissimo momento, in cui un grande attore ne rievoca un altro in modo impareggiabile, con leggerezza e profondità al tempo stesso, il link su YouTube è https://www.youtube.com/watch?v=U1NwVHK7uKE
Io so’ sicuro che nun sei arrivato
ancora da San Pietro in ginocchione,
a mezza strada te sarai fermato
a guarda’ sta fiumana de persone.
Te rendi conto sì ch’hai combinato,
questo è amore sincero, è commozione,
rimprovero perché te ne sei annato,
rispetto vero tutto pe’ Albertone.
Starai dicenno: “Ma che state a fa’?
Ve vedo tutti tristi, nel dolore”;
e c’hai ragione, tutta la città
sbrilluccica de lacrime e ricordi
che tu non sei sortanto un granne attore,
tu sei tanto de più, sei Alberto Sordi.
Per ricordare Sordi, scelgo questa sua foto, forse meno nota a molti giovani, tratta da uno dei film più belli da lui interpretati, “Un borghese piccolo piccolo” di Mario Monicelli (1977); in questo film Monicelli e Sordi, che ne erano stati l’essenza stessa, chiudevano la “commedia all’italiana” con una vicenda cupa e dolorosa: e l’interpretazione di Sordi come attore tragico raggiungeva momenti altissimi, evidenziando ancor di più (se possibile) la sua grandezza di interprete, un interprete nel quale si erano davvero rispecchiati per decenni i sentimenti, le debolezze, le gioie, le preoccupazioni e le disgrazie di un intero Paese.