La Sampdoria in serie B e un aneddoto scolastico

Ieri la Sampdoria è stata sconfitta per 2-0 dall’Udinese ed è quindi retrocessa matematicamente in serie B.

I peggiori istinti della mia anima di genoano mi indurrebbero a manifestazioni di esultanza, tanto più che sabato scorso la mia squadra si è assicurata il ritorno in serie A. Mi astengo però da ogni eccesso, sia per la mia cultura classica (“niente di troppo”) sia perché un po’ mi dispiace, per la città di Genova, che le sue due squadre non siano entrambe nella massima serie, in modo da affrontarsi nello scenario suggestivo del derby (ovviamente con l’obiettivo di assistere a una netta vittoria dei rossoblù sui cugini “ciclisti”).

I rapporti fra le due tifoserie, va detto, sono sempre improntati a un reciproco e anche crudele sfottò, ma non sfociano praticamente mai in atti violenti e incivili.

A proposito di derby fra Genoa e Doria, mi torna in mente un ricordo della mia carriera di docente.

All’indomani di un derby della Lanterna vinto dal Grifone (gioia divenuta sempre più rara negli ultimi anni), a prima ora entrai in classe in ora di greco. I ragazzi erano tesi e preoccupati, temendo di essere chiamati (cosa che peraltro capitava loro quasi ogni giorno).

Senza battere ciglio e senza proferire verbo, immediatamente scrissi alla lavagna a caratteri cubitali la sibillina frase Ὁ μὴ πηδῶν Δωρίανός ἐστι (ho me pedòn Dorianòs esti).

Subito dopo, con la faccia patibolare che mi riusciva di sfoggiare in casi del genere, cominciai a interrogare.

Il primo sventurato chiamato alla cattedra fu invitato a tradurre la misteriosa espressione greca.

Quando vidi i sudori freddi che imperlavano la fronte del ragazzo, cominciai a guidarlo.

“Che cos’è πηδῶν (pedòn)?”

“Un participio”.

“Da quale verbo viene?”

“Da πηδάω (pedào)”

“Bene. E πηδάω che significa?”

Non lo sapeva.

Io gli suggerii: “Saltare”.

Il giovane, sempre più perplesso, iniziò a tradurre: “Colui che non salta…”.

Poi si arenò, non capì più nulla, non sapeva più se con quel Δωριανός (Dorianòs) si alludesse alla colonizzazione dorica o a un tizio di nome Dorian (Gray?).

Quando lo vidi annaspare, finalmente appagato dallo scherzo iniziai a picchiare il pugno sulla cattedra violentemente e ritmicamente, urlando: “Chi non salta sampdoriano è, è! Chi non salta sampdoriano è, è!”.

Pochi secondi dopo la classe si era trasformata da una riuscita succursale dell’inferno dantesco in un bailamme di risate liberatorie.

Così va la scuola italiana; o meglio così andava finché ne facevo parte…

Chiudiamola qui: sentite condoglianze al Doria (sperando che almeno si salvi dal possibile fallimento economico). L’anno scorso i doriani avevano festeggiato con un plateale funerale la retrocessione del Genoa; ma chi la fa, l’aspetti…

Di Mario Pintacuda

Nato a Genova il 2 marzo 1954. Ha frequentato il Liceo classico "Andrea D'Oria" e si è laureato in Lettere classiche con 110/110 e lode all'Università di Genova. Ha insegnato nei Licei dal 1979 al 2019. Ha pubblicato numerosi testi scolastici, adottati in tutto il territorio nazionale; svolge attività critica e saggistica. E' sposato con Silvana Ponte e ha un figlio, Andrea, nato a Palermo nel 2005.

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