I temi della maturità e l’invenzione del “meta-esame”

Fra le tracce di tipologia C, assegnate oggi agli studenti per la prima prova scritta degli esami di stato, compariva una “Lettera aperta al ministro Bianchi sugli esami di maturità”, indirizzata nel dicembre 2021 all’allora Ministro dell’istruzione da parte di alcuni “illustri esponenti del mondo accademico e culturale italiano”, che “hanno espresso una serie di riflessioni relative all’esame conclusivo del secondo ciclo di Istruzione”.

Nella lettera, i mittenti lamentavano che il ministro fosse “orientato a riproporre un esame di maturità senza gli scritti come lo scorso anno, quando molti degli stessi studenti, interpellati dai giornali, l’hanno giudicato più o meno una burletta”.

Affermavano poi (da ineffabili scopritori dell’uovo di Colombo) che l’esame deve essere “una verifica seria e impegnativa… nell’interesse di tutti”: anzitutto dei ragazzi (che vengono spinti in questa occasione “a esercitarsi e a studiare, anche affrontando quel tanto di ansia che conferma l’importanza di questo passaggio”, in modo da poter “uscirne con soddisfazione”) e poi della collettività, “alla quale è doveroso garantire che alla promozione corrisponda una reale preparazione”.

Con il ripristino delle prove scritte, secondo gli scriventi, “la scuola, che delle promozioni si assume la responsabilità, riacquisterebbe un po’ di quella credibilità che ha perso proprio scegliendo la via dell’indulgenza a compenso della sua frequente inadeguatezza nel formare culturalmente e umanamente le nuove generazioni”.  

Gli spettabili scriventi chiedevano infine non solo la “reintroduzione delle prove scritte” (con la postilla che occorreva anche la “garanzia che non si copi e non si faccia copiare, come accade massicciamente ogni anno”), ma anche “di trasmettere agli studenti il messaggio di serietà e di autorevolezza che in fondo si aspettano”.

Dopo la citazione del testo della lettera, ecco la richiesta del tema: «Esponi il tuo punto di vista e confrontati in maniera critica con le tesi espresse nel testo. Puoi articolare il tuo elaborato in paragrafi opportunamente titolati e presentarlo con un titolo complessivo che ne esprima sinteticamente il contenuto».

La prova C dell’esame di stato, fra le tre tipologie proposte, è quella che maggiormente somiglia al tema generale proposto alle precedenti generazioni, in quanto “propone problematiche vicine all’orizzonte esperienziale delle studentesse e degli studenti”; consiste dunque in una “riflessione critica di carattere espositivo-argomentativo su tematiche di attualità”.

Ora, evidentemente, al Ministero dell’Istruzione e del Merito ci si è voluto conquistare sul campo il secondo appellativo, aggiunto l’anno scorso alla sua denominazione tradizionale (che peraltro aveva già perso per strada il concetto di istruzione “pubblica”).

E, in nome del dogma del Merito, che cosa avrebbero dovuto scrivere gli studenti?

Ovvio; avrebbero dovuto scrivere:

1. che sì, che certamente, i mittenti della lettera avevano ragione;

2. che sì, che certamente l’esame deve essere “serio e impegnativo” (creando così un’inedita situazione di “meta-esame”, cioè di riflessione sull’esame mentre si fa l’esame);

3. che sì, che certamente agli esami non si deve copiare e “non si deve fare copiare” (siluro lanciato alle commissioni di manica larga…);

4. che sì, che certamente gli studenti si aspettano o devono aspettarsi (come potrebbe essere diversamente?) che da questi esami che stanno sostenendo resti a loro un “messaggio di serietà e di autorevolezza”.

Questo tuffo nel “reale più reale”, questo invito rivolto ai ragazzi a dire cose “belle”, serie, costruttive e a dar prova di sapersi confrontare “in maniera critica con le tesi espresse nel testo”, che risultati avrà prodotto fra i coraggiosi che avranno scelto questa traccia?

Certo non mancherà qualche audace levata di scudi da parte di qualche giovane poco disposto a sottoscrivere “in toto” il contenuto della lettera; ma verosimilmente, per lo più, si leggerà negli elaborati una dovuta serie di lodi per tanta serietà, tanta “autorevolezza”, tanta correttezza.

E magari ne verrà fuori (corollario che male non fa, almeno nelle intenzioni di chi ha escogitato la traccia) qualche perplessità verso il precedente ministro Bianchi.

La cosa paradossale, però, è che proprio Bianchi finì appunto per ripristinare gli scritti alla maturità dopo la pandemia, sia pure mantenendo per il momento la sola prova di Italiano a livello nazionale e delegando invece la seconda prova ai singoli istituti.

Oggi la reazione dell’ex ministro, alla notizia dell’imprevedibile gloria conferitagli in sede di esami di stato, è stata fortemente polemica: «Considero inaudito e offensivo nei miei confronti e anche nei confronti dei ragazzi la traccia sulla lettera a me indirizzata».

Bianchi aggiunge: «Trovo inaudito che si faccia commentare ai ragazzi un testo che non si sa chi ha scritto, genericamente inviato nel dicembre del 2021 con una frase che dice “abbiamo letto sui giornali che lei sarebbe intenzionato a….”. Ma ci vogliamo attenere ai fatti? Gli esami di Maturità senza la prova scritta sono quelli al tempo del Covid e abbiamo comunque garantito a tutti un esame e l’anno successivo siamo stati noi a ripristinare gli esami scritti e tra l’altro con un testo su Pascoli, uno su Verga e soprattutto un testo bellissimo della senatrice Segre e un testo di Giorgio Parisi, premio Nobel, e ancora uno di Ferraioli sul pianeta Terra: tutti riferimenti grandi e solidi. […] Non c’è stata la prova scritta nell’anno del covid e siamo stati noi, ribadisco, a ripristinarla».

Bianchi conclude valutando così il tema assegnato oggi ai ragazzi: «L’ho trovato inaudito e offensivo nei miei confronti e nei confronti dei ragazzi e delle famiglie. Di una sconcezza e scorrettezza infinite. Un attacco diretto nei miei confronti senza motivo. Non ci vedo nemmeno un pensiero politico, ma solo l’incapacità di cogliere il senso e il valore di quanto accaduto in questi anni».

Riepilogando, se si guarda oggettivamente alla situazione, la lettera degli insigni esponenti della cultura nazionale parlava di “sensazioni” (leggi: aria fritta); il fatto in realtà non sussisteva e il ripristino degli scritti alla maturità non si verificò di certo in seguito a questo nobile appello….

Resta il fatto che non si riesce a capire (o forse si capisce fin troppo bene) che senso avesse, oggi, proporre in una prova d’esame di Italiano una discussione di questo tipo, facilmente trasformabile in occasione politica per proseguire l’opera di rimozione dei sassolini dalle intasatissime scarpe dei nuovi governanti. 

Di fronte alla sdegnata reazione di Bianchi non è mancata ovviamente la replica dell’attuale ministro Valditara: a suo parere la lettera proposta agli alunni «è l’opinione espressa da autorevoli accademici, tra cui Cottarelli, Orsina, Crepet. Mi sembrava una traccia che potesse far riflettere gli studenti sulla scuola e sull’esame di maturità. L’ho trovata originale».

Infatti è originale e genialoide l’idea di inventare un “meta-esame”, costringendo i ragazzi, che stavano svolgendo la prova scritta con la giusta tensione del momento, a riflettere “illico et immediate” sull’esame che stavano sostenendo, prendendo rapidamente atto che il loro “pensiero creativo” deve consistere nel dare l’assenso alla traccia proposta, ovviamente nel segno del trionfo della “serietà” e dell’“autorevolezza”.

Certo, non mancava la scelta alternativa: per la tipologia A c’era una traccia su Moravia (che nelle scuole italiane, che svolgono oggi i programmi che ho portato all’esame io cinquant’anni fa, non si studia) e una su Quasimodo (in una poesia sullo Sputnik, che ovviamente molti ragazzi non sanno cosa sia, dato che nei programmi di Storia molti arrivano oggi alla seconda guerra mondiale, come me cinquant’anni fa…); per la tipologia B erano proposte una frase di Chabod sull’immancabile e “attualissimo” concetto di nazione, un testo di Piero Angela sul concetto di “ricchezza immateriale e distruzione creativa” e un’intervista del 1977 in cui Oriana Fallaci (unica esponente oggi del pensiero femminile) rifletteva su “chi fa la storia” e sulla necessità di scegliere una sola risposta tra “tutti o pochi” (forse occorreva scrivere che la storia la scrivono i vincitori…); infine, per la tipologia C, c’era un’altra traccia (rivelatasi gettonatissima) da un passo di Marco Belpoliti (“Elogio dell’attesa nell’era di Whatsapp”).

Infine, c’è da chiedersi se, dopo la prova scritta di oggi, il Ministro dell’Istruzione e del Merito riceverà a sua volta una lettera aperta da altri “illustri esponenti del mondo accademico e culturale italiano”. Sarebbe possibile, a questo punto, proporla l’anno venturo ai prossimi esami di Stato; e sarebbe un’altra idea geniale: gli esami, che una volta dovevano accertare la “maturità” dei giovani, potrebbero diventare simili a una serie TV o a una fiction a puntate; potrebbero basarsi su “filoni” consolidati, uno dei quali (che a questo punto potrebbe diventare “tipologia D”) potrebbe essere “attualità politica”.

P.S.: “La purga dura da sempre, senza un perché. / Dicono che chi abiura e sottoscrive / può salvarsi da questo sterminio d’oche, / che chi obiurga se stesso, ma tradisce / e vende carne d’altri, afferra il mestolo / anzi che terminare nel pâté / destinato agl’Iddii pestilenziali. / […] / E i colpi si ripetono ed i passi, / e ancora ignoro se sarò al festino / farcitore o farcito. L’attesa è lunga, / il mio sogno di te non è finito” (E. Montale)

Di Mario Pintacuda

Nato a Genova il 2 marzo 1954. Ha frequentato il Liceo classico "Andrea D'Oria" e si è laureato in Lettere classiche con 110/110 e lode all'Università di Genova. Ha insegnato nei Licei dal 1979 al 2019. Ha pubblicato numerosi testi scolastici, adottati in tutto il territorio nazionale; svolge attività critica e saggistica. E' sposato con Silvana Ponte e ha un figlio, Andrea, nato a Palermo nel 2005.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *