Quando le Frecce Tricolori uccidono

Lo scorso 27 marzo mi trovavo a Roma con mia moglie; eravamo vicino al “Palazzaccio” verso le 11,45 quando abbiamo sentito sopra di noi un rombo assordante di aerei; sembrava che fosse in corso un attacco missilistico. Alzando lo sguardo, abbiamo visto le Frecce Tricolori che (per l’appunto) sfrecciavano sopra di noi a bassissima quota a folle velocità. I passaggi si sono ripetuti più volte per almeno un quarto d’ora e ogni volta gli aerei mi sembravano più veloci e, soprattutto, più bassi, tanto da dare l’illusione ottica di sovrastare di poco i tetti dei palazzi.

Già in quella circostanza mi ero chiesto a chi giova, a che serve, a che vale una simile pericolosissima esibizione in un centro abitato.

E proprio quel giorno mi venne già in mente la terribile tragedia avvenuta molti anni fa nella base Nato di Ramstein, in Germania: infatti il 28 agosto 1988, durante l’esibizione delle Frecce Tricolori, quando la pattuglia acrobatica si apprestava a completare la figura del “cardioide” (“a forma di cuore”), avvenne una collisione fra tre aerei Aermacchi MB-339PAN; due di essi precipitarono in fiamme sulla pista, mentre il Pony 10 si abbatté sulla folla, provocando 67 vittime (tra le quali i tre piloti) e 346 feriti tra gli spettatori. (Fra l’altro ci si chiese allora se la morte, in quella circostanza, di due piloti che otto anni prima avevano sfiorato in volo il DC9 di Ustica fosse solo una tragica coincidenza).

In seguito all’incidente di Ramstein, per tre anni, tutte le esibizioni acrobatiche aeree furono interdette nello spazio aereo tedesco; in seguito furono varate stringenti misure di sicurezza che, tra l’altro, prevedevano l’allontanamento del pubblico dall’area delle evoluzioni acrobatiche. Ma, come sempre succede, le norme restrittive durano il tempo dell’onda emotiva che le ha generate; poi vengono smussate, attenuate, omesse, dimenticate e cancellate.

Ieri infatti, purtroppo, una nuova crudele tragedia è stata provocata dall’esibizione delle Frecce Tricolori; come si legge nel sito dell’agenzia Ansa, «La giornata di festa da passare con lo sguardo incollato al cielo si trasforma in dramma. Un velivolo delle Frecce Tricolori si schianta al suolo, esplode e coinvolge una famiglia di passaggio in automobile. Una bimba di cinque anni perde la vita, mentre il fratello di dodici anni, insieme alla mamma e al papà, finiscono in ospedale. Anche il pilota dell’aereo, che si è salvato attivando il dispositivo di espulsione dalla cabina un istante prima dell’impatto, viene ricoverato. Nessuno è in gravi condizioni. La tragedia poco prima delle 17 nei pressi dell’aeroporto di Torino-Caselle, da dove la pattuglia era appena decollata alla volta di Vercelli. Doveva partecipare a un air-show ed era attesa da non meno di quattromila spettatori. Domani, invece, sarebbe stata il piatto forte di una kermesse di due giorni organizzata dall’aeroclub di Torino per il centenario della fondazione dell’Aeronautica Militare».

La morte crudele, inaccettabile e ingiustificabile della piccola Laura Origliasso, che aveva solo 5 anni, uccisa dalle fiamme dell’Aermacchi MB399 precipitato, non può essere liquidata con espressioni di costernazione per la tragica “fatalità” (forse un “bird strike”, cioè l’impatto con degli uccelli).

Non basta che il capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica Militare, il generale Luca Goretti, si dichiari “sgomento e attonito” per l’accaduto e “si stringa” alla famiglia (in cui anche il padre, la madre e il fratellino maggiore di Laura hanno riportato ustioni).

Occorre invece che, senza lacrime di coccodrillo, si dica a chiare lettere che non si debbono organizzare, mai più, simili inutili e dissennate esibizioni.

Se le Frecce Tricolori servono a creare degli abili piloti di caccia da combattimento, si esercitino in zona militare e molto lontano dai centri abitati; se servono a mostrare il livello di addestramento delle nostre truppe, si facciano filmare e immortalare mentre fanno le loro pittoresche evoluzioni a bassa quota ma senza spettatori e senza clamori.

Soprattutto, non si organizzino – ripeto “mai più” – simili “spettacoli” pericolosissimi. Si rinunci a questa “nazionale dell’acrobazia” (ben altre sono, in questo momento, le “acrobazie” che attendono il nostro Paese) e si faccia di tutto perché mai e poi mai una bambina innocente possa più morire per uno show inutile e ingiustificabile.

Di Mario Pintacuda

Nato a Genova il 2 marzo 1954. Ha frequentato il Liceo classico "Andrea D'Oria" e si è laureato in Lettere classiche con 110/110 e lode all'Università di Genova. Ha insegnato nei Licei dal 1979 al 2019. Ha pubblicato numerosi testi scolastici, adottati in tutto il territorio nazionale; svolge attività critica e saggistica. E' sposato con Silvana Ponte e ha un figlio, Andrea, nato a Palermo nel 2005.

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