Bruno Lavagnini è stato uno dei maggiori grecisti del nostro Paese.
Nacque a Siena il 3 ottobre 1898, da famiglia non agiata: il padre era impiegato nei telegrafi (a Siena, a Viareggio e a Lucca), mentre la madre faceva la maestra, ma rinunciò all’insegnamento in seguito al matrimonio, dedicandosi ai suoi cinque figli.
Lavagnini dapprima studiò a Viareggio, per trasferirsi poi nel 1911-12 al ginnasio-liceo “Machiavelli” di Lucca. Nel 1916 superò il concorso per l’ammissione alla Scuola normale superiore di Pisa, che, nonostante le difficoltà familiari, frequentò per quattro anni.
Nel 1920 conseguì la laurea con lode, discutendo una tesi su Le origini del romanzo greco, con relatore Francesco Zambaldi. La tesi fu pubblicata l’anno successivo a Pisa (Le origini del romanzo greco, 1921) e costituì il primo nucleo di una serie di saggi che avrebbero rappresentato una pietra miliare negli studi sul romanzo greco; lo studioso senese confutava la tesi del Rohde sulla derivazione del romanzo dalla Seconda Sofistica, sostenendone invece la provenienza dalle leggende popolari locali, sulla scia di certa produzione elegiaca (cfr. in Callimaco la novella di Aconzio e Cidippe negli Αἴτια), ma in uno stile semplice destinato ad un pubblico meno colto. Lavagnini continuò ad occuparsi della questione: negli anni 1932-1938 scrisse per l’Enciclopedia Italiana le voci Aretalogia, Eliodoro di Emesa, Longo, Novella, Romanzo greco, che furono poi incluse nel volume Studi sul romanzo greco (1950); ancora successivo è Il problema del romanzo greco (cfr. Beiträge zum griechischen Liebesroman, a cura di H. Gärtner, Hildesheim 1984, pp. 68-101).
Nel 1921 soggiornò da gennaio a ottobre in Grecia come allievo della Scuola archeologica di Atene; fu questa un’esperienza preziosa, in cui, come scrisse nella sua Autobiografia (p. XV), scoprì il “senso concreto del mondo classico”. Inoltre il contatto diretto col popolo greco, con la sua lingua e con la sua cultura, accesero in lui quell’interesse per la Grecia moderna che doveva poi maturare e concretarsi più tardi.
Nel luglio del 1922 conseguì il diploma di perfezionamento in Filologia classica contemporaneamente alla Normale (con uno studio su Apuleio, in cui veniva sottolineata l’originalità dello scrittore africano rispetto ai modelli) e all’Istituto di studi superiori di Firenze (con un lavoro di tipo archeologico fortemente voluto dal Pasquali, in sostituzione di un’edizione già pronta degli Eroticorum Graecorum fragmenta papyracea che fu comunque pubblicata lo stesso anno a Lipsia presso Teubner).
Dal 1923 al 1929 Lavagnini fu professore di ruolo nei Licei di Pisa e di Viareggio. Aveva ottenuto frattanto, nel 1924, la libera docenza in Letteratura greca; tenne così dei corsi liberi nelle università di Padova e di Pisa, e nel 1927-28 fu professore incaricato a Catania di Letteratura greca. Vinto poi il concorso a cattedra, fu nominato professore di ruolo in quella stessa università (1929-30), per trasferirsi, dal 1930 in poi, all’università di Palermo, dove restò per il resto della sua carriera accademica; vi tenne infatti la cattedra di Letteratura greca e, per incarico, l’insegnamento di Lingua e letteratura neogreca per oltre 40 anni. Al periodo dell’insegnamento nei licei appartengono numerosi articoli sulla didattica e diversi testi scolastici: fra questi una splendida antologia di lirici greci, ricca di contributi biografici ed esegetici ed organizzata secondo una struttura (introduzione, medaglione sull’autore, testo e note di commento) nota con il titolo di Aglaia che fu a lungo adottata nelle scuole e modello delle antologie successive.
In quegli anni si dedicò anche ad importanti studi storiografici: Saggio sullo svolgimento della storiografia greca (Padova 1925) e Saggio sulla storiografia greca (Bari 1933).
Nell’Ateneo palermitano ricoprì diversi incarichi: fu direttore della Biblioteca (1933-1948) e preside della Facoltà di Lettere (1965-73), presso la quale creò l’istituto di Filologia greca. Nel 1939 sposò un’allieva palermitana, Orsola Autore, da cui ebbe due figlie, Marina e Renata (quest’ultima ha seguito le orme del padre negli studi bizantini e neoellenici, come docente di ruolo all’Università di Palermo per l’insegnamento di Lingua e letteratura neogreca, console onorario della repubblica greca nella città siciliana ed autrice di numerosi saggi, traduzioni e studi critici di rilevanza internazionale).
Lavagnini si occupò di tutti i generi letterari greci e i suoi interessi spaziarono su questioni di ogni tipo (linguistiche, etimologiche, letterarie, archeologiche, epigrafiche, papirologiche, filologiche, glottologiche e cronologiche).
Si dedicò anche agli studi di letteratura latina (Catullo, Lucrezio, Orazio, Virgilio, Ovidio, Petronio, Giovenale), sottolineando sempre l’originalità dell’apporto romano rispetto ai modelli greci.
Altri importanti contributi critico-letterari furono: Alle fonti della Pisanella, ovvero D’Annunzio e la Grecia moderna (Palermo 1942, in cui indicava alcuni testi ciprioti come fonti dell’opera dannunziana), Alle origini del verso politico (Palermo 1983) e numerose voci apparse nel Dizionario delle opere e dei personaggi (1947-1949) e nel Dizionario degli autori (1957-1958) della Bompiani.
Profondamente convinto della continuità della cultura greca, attivò nel 1930-1931 a Palermo l’insegnamento del neogreco; era un evento “rivoluzionario” per l’epoca, nella quale il collegamento fra grecità antica e moderna era ancora molto sottovalutato. Lavagnini insegnò greco moderno ininterrottamente fino al 1966-67, scrivendo una fondamentale Storia della letteratura neoellenica (Milano 1955 e 1960, Firenze 1969).
Fondamentale fu anche la sua opera di traduttore, che rese noti in Italia poeti neogreci come Porfiras, Kavafis, Sikelianòs, Seferis, ecc.; conseguentemente, nel 1957 fu insignito in Italia del premio Marzotto (per le raccolte Trittico neogreco e Arodafnusa) e in Grecia della medaglia d’oro della Società ellenica dei traduttori di letteratura (1990).
Nel 1952 gli era stata affidata dal Ministero degli affari esteri la missione di riaprire l’Istituto italiano di cultura ad Atene, del quale fu direttore fino al 1959. Fu così un prezioso mediatore nei rapporti culturali italo-greci, che erano stati interrotti e turbati dalla guerra: creò strutture e uffici, formò collaboratori, organizzò corsi di italiano, rendendo l’Istituto un saldo punto d’incontro tra i due Paesi.
Anche nel settore bizantino l’opera di Lavagnini fu fondamentale; come scrisse nella sua “Autobiografia”, «Bisanzio è il naturale antecedente della cultura neogreca. Il filologo classico che si accosti agli studi neogreci risalendo nel tempo oltre la turcocrazia, incontra inevitabilmente Bisanzio e la sua cultura nutrita di cristianesimo e di eredità classica. Così accadde anche a me di rivolgermi con attenzione al mondo bizantino».
Nell’aprile 1951, dunque, Lavagnini organizzò a Palermo l’VIII congresso internazionale di Studi bizantini, cui presero parte oltre duecento studiosi; in questa circostanza furono poste le premesse per la fondazione dell’ISSBI (Istituto siciliano di studi bizantini e neoellenici), che avvenne nel 1959 grazie al lavoro di un comitato da lui presieduto creato sette anni prima. L’Istituto è attivo tuttora e ha lo scopo di promuovere e coordinare studi e ricerche sulla grecità postclassica nella Sicilia e nell’Italia meridionale. Oltre che alla storia e alla letteratura, l’Istituto volge il suo interesse ai campi dell’arte, del diritto, della agiografia, della paleografia e della diplomatica, sia dell’età del diretto dominio bizantino sia nel successivo periodo della influenza bizantina in età normanna e sveva, estendendo la propria indagine anche alle eventuali sopravvivenze bizantine e neo-greche nella lingua, nel costume, nelle consuetudini, nella onomastica e nella toponomastica (cfr. http://www.issbi.org/).
Presidente a vita dell’Istituto, Lavagnini ne curò le attività e le numerose pubblicazioni (nelle serie “Testi”, “Quaderni” e “Monumenti”). Realizzazione particolarmente meritoria fu il Dizionario greco moderno-italiano, redatto da un’équipe composta di studiosi italiani e greci guidata da Vincenzo Rotolo, che Lavagnini presentò nella Premessa storica a un dizionario del greco moderno (cfr. “Atene e Roma”, n.s., XXXV [1990], pp. 193-197); purtroppo però non poté vederlo pubblicato (uscì a Roma nel 1993, un anno dopo la sua morte).
Da Preside della facoltà, fino al 1973, si impegnò anche in un intenso ed aperto dialogo con gli studenti che la occupavano; così infatti lo ricordava sul quotidiano palermitano “L’Ora” uno dei ragazzi di allora, Piero Violante: “Gli occhialini tondi e scuri che gli proteggevano una vista proverbialmente debole; la voce argentina che sembrava venisse da lontano, come un’eco. Ho sempre pensato che la distanza che comunicava quella voce materializzasse la distanza tra questo signore elegante e coltissimo e la nostra generazione. Bruno Lavagnini esercitava su di noi un così grande fascino se è vero che pensammo, giusto nelle giornate agitate del ‘68, di proporlo come rettore. […] Lavagnini dava forma all’idea della Tradizione della Cultura. A rafforzare questa sensazione doveva giocare anche quel tanto di oracolare che aveva il suo eloquio di una eleganza davvero d’altri tempi” (cfr. “L’Ora”, 21 marzo 1992).
Fu pure socio dell’Accademia nazionale dei Lincei e dell’Accademia delle scienze di Vienna, presidente della Fondazione G. Whitaker (1974-1980) e console onorario di Grecia dal 1964 al 1967 (anno in cui, con l’avvento della dittatura militare dei colonnelli, diede le dimissioni). Ottenne lauree honoris causa presso le Università di Atene e Salonicco.
Negli ultimi anni aveva perso quasi del tutto la vista, per cui era spesso aiutato a lezione da Salvatore Nicosia.
Morì a Palermo il 20 marzo 1992.
Io conobbi Lavagnini nel 1978; mi ero appena trasferito in Sicilia, dopo la laurea conseguita due anni prima a Genova; il prof. Ferlauto di Bagheria mi accompagnò allora all’Istituto di Studi Bizantini per “farmi conoscere” dall’insigne studioso senese. Ricordo che, curiosamente, in via Noto il Professore stava in pantofole, ma per il resto vestito di tutto punto, cravatta compresa; non era di carattere molto espansivo, per cui mi salutava in modo assai formale, ma il suo carisma traspariva ugualmente.
In quegli anni, per me molto difficili (dovendomi adattare, a fatica, alla mia nuova residenza), non ebbi più modo di frequentare Lavagnini; conobbi e stimai poi moltissimo, invece, sua figlia Renata, con cui mi sono mantenuto in contatto in più occasioni.
Nel complesso le sue pubblicazioni (circa mezzo migliaio, in varie riviste scientifiche e riferibili ad un arco di tempo di quasi 70 anni) restano una pietra miliare per profondità, attenzione specifica ai contesti storici e culturali, senso vivo e potente della grecità di ogni tempo.
Buona parte dei suoi scritti si trova in Atakta. Scritti minori di filologia classica, bizantina e neogreca, Palermo 1978, pubblicati in occasione del suo ottantesimo compleanno; vi sono raccolti 95 lavori preceduti da un’Autobiografia (pp. VII-XXV) e dalla bibliografia; cfr. pure Scritti storici di storia sulla Grecia antica, bizantina e moderna, a cura di R. Lavagnini – M. Ganci – S. Nicosia, Caltanissetta 1997.
P.S.: questa nota è stata pubblicata nella prima edizione della mia storia letteraria greca “Grecità”, pubblicata con Michela Venuto, edizioni Palumbo, Palermo 2014, vol. 3. Per ulteriori notizie su Lavagnini, cfr. E. Degani, Ricordo di Bruno Lavagnini, in “Eikasmos” III (1992), pp. 307-322; V. Rotolo, Bruno Lavagnini, in “Sileno”, XVIII (1992), pp. 265-273; G. D’Ippolito, Ricordo di Bruno Lavagnini, in “Orpheus”, n.s., XIV (1993), pp. 231-237; V. Rotolo, Bruno Lavagnini in memoriam, Palermo 1993 (rist. in Diptycha, VI [1994-95], pp. 1-16); G. D’Ippolito – S. Nicosia – V. Rotolo, Giornate di studio sull’opera di Bruno Lavagnini, Palermo, 7-8 maggio 1993 – Atti, Quaderni dell’Istituto di Filologia greca dell’ Università di Palermo, 22, Palermo 1995.
Ecco come viene ricordato Lavagnini nel sito greco di Wikipedia:
Ο Μπρούνο Λαβανίνι (Bruno Lavagnini) ήταν Ιταλός ελληνιστής και φιλόλογος. Γεννήθηκε στη Σιένα στις 3 Οκτωβρίου 1898 και πέθανε στο Παλέρμο της Σικελίας στις 20 Μαρτίου 1992.
Το 1921 ο Λαβανίνι εξέδωσε το “Le origini del romanzo” για την προέλευση των ειδών του ελληνικού μυθιστορήματος. Το 1957 τιμήθηκε με το σημαντικό ιταλικό φιλολογικό βραβείο «Μαρτζότο» για το βιβλίο του «Αεροδαφνούσα», μία ανθολογία ποιημάτων των μεγαλύτερων Νεοελλήνων ποιητών με μετάφρασή τους στην ιταλική γλώσσα. Ο Λαβανίνι ήταν καθηγητής της Ελληνικής Φιλολογίας στο Πανεπιστήμιο του Παλέρμο, υπήρξε διευθυντής στο Ιταλικό Μορφωτικό Ινστιτούτο Αθηνών [1][νεκρός σύνδεσμος], ενώ είχε αναγορευθεί σε επίτιμο διδάκτορα του Πανεπιστημίου Αθηνών.
Προς τιμή του πήρε το όνομά του το «Σικελικό Ινστιτούτο Βυζαντινών και Νεοελληνικών Σπουδών Bruno Lavagnini». Η κόρη του, Ρενάτα, είναι επίσης φιλόλογος, καθηγήτρια Βυζαντινολογίας και σήμερα επίτιμη πρόξενος της Ελλάδας στο Παλέρμο.