Il protagonista di “Il sicario e Shakespeare”, l’ultimo romanzo di Vito Lo Scrudato appena pubblicato dall’editore Navarra, è lo stesso anonimo e gelido killer (o meglio “chìllero”) descritto da Vito Lo Scrudato nel primo romanzo a lui intitolato, “Il sicario”, pubblicato l’anno scorso (2023) sempre per i tipi di Navarra.
Il precedente volume era frutto di una lunga stratificazione: i quattro racconti che lo componevano erano nati infatti in momenti diversi, in luoghi diversi e presumibilmente con intenzioni diverse fra il 1993 e il 2001.
Fin dal primo racconto compreso in quel volume, “Morte all’urologo”, emergevano chiare indicazioni sul protagonista, che ne smontavano subito ogni possibile riduzione a cliché: «Intanto è necessario precisare immediatamente che la professione del chìllero di cui si narra, non è da addebitare ad un’infanzia infelice né tanto meno misera, come vorrebbe tutto un filone di sociologia. Lui ha vissuto un’infanzia dorata nei quartieri bene di Palermo, suo padre era funzionario presso la banca più grande dell’isola e sua madre professoressa di filosofia presso un importante liceo della città. Ha abitato il quartiere più “in” ed alla moda, laddove – per intenderci – si trovano asili nido privati ben puliti e funzionanti, buone scuolette dove fare le elementari e poco distante un sano liceo religioso, dove in cambio di un’equa retta annuale, si riceve un’educazione a modo» (p. 7).
Il sicario, benché privo di un’identità univoca e benché descritto saltuariamente dal punto di vista fisico, era perfettamente delineato nelle sue caratteristiche essenziali: ha un’altissima opinione del suo “lavoro”, che svolge con scrupolo e «senza particolare coinvolgimento emotivo» (id.), ha un suo fascino cui non sono insensibili le donne (con assonanze “bondiane” ma in chiave più “noir”), ha un’intelligenza acutissima e una profonda cultura (soprattutto relativamente alla sua isola natìa), esegue con professionalità ed efficienza assoluta le missioni di morte affidategli da un misterioso “Tribunale” e viene però poi in conflitto con questi suoi evanescenti datori di lavoro, fino a uno scontro epico che ha per scenario la città di Palermo; inoltre non si scompone mai, riesce sempre ad agire correttamente senza perdere il suo sangue freddo, sa sempre che cosa deve fare.
Il primo “Sicario” era peraltro uno di quei romanzi che si divertono a “depistare” i lettori e a vanificare la loro prima impressione (in questo caso, quella di trovarsi di fronte a un libro “giallo”, un thriller, un poliziesco o qualcosa del genere); ne veniva fuori un’opera “straniante”, profonda e leggera, reale ed onirica, quotidiana e apocalittica.
Il successo di critica e di pubblico ha indotto (e quasi “costretto”) l’autore a narrare altre imprese del sicario, con il rischio calcolato di farne – vista la sua professione – un “serial killer”, destinato a ulteriori e non meno intriganti narrazioni. In pochi mesi, dunque, è nato “Il sicario e Shakespeare”, “sequel” del precedente volume, che ci presenta il personaggio in contesti nuovi (l’Inghilterra e la Scozia), ma anche nella sua Sicilia, in particolare in quell’angolo di essa così caro (per motivi autobiografici) all’autore, come il “paese dai mille balconi ad oriente”.
Ritroviamo dunque, immutato e immutabile, il nostro sicario palermitano: “un uomo avvezzo all’esercizio della violenza sugli uomini, anche se senza particolari compiacimenti e con la maniacale attenzione a non coinvolgere estranei nelle dinamiche delle missioni omicide. Niente effetti collaterali o vittime ‘innocenti’! A questo serviva la sua rodata esperienza e la sua assoluta affidabilità, infallibilità addirittura, per come sapeva e ben valutava il Tribunale che gli commissionava i lavori criminali”.
In questa seconda avventura, il sicario dà la caccia al manoscritto che proverebbe che William Shakespeare non era il figlio di un guantaio e macellaio inglese, ma era in realtà un geniale erudito messinese, emigrato nella terra di Albione a causa di una persecuzione religiosa! Sulla base di nuovi dati accertati, la storia della letteratura universale e la stessa civiltà umana dovrebbero essere rivedute e corrette…
Non meraviglia dunque che, per fermare il “chìllero”, si mobiliti il servizio segreto britannico e che, in più occasioni, si assista a scene rocambolesche degne dei film di 007, con inseguimenti, automobili dotate di ingegnosi marchingegni, insidie e trame nere in suggestive locations. Infatti, come scrive ancora l’autore, “la storia, dai toni talvolta goliardici, grotteschi e un tantino fantasy, si svolge in tre ambientazioni: in un castello, con tanto di fantasma, dello Warwickshire, nel sud dell’Inghilterra; nel Paese dai mille balconi ad oriente, sulle montagne sicane, lungo le rive del fiume Platani, dove viene avvistato un inconsueto coccodrillo; e infine in Scozia, una realtà, geografica e culturale, selvaggia e bellissima, una fascinosa periferia del mondo, come lo è diventata, in modo diverso, la Sicilia”.
C’è poi, oltre al suddetto incontro con il coccodrillo (che, già presente nel primo volume, si avvia a divenire a sua volta un “serial animal” immancabile), un “rendez-vous” con il fantomatico mostro di Loch Ness, “face to face”.
Siccome poi in una “spy story” che si rispetti non può mancare una sensuale e seducente componente femminile, ecco accanto al sicario la sua Lilli, “feroce, e pur morbida, collega di crimini”; ma ecco anche la duchessa Judith Acton, “una quarantenne spettacolare”, oggetto delle “avances” neanche troppo nascoste di un intraprendente maggiordomo.
Se in questo “Sicario 2” è maggiore la presenza delle scene d’azione dal taglio potentemente cinematografico e se la vicenda gronda di misteri e colpi di scena (fino a quello finale, particolarmente inaspettato e spiazzante), non mancano però nemmeno stavolta le suggestioni arcane, le apparizioni (forse) soprannaturali, le ipotesi culturali, le citazioni dotte, i “remake” letterari abilmente confezionati e le ricostruzioni di una storia dimenticata, celata e rimossa (come la vicenda relativa alla sparizione dei dati su quel Michel Agnolo Florio di Crollalanza o Scrollalanza, siciliano DOC, che “non doveva” essere identificato con William Shakespeare). Si ha anche una parentesi (mitologica e realistica al tempo stesso), che conduce il sicario al cospetto dell’antico re Cocalo.
Non manca poi una costante colonna sonora, indicata puntigliosamente con la precisazione delle musiche ascoltate dal protagonista, dalle melodie belliniane a Joe Cocker, dal “Concierto par Aranjuez” di Joaquin Rodrigo all’inno scozzese “Scotland the brave” alla marcia della “Music for the Funeral of Queen Mary” di Henry Purcell.
Tutto questo materiale narrativo viene assemblato con una scrittura ironica, leggera anche nei momenti più drammatici, come a voler svelare il divertissement che sta alle spalle di tutto, un “divertimento” in senso etimologico, che mira a “sviare” (“di-verto”) il lettore, a giocare con lui come il gatto fa con il topo, burlandosi delle sue attese e creandogliene sempre di nuove, inimmaginabili e imprevedibili.
Ne deriva una lettura piacevole, ma – come a voler attuare il ludendo docere degli antichi Romani – stimolante e istruttiva, se per “istruzione” si intende anche la “costruzione”, l’edificazione di riflessioni nuove e di nuovi stimoli culturali.
In questa prospettiva, c’è da augurarsi che il nostro freddo sicario sfugga ancora, con la sua imperturbabile perizia, a tutti gli agguati futuri, consentendo al suo autore di proiettarlo ancora per le vie della Sicilia, dell’Europa, del mondo intero e – soprattutto – dell’universo inesplorato della fantasia creativa.
Mario Pintacuda (dalla Prefazione al volume)
P.S.: Il libro sarà presentato nell’ambito della manifestazione “Una marina di libri” l’8 giugno 2024 alle 19 a Villa Filippina (Palermo)
Magistrale! Da grande pensatore e scrittore! Formulo un vivace ringraziamento!
Vito Lo Scrudato