Ieri sera, 1° giugno 2024, a Roma, dopo lunga malattia, si è spento l’attore francese Philippe Leroy; aveva 93 anni ed era malato da tempo.
Fra le sue tantissime interpretazioni cinematografiche, lo ricordo in particolare nel ruolo del “professore”, mente pensante di una banda di abilissimi rapinatori, nel film “Sette uomini d’oro” di Marco Vicario (1965), a fianco dell’affascinante Rossana Podestà e di Gastone Moschin.
In particolare però, per la mia generazione, Leroy restò indimenticabile per la sua partecipazione a due sceneggiati televisivi di grande successo, interpretando i ruoli di Leonardo da Vinci per la regia di Renato Castellani (1971) e quello di Yanez nel “Sandokan” di Sergio Sollima (1976).
Lo sceneggiato di Castellani “La vita di Leonardo da Vinci” ripercorreva per intero, con una ricostruzione storica accuratissima, tutta l’esistenza di Leonardo, dalla nascita alla morte in Francia; un elemento che colpiva noi ragazzi era la presenza, in quasi tutte le scene, di un narratore in abiti moderni (interpretato da Giulio Bosetti) che, oltre a raccontare la storia, partecipava fisicamente alle scene e talora interagiva con le comparse. Ricordo che Raimondo Vianello fece una gustosissima parodia di questa trovata registica, giustificando con la presenza persecutoria di questo onnipresente e invadente narratore l’impossibilità, da parte di Leonardo, di completare molte delle sue opere e dei suoi progetti.
Leroy entrò perfettamente nella parte, riuscendo a rendere ottimamente gli stati d’animo del grande genio in tutte le fasi della sua vita, dalla gioventù all’estrema vecchiaia.
Nel fortunatissimo “Sandokan” di Sergio Sollima, Leroy riuscì a incarnare perfettamente l’amico e “fratello” di Sandokan, Yanez de Gomera, l’avventuriero portoghese con “l’eterna sigaretta in bocca” che aveva popolato i nostri sogni di ragazzini quando leggevamo gli appassionanti romanzi d’avventura di Emilio Salgari. Accanto all’attore indiano Kabir Bedi (il cui fascino magnetico all’epoca conquistò migliaia di cuori), Leroy costruì uno Yanez ironico e sornione, con dei lunghi baffoni spioventi e un ampio sombrero sulla testa.
Come ebbe a dichiarare l’attore francese, quel ruolo lo aveva esaltato particolarmente: “Yanez sono io. È un personaggio che mi perseguita. Interpretandolo, mi sembrò di rivivere la mia vita. I sei mesi passati tra la Malesia e gli studi di Bollywood, comunque, sono stati i più straordinari di tutta la mia carriera. Nell’affidarmi il ruolo, Sollima mi fece un regalo”. Leroy infatti, originario di una famiglia aristocratica composta da militari e uomini di legge, prima di iniziare la carriera di attore, era stato soldato e paracadutista in Asia, aveva partecipato alla guerra d’Algeria ed era stato insignito di due Legion d’onore e di una croce al valor militare per il suo comportamento nelle campagne d’Indocina e di Algeria. Aveva poi fatto cento mestieri negli USA e nel suo Paese, prima di iniziare la sua brillante carriera d’attore, interpretando quasi duecento film.
La scomparsa del bravo attore francese (che fu anche marito della giornalista Silvia Tortora, figlia del compianto conduttore Enzo) rattrista particolarmente le persone della mia età, proprio perché le sue interpretazioni si legano per noi a ricordi lontani, a sensazioni antiche ma pronte a rivivere quando la nostalgia ci induce a rivedere in dvd i vecchi sceneggiati di un tempo.
E quando rivedremo il suo Leonardo perseguitato dal “visitatore” proveniente dal futuro o quando sorrideremo di fronte alle scanzonate battute di Yanez nella terrazza di Mompracem ci sembrerà di tornare ragazzi e saremo grati, ancora una volta, al compianto Philippe Leroy.