Proliferano in televisione le “fiction” che hanno per protagonisti poliziotti e investigatori: accanto all’eterno Montalbano camilleriano, ecco il commissario greco Kostas Charitos (creato da Petros Màrkaris), il commissario Ricciardi e l’assistente sociale Mina Settembre (nati dalla brillante penna di Maurizio De Giovanni), la pseudopugliese Luisa Ranieri nei panni del vicequestore Lolita Lobosco (liberamente ispirata ai romanzi di Gabriella Genisi), ecc.
Molti anni fa, però, erano soltanto due i “detective” televisivi di maggior successo: il tenente Sheridan interpretato dall’attore romano Ubaldo Lay (pseudonimo di Ubaldo Bussa, 1917 – 1984) e il commissario Maigret impersonato dal grande Gino Cervi; per oggi ricordiamo solo il primo, rinviando a un’altra occasione la commemorazione dell’altro.
Il tenente Ezechiele Sheridan fu ideato intorno al 1959 dagli sceneggiatori Mario Casacci, Alberto Ciambricco e Giuseppe Aldo Rossi; fu anzitutto protagonista della serie “Giallo Club”, trasmissione a metà tra il quiz e lo sceneggiato “giallo” di ambientazione statunitense, che teneva incollati milioni di spettatori davanti al teleschermo.
In “Giallo Club” tre concorrenti erano invitati dal conduttore, Paolo Ferrari, a seguire un telefilm poliziesco che veniva interrotto poco prima che fosse svelato il colpevole; a quel punto, gli ospiti erano chiamati a dare la loro opinione sulla soluzione del giallo, che poi riprendeva fino alla conclusione.
Sheridan apparteneva alla Squadra omicidi di un’improbabile San Francisco (a quei tempi tutti gli sceneggiati erano girati in interni, negli studi televisivi); era affiancato dal fido sergente Howard (l’attore Carlo Alighiero) e indossava quasi sempre un impermeabile bianco, stando a capo scoperto.
Il fisico segaligno e il volto spigoloso dell’attore contribuivano a rendere credibile (fino a un certo punto, però…) la sua “americanità”, anche per i modi spicci e schivi, per la perspicacia investigativa e per la ben nascosta umanità. Ne veniva fuori un personaggio simile al Clint Eastwood dei western di Leone: asciutto e taciturno ma anche sferzante e inesorabile.
Il nome del personaggio, Ezechiele, derivava da quello di Ezechiele Lupo, personaggio dei fumetti della Disney; tuttavia era familiarmente chiamato “Ezzy”. Il cognome Sheridan invece corrispondeva al soprannome di uno degli autori.
Tale fu il successo del tenente Sheridan, che diventò il protagonista di diverse serie televisive: risale al 1963 la serie “Ritorna il tenente Sheridan” (per la regia di Mario Landi), in sei episodi; nel 1967 fu trasmesso un ulteriore gruppo di telefilm dal titolo “Sheridan, squadra omicidi” (regia Leonardo Cortese).
Gli autori erano sempre Casacci, Ciambricco e Rossi, mentre il delegato RAI alla produzione era Andrea Camilleri, allora pressoché sconosciuto. Le musiche erano quasi sempre di impronta jazzistica; la sigla del 1967 fu interpretata dal famoso trombettista Nini Rosso.
Esiste anche un film che ha per protagonista Sheridan: si intitola “Chiamate 22-22 tenente Sheridan” e fu girato nel 1960 a Giorgio Bianchi, sulla scia del successo di “Giallo Club”.
L’attore Ubaldo Lay finì per perdere la propria identità reale e per essere universalmente identificato con Ezzy Sheridan: scambiato per un vero poliziotto, veniva avvicinato ovunque dai telespettatori e consultato anche per la soluzione di piccoli gialli di carattere privato. Per la sua grande popolarità, Lay divenne anche “testimonial” su Carosello dell’aperitivo dolce Biancosarti.
La fama di Sheridan aumentò ulteriormente grazie a quattro fortunate miniserie il cui titolo richiamava le figure femminili di un mazzo di carte da gioco: “La donna di fiori” (1965), “La donna di quadri” (1968), “La donna di cuori” (1969) e “La donna di picche” (1972); la regia era di Anton Giulio Majano per il primo sceneggiato, di Leonardo Cortese per gli altri.
Queste quattro serie erano girate ormai anche in esterni, utilizzando location suggestive, ad es. Baia Domizia (dove nel 1969 fu girato “La donna di cuori”). Al termine de “La donna di picche” Sheridan veniva ferito gravemente da un criminale in fuga e restava incerto se fosse morto.
Va detto che il bravo attore romano tentò spesso (e quasi sempre invano) di scrollarsi di dosso la “condanna” ad essere identificato con Sheridan; fra le sue interpretazioni ricordo lo sceneggiato “David Copperfield” (tratto dal romanzo di Charles Dickens), diretto da Anton Giulio Majano e trasmesso all’inizio del 1966, in cui Lay impersonava il perfido patrigno Edward Murdstone. E forse Lay, con quel personaggio odioso, voleva imporsi un contrappasso liberatorio con il troppo onesto e adamantino Ezzy Sheridan.
Dopo un lungo periodo di oblio, l’ultima apparizione del tenente Sheridan avvenne nel 1984 (poco prima della morte improvvisa di Lay); il personaggio infatti tornò per l’ultima volta, ormai in pensione e diventato detective privato, nella miniserie-inchiesta in quattro puntate “Indagine sui sentimenti” diretta da Claudio Sestieri (una serie curiosa, cui parteciparono anche Sergio Castellitto e il giornalista Ruggero Orlando, che interpretavano se stessi).
I giovani che non hanno conosciuto Sheridan possono trovare su Youtube molti dei suoi sceneggiati; tuttavia, rispetto ai ritmi della televisione di oggi, potranno trovarli lenti e macchinosi, con un montaggio meno incalzante e con un tipo di recitazione “alta” che oggi appare quasi improponibile (quasi tutti gli attori provenivano dal teatro ed avevano impeccabili pronunce prive di ogni inflessione dialettale, che sarebbe stata peraltro assurda in un’ambientazione “americana”). Però per noi, che disponevamo di una televisione con soli due canali (il Nazionale e il Secondo Canale), anche una serata con Ezzy Sheridan risultava intrigante; e qualche volta, quando indossavamo un “trench” bianco (allora capitava, almeno ai meno trendy di noi), potevamo illuderci di emulare il freddo investigatore pseudo-americano.
Egregio prof, Ubaldo Lay era molto bravo , il suo ricordo mi fa riflettere che sono trascorsi tanti anni ed eravamo contenti con poco. E’ piacevole conoscere i dettagli da lei descritti ,che conducono alla serie televisiva vista da molti italiani.Complimenti per le sue ricerche e cordiali saluti.
Chi ci vuol credere: non avevamo la televisione … accipicchia!