La rassegna musicale “Un disco per l’estate” nacque nel 1964 dall’idea dell’A.F.I. (Associazione Fonografici Italiani) di promuovere il mercato discografico estivo dei 45 giri con un concorso che presentasse nuove canzoni, esattamente come faceva il Festival di Sanremo per il mercato invernale. La manifestazione, in forma di gara musicale, fu organizzata e trasmessa dalla RAI; il regolamento prevedeva che ogni casa discografica italiana inviasse da uno a tre brani inediti di autore italiano.
La rassegna del 1964 vide 42 motivi in gara e fu suddivisa in due fasi: la prima fase prevedeva il “passaggio” radiofonico delle canzoni in sette trasmissioni quotidiane, in onda dal 20 aprile al 13 giugno. I radioascoltatori dovevano votare le canzoni preferite, inviando delle cartoline: il successo fu clamoroso (furono inviate 247.000 cartoline!).
Molte canzoni in gara, in quei due mesi, entrarono nella hit parade (allora non dichiarata: la famosissima trasmissione radiofonica di Luttazzi iniziò il 6 gennaio 1967). Al momento delle tre serate televisive (18-20 giugno), trasmesse dal Salone del Casino de la Vallée di Saint Vincent, molti brani erano già dei successi.
Per quella prima edizione si decise (e restò un caso unico) di proclamare i vincitori a ottobre, in base ai dati di vendita dei 45 giri. In estate, nel frattempo, tutte le canzoni in gara furono trasmesse alla radio tutti i giorni, da fine giugno a fine settembre, nel seguitissimo programma “Vetrina di un disco per l’estate”.
Finalmente il 24 ottobre si tornò a Saint Vincent per la proclamazione dei vincitori: in quella serata, trasmessa alla radio e in TV e presentata da Pippo Baudo ed Enzo Tortora, si riascoltarono le 14 canzoni meglio classificate. Vinsero Los Marcellos Ferial con “Sei diventata nera”; al secondo posto fu “Con te sulla spiaggia” di Nico Fidenco (su testo di Mogol), al terzo “Amore scusami” di John Foster.
Non mancarono le polemiche: alcuni cantanti lamentarono che la classifica fosse stata falsata da molte cartoline-voto compilate dagli industriali delle “sette note” per assicurare la promozione agli interpreti che a loro stavano maggiormente a cuore.
A partire dall’anno dopo (1965) il sistema di voto fu semplificato e i vincitori furono proclamati a giugno, indipendentemente dalle vendite dei dischi. Fra il 1965 e il 1969 si affermarono poi Orietta Berti (“Tu sei quello”), Fred Bongusto (“Prima c’eri tu”), Jimmy Fontana (“La mia serenata”), Riccardo Del Turco (“Luglio”) e Al Bano (“Pensando a te”).
“Un disco per l’estate” proseguì fino al 1975 e fu poi sospeso per diversi anni; in seguito fu ripreso e modificato, senza però raggiungere il successo di prima e senza che sussistesse più la necessità promozionale originaria (ben altri ormai stavano diventando i mezzi di diffusione dei brani musicali).
Io, da ragazzo, seguivo assiduamente alla radio la “Vetrina di un disco per l’estate”. Non c’erano emittenti radiofoniche private: esisteva solo la RAI e mancava la possibilità di ascoltare musica se non attraverso la TV, la radio o i giradischi (ancora non erano arrivate le musicassette e i relativi “mangianastri”, che si diffusero alla fine degli anni Sessanta).
Anche per questa inappagata “sete di musica” si spiega il successo che all’epoca avevano i film “musicarelli” che sceneggiavano famose canzoni e in cui gli improbabili attori protagonisti erano cantanti (Gianni Morandi, Little Tony, Al Bano, Rita Pavone, Adriano Celentano, Bobby Solo, Orietta Berti, ecc.).
Nell’estate del 1964 avevo dieci anni e villeggiavo in campagna, a pochi passi dall’Hotel Zagarella di Sòlanto, allora più piccolo e visivamente di impatto più “soft” rispetto ad ora. La casa di campagna sorgeva sulla statale 113; vi si accedeva da un cancello e c’era poi un vero e proprio “sciddicaloro” che conduceva giù, in mezzo ai limoni.
La sera sentivo la musica provenire dalla “rotonda sul mare” della Zagarella; allora mi immergevo tra i limoni e arrivavo a un punto dal quale (sotto un cielo che aveva una miriade di stelle, allora non fugate dalle abbacinanti luci moderne) vedevo le coppie dell’hotel che danzavano al suono delle musiche di quell’estate; a quei tempi non esisteva il turismo di massa e gli ospiti degli alberghi erano o persone facoltose o turisti stranieri (prevalentemente francesi).
All’epoca il “lento”, danzato “cheek to cheek”, accomunava i giovani e gli adulti, tutti legati alle atmosfere dei night: si pensi al testo di “Il ballo del mattone” di Rita Pavone e a “Una rotonda sul mare” di Fred Bongusto (entrambi del 1963), o a brani melodici come “Non ho l’età” di Gigliola Cinquetti (vincitrice di Sanremo e dell’Eurofestival nel 1964) o “E la chiamano estate” di Sergio Martino (del 1965).
Fino alla metà degli anni ’60, tutti ascoltavano e ballavano la stessa musica negli stessi locali, sia che fossero night sofisticati come la “Zagarella” sia che si trattasse delle popolari “balere” ove si ballava il “liscio”; le “discoteche” per soli giovani nacquero poi, negli anni Settanta.
Ovviamente, allora, nella “rotonda” della Zagarella non si suonavano i “tormentoni” vivaci, come era – in quella estate del 1964 – “Sei diventata nera” dei Marcellos Ferial (in realtà italianissimi).
La canzone più eseguita era la terza classificata al “Disco per l’estate”, un brano soft-melodico intitolato “Amore scusami” di John Foster (anche lui italiano: era Paolo Occhipinti che poi si ritirò e intraprese la carriera di giornalista con il suo vero nome).
Autori di “Amore scusami” erano Gino Mescoli e Vito Pallavicini; il testo era molto romanticheggiante: “Amore scusami / se sto piangendo amore scusami / ma ho capito che lasciandoti / io soffrirò. / Amore baciami / arrivederci amore baciami / e se mi lascerai ricordati / che amo te”. In realtà, dal testo non si capisce perché i due protagonisti della canzone (evidentemente innamorati) si debbano lasciare; ma si capisce poi che la storia è andata forse al di là delle intenzioni iniziali: “Ti ricordi quella sera / che per gioco ti baciai? / Sembrava quasi un’avventura, / un’avventura in riva al mar”. Al di là della contorta vicenda narrata, la canzone accattivante; e molti amori dovettero nascere al suono patinato di quelle note.
Io però avevo solo dieci anni e, anche se il mio animo è sempre stato romanticone, a queste cose non pensavo ancora; sicuramente alle note un po’ melense di John Foster preferivo i Marcellos Ferial (“Sei diventata ne-era ne-era ne-era / sei diventata ne-era / come il carbon”) o il twist incalzante di Nico Fidenco arrangiato dal maestro Enriquez, con la voce solista contrappuntata da un birichino coretto femminile, che all’inizio di ogni strofa faceva “eh eh eh eh”: “Eh, eh eh eh / No, quest’anno al mare non andrò / con te sulla spiaggia, con te sulla spiaggia / No, l’altr’anno visto come andò / con te sulla spiaggia, con te sulla spiaggia / non ci sto / Eh, eh eh eh”.
Era ancora il 1964: la grande rivoluzione musicale doveva ancora avvenire, si era ancora agli “urlatori”, ai primi balli vivaci (twist, surf, hully gully, limbo, calypso, cha cha) e soprattutto ai primi grandi cantautori (“scuola genovese” in primis) che cominciavano a insidiare la canzone melodica tradizionale (incarnata soprattutto da artisti come Nilla Pizzi, Claudio Villa, Luciano Tajoli e Sergio Bruni).
Quell’anno i Beatles erano in America, nella loro prima grande tournée americana. In Italia approdarono soltanto nel giugno dell’anno dopo, con tre brevi concerti (a Milano, Genova e Roma); ma qui da noi erano visti ancora, più che altro, come un curioso fenomeno di costume: le poche scene di “beatlemania” di cui si ebbe notizia furono più che altro imitazioni in tono minore di ciò che accadeva al di là delle Alpi.
Noi in realtà ci accontentavamo ancora di “Un disco per l’estate” e delle sue canzoncine esili, arrangiate con lo stile orchestrale di allora, ritmato e sincopato, piuttosto ripetitivo. Erano brani dimenticabili, ma, come si vede, ne ricordo molti; dipende però dal fatto che, col tempo, tutto viene idealizzato e fissato nella nostalgica rievocazione del passato.
E qualche volta la sera, sotto il cielo odierno ormai quasi privo di stelle, se riesco a cancellare i rumori assordanti della modernità, risento le musiche soft dell’antica balera, rivedo le coppie che abbracciate ballano il lento e mi pare di sentire ancora le note delle canzoni di “Un disco per l’estate”.