Io e il mare abbiamo rapporti civili di cortese distanza. Io, nuotatore d’acqua dolce, infastidito (sempre più con gli anni) da Sua Maestà il Re Sole (sovrano assoluto di questa isola “che brucia in mezzo al mare”), poco tollerante della sabbia ubiquitaria, degli animatori da spiaggia, del vocio dei bagnanti, per nulla propenso ad avventure colombiane in barca, chiedo asilo politico all’ombrellone più prodigo di ombra; e ozio trascorrendo diligentemente l’orario d’ufficio.
Così faccio anche ora, cullato dal monotono scroscio della risacca a cinque metri da me, con un venticello di mare sfuggito non si sa come al controllo degli sgherri del Re, in una spiaggia che guarda a Sud. Hic ergo manebo se non optime almeno pazientemente.
E posso sempre cercare una conchiglia, poggiarla all’orecchio e sentire le sue storie millenarie.
“O conchiglia marina / figlia della pietra e del mare biancheggiante / tu meravigli / la mente dei fanciulli” (Alceo di Mitilene).