Come si leggeva l’altro ieri nel sito di adnkronos, «a poco più di 40 giorni dalle elezioni politiche 2022, il Centro-Destra, trainato da Fratelli d’Italia, incrementa il proprio vantaggio sul Centro-Sinistra. Il distacco odierno tra le 2 coalizioni è oggi di circa 15 punti: un dato che pesa in modo significativo sull’attribuzione dei seggi nella quota uninominale, prevista dall’attuale legge elettorale. È quanto emerge dalla fotografia scattata dal Barometro Politico dell’Istituto Demopolis, diretto da Pietro Vento. […] Fratelli d’Italia sarebbe con il 24,3% primo partito, un punto e mezzo in più del Partito Democratico, attestato al 22,8%. Al terzo posto, al 15,2%, la Lega; al 10,6% il Movimento 5 Stelle. Azione è al 5,3%, l’Alleanza verdi-sinistra al 4,1».
Ancora più netta è la previsione dell’istituto Tecné (mi chiedo come faccia un centro di sondaggi ad avere un nome greco così sbagliato nella trascrizione grafica e nell’accento): secondo questa proiezione «il vantaggio del centrodestra sarebbe enorme, con consensi di poco inferiori al 50% e un vantaggio sul centrosinistra di oltre 20 punti percentuali».
Quanto al cosiddetto “terzo polo” centrista Renzi-Calenda, secondo le ultime proiezioni si assesterebbe sul 5,3%.
Stando così le cose, sembra opportuno fare alcune considerazioni.
Il centro-sinistra, prima in occasione della caduta del governo Draghi e poi soprattutto in occasione dell’accordo Letta-Calenda, prima sbandierato e poi miseramente naufragato, ha fornito un’immagine di divisione e incoerenza che ha sconcertato persino gli elettori progressisti, facendo invece un favore gigantesco a un centro-destra (ma io lo chiamerei ormai realisticamente “destra-destra”) che sbandiera orgogliosamente la sua presunta “unità” (celando astutamente e opportunisticamente le divergenze che pure esistono fra le sue componenti).
Nessuno nel centro-sinistra, e tanto meno Enrico Letta, riesce a parlare alla gente in modo efficace, smontando concretamente le fumose proposte elettorali della controparte: ad esempio, non si spiega chiaramente ai lavoratori che cosa significa davvero “flat-tax” e quanto convenga ai ricchi più che ai poveri; non si chiarisce alla gente il ruolo ormai irrinunciabile degli immigrati nel nostro Paese (purché, è ovvio, siano regolarizzati e sottratti allo sfruttamento e alla xenofobia); non si contestano adeguatamente, svelandone l’inconsistenza, le farneticanti promesse di miracolosi vantaggi economici (“se potessi avere 1000 euro al mese”) ed ecologici (“pianteremo un milione di nuovi alberi l’anno”, comunque assai meno di quelli già previsti nel PNRR e negli impegni del G20).
Inoltre, nessuno (ed è errore gravissimo) risponde alla richiesta di maggiore vigilanza sull’ordine pubblico, delegandola alla destra-destra; la sinistra appare permissiva e per lo meno distratta sul tema della sicurezza, un tema invece molto sentito dalla gente, che chiede maggiore sicurezza per sé e – soprattutto – certezza della pena per chi commette reati.
Sul giornale di ieri leggevo, ad es., che due donne che qui a Palermo avevano rubato in un appartamento, sono state fermate dalla polizia, riconosciute recidive (già avevano fatto analoghi furti in Calabria) e… subito denunciate a piede libero e rimesse in libertà. Non si contano gli episodi analoghi: diversi esponenti delle forze dell’ordine mi hanno confessato con amarezza che molti delinquenti, da loro assicurati alla giustizia la mattina, sono stati liberati la sera, mostrandosi ironici se non minacciosi verso chi li aveva arrestati.
Chi a sinistra sogna di riportare sulla giusta strada i delinquenti soltanto con una lenta opera ideologica, con l’aiuto di insegnanti, psicologi e assistenti sociali, senza un inasprimento radicale del codice penale e senza un rafforzamento sostanziale delle forze dell’ordine, di fatto consegna alla destra-destra l’esclusiva in un campo fondamentale.
Non mancano poi altri passi falsi, come la proposta di Letta di un’imposta di successione sui patrimoni per garantire una “dote” ai diciottenni: rispondere al “taglio delle tasse” berlusconsalviniano con una promessa di aumento di tasse sa tanto di autogol; e non basta precisare che si parla di “patrimoni plurimilionari”. In questo caso, ha avuto buon gioco Matteo Renzi a replicare: “Aumentare la tassa di successione è folle. Si pagano già tante tasse in questo Paese, possiamo almeno morire gratis?”.
Nessuno infine, in campo “progressista”, fa la cosa principale che si dovrebbe fare in questo momento, cioè tentare a tutti i costi di recuperare i tantissimi elettori assenteisti, che hanno ormai consolidato l’abitudine ad astenersi dal voto. Questa percentuale enorme di voti mancati dovrebbe essere recuperata con un lavoro capillare, con un “porta a porta” (senza Bruno Vespa) mediatico, con semplici e diretti messaggi che spieghino alla gente l’importanza del voto e della posta in palio e che smontino il pregiudizio consolidato di chi pensa semplicisticamente “tanto sono tutti uguali, io non voto”.
Pochi poi, nel centro-sinistra, riescono (e ciò paradossalmente diventa un demerito) a far proprie le forme di comunicazione spicciola ma incisiva della destra-destra, la quale invece riesce a sparare slogan di facile presa (meno tasse, meno immigrati, meno burocrazia, più ordine pubblico) proprio per l’abbassamento dei livelli di comunicazione mediatica. La pretesa intellettualoide di filosofare astrusamente su certi temi “belli” e la speranza ingenua nel miracolo di un’adesione “per fede” al programma progressista rischiano di rivelarsi autolesionistiche illusioni. Ci vorrebbe, invece, un modo di comunicare più giovane, più immediato, più concreto soprattutto: il vantaggio enorme della destra-destra di avere dalla propria parte numerosi canali televisivi dovrebbe essere controbilanciato da un’informazione alternativa basata sulle più recenti forme di comunicazione (inclusi Tik-Tok, Instagram, Facebook, le piattaforme streaming, ecc.).
Quanto a coloro (Renzi-Calenda per primi) che fantasticano su un “Draghi-bis” senza alcun avallo ufficiale di Draghi e che giocano ancora la carta-Draghi nell’ostinata speranza che siano i “tecnici” a risolvere le carenze della politica, non sembra che possano invertire in modo significativo l’orientamento prevalente dell’elettorato.
In base a questa situazione oggettiva, si ha la sensazione che gli elettori tendano sempre più a considerare il centro-sinistra come un agglomerato informe, diviso, inaffidabile, parolaio e – diciamolo pure – “sfigato”. Allora, preso atto di tutto ciò, per evitare il quasi inevitabile trionfo del destra-destra, che cosa si dovrebbe fare?
Forse occorrerebbe un “patto progressista” (evitiamo di chiamarlo “fronte” visti i precedenti storici), basato su ciò che unisce le varie anime del centro-sinistra; un patto che bypassi per ora (rinviandole alla futura discussione parlamentare) le divergenze interne e miri a un unico prioritario obiettivo: non consegnare la maggioranza assoluta del nuovo parlamento (perché di questo si tratta) alla destra-destra. A chi replicasse che questa convergenza risulterebbe forzata, aleatoria e provvisoria, si potrebbe rispondere che “ubi maior minor cessat” e cioè che, quando c’è in gioco una posta così alta, bisogna assolutamente sfuggire alla logica aberrante del “Muoia Sansone con tutti i filistei”.
Come si vede, la cosa non è facile, per i tempi ristretti a disposizione, per alcune consolidate e nefaste consuetudini, per la storica tendenza scissionista e suicida della sinistra italiana e soprattutto perché (spiace dirlo) diversi attuali esponenti politici non sembrano all’altezza della migliore tradizione progressista del Paese.
E tuttavia le guerre (ne sappiamo qualcosa, di questi tempi) si affrontano anzitutto con le armi che si hanno, cercando di utilizzarle al meglio e – soprattutto – mirando a neutralizzare le armi altrui.
Perfetto ma la disamina del problema non aiuta a decidere e tra un mese sarà miracolo che la situazione sia diversa. Comunque auguriamocelo.