Ieri, 18 ottobre 2022, è stata annunciata la notizia della scomparsa del cantante genovese Franco Gatti, storico componente dei “Ricchi e Poveri” (era detto “il Baffo”); aveva 80 anni.
Come si legge su Genova-Today, «il cantante aveva abbandonato la band nel 2013, dopo la tragica morte del figlio a 23 anni di età. Aveva poi partecipato a qualche ‘reunion’ ma non aveva più ripreso l’attività musicale. Ad annunciare la scomparsa all’Ansa sono gli stessi membri dei “Ricchi e Poveri”, dicendo che se ne è andato via un pezzo della loro vita e che sono molto addolorati. Proprio a Genova si trovano le radici dei “Ricchi e Poveri”, gruppo nato nel 1967 proprio nel capoluogo ligure: tra gli artisti italiani con il maggior numero di dischi venduti, con più di 22 milioni di copie sono il secondo gruppo italiano per vendite, alle spalle dei Pooh. Negli anni Settanta e Ottanta diversi loro singoli hanno raggiunto la vetta delle classifiche italiane e internazionali. Franco Gatti era stato con la band fin dagli esordi, insieme agli altri membri genovesi Angela Brambati, Marina Occhiena e a Angelo Sotgiu (sardo ma trasferitosi nella Superba all’età di sedici mesi)». Il funerale si terrà giovedì 20 ottobre alle 11,30 presso la chiesa di San Siro di Nervi.
Il sindaco Marco Bucci ha dichiarato che in Gatti «Genova e l’Italia salutano un pilastro della storia della musica italiana che ha fatto cantare intere generazioni».
“Repubblica/Genova” del 19 ottobre 2022 descrive bene i difficili inizi dei “Ricchi e Poveri” nel capoluogo ligure: «La gente li ama, in Italia e all’estero, le loro canzoni restano nelle orecchie, certo non sono impegnate, non conquistano i giovani, soprattutto a Genova, dove, anzi, i ragazzi li ignorano. Non a caso. La società vive la vigilia di cambiamenti importanti, di cui soprattutto i giovani saranno protagonisti, il ’68 è a un passo, con le sue ribellioni, i cortei, la voglia di vivere in un mondo diverso, libero. I ragazzi, a Genova, hanno i protagonisti della scuola genovese dei cantautori e gente come Fabrizio De Andrè, l’Italia, ha Guccini, De Gregori. E gli altri da Tenco a Rino Gaetano. Raccontano storie forti, raccontano ragazze messe brutalmente di fronte alla vita, ironizzano sul perbenismo dominante. I Ricchi e Poveri sono altro. Eppure incantano l’Italia “che lavora”, che vuole sentire parlar d’amore, magari con le parole scritte da Franco Gatti. Lui si definisce “Il brutto”, svela quell’humour ligure fatto di ironia e sarcasmo, è la guida degli altri due più giovani. Vendono 22 milioni di dischi nel mondo, secondi solo ai Pooh, ma la loro “prima cosa bella” è l’essere riusciti a non mollare, a farsi amare dal pubblico e da quei ragazzi che solo ora si sono fermati a ascoltare i loro sogni in musica».
La voce di Gatti, preziosa e inconfondibile nel controcanto di molte famose canzoni, assumeva per i Genovesi un particolare sapore simpaticissimo quando parlava con il forte accento della nostra città, inframmezzando le sue dichiarazioni con un’immancabile e divertente ironia.
Purtroppo il suo declino iniziò nel 2013 in seguito alla dolorosissima perdita dell’amato figlio Alessio, morto a soli 23 anni per un letale mix di sostanze letali (di cui fece uso quella sola e fatale volta).
Gatti, che apprese la triste notizia mentre stava per salire sul palco dell’Ariston per ritirare il Premio alla carriera, commentò amaramente: «Mio figlio beveva, beveva e beveva. Ed è stata anche un po’ la sua disgrazia. […] Ha fatto una ca****, la prima della sua vita con gli stupefacenti e in un momento in cui non stava bene. E l’ha pagata così».
Da quel momento Gatti non ebbe più la forza di salire sul palco; con l’unica eccezione, nel febbraio del 2020, di un’unica “reunion” sul palco del Teatro Ariston, in occasione della riconciliazione tra le due donne del gruppo, Angela e Marina. In quella serata i Ricchi e Poveri eseguirono un medley con alcuni dei loro grandi successi, tra cui “La prima cosa bella” e “Che sarà”.
Ha vissuto gli ultimi anni a Nervi, vivendo il suo dolore con dignità e sobrietà; si ammalò anche di Covid, guarendone non senza strascichi («gambe molli e mancanza di memoria, dicono che è normale, il peggio però è passato»). Era anche tifoso genoano, anche se non sfegatato («sono tifoso ideologicamente del Genoa, e il ricordo più bello è di quando cantammo allo stadio di Marassi prima della partita del Genoa»).
Ci mancherà, il Baffo, con il suo nasone, il suo vocione, il suo sguardo sornione e il suo sorriso di un tempo, aperto e cordiale.