Giugno infuocato

Cinquanta anni fa, nel mese di giugno 1971, a Palermo Punta Raisi solamente il giorno 10 si segnarono 30°; il 24 si toccarono i 29°. Per il resto, le temperature massime restarono sotto i 28°. Negli ultimi giorni del mese questi furono i valori registrati: il 25 giugno 21/25, il 26 (come oggi) 22/26, il 27 21/25, il 28 21/27, il 29 22/26 e il 30 22/25. Ovviamente l’aeroporto è a 25 km dal centro e registra temperature mediamente più miti, ma è evidente che anche i 28/29° della città, soprattutto con minore tasso di umidità, erano molto più ragionevoli e sopportabili di quanto lo siano oggi.

Per curiosità, altrettanto mite fu a Palermo il mese di luglio 1971, con l’eccezione di un’unica giornata di scirocco infuocato il giorno 18 (minima 25°, massima 42°), peraltro con immediata rinfrescata l’indomani (25°/28°).

Giugno 1971: il mio grafico delle temperature di Palermo

Io avevo allora 17 anni ed ero (come sono tuttora) appassionato di meteorologia; tabulavo (a mano, non esistendo excel) le temperature mensili di Genova e Palermo (allego l’immagine del grafico riguardante il capoluogo siciliano), seguivo il colonnello Bernacca, studiavo le carte meteo su qualche rivista specializzata (ovviamente mancavano internet, le carte satellitari, i siti stranieri…) e azzardavo previsioni che a volte erano azzeccate.

Il fatto è che in quel periodo le estati italiane erano caratterizzate dall’anticiclone delle Azzorre, che garantiva tempo stabile e soleggiato, temperature “ragionevoli”, brezze fresche nelle località sul mare, “arrifriscata” pomeridiana dopo le 18, serate piacevoli (ricordo che in vacanza, a Bagheria, la sera ci siedevamo all’aperto nel giardino di casa: e spesso occorreva un maglioncino perché “frisculiava”). Quest’antica tipologia di estate mediterranea, di un caldo piacevole e ragionevole, era aliena dai frequenti fenomeni estremi opposti, come nubifragi, minicicloni, trombe d’aria e “bombe d’acqua” (come quella verificatasi a Palermo il 15 luglio dell’anno scorso).

L’alluvione di Palermo il 15 luglio 2020

Negli anni Ottanta tutto cambiò: la svolta, a mia memoria, avvenne nell’estate del 1982, quella dei mondiali di Spagna, che furono vinti dall’Italia. A giugno ci fu una terribile ondata di caldo. A Palermo per giorni e giorni le minime si fermarono sui 30-32 gradi e le massime superavano i 40 gradi; quei mondiali furono “sudati” in tutti i sensi. Un mio caro amico ricorda di essersi affacciato una notte, con un’aria ferma infuocata, con il fuoco su tutte le colline intorno a Palermo: un vero scenario da inferno dantesco.

Allora non era facile avere in casa impianti di aria condizionata: in quel torrido 1982 i ventilatori si arrendevano alla furia del nemico, la notte era un tormento bollente e insonne, il sole fin dai primi raggi dardeggiava tracotante a far capire senza equivoci chi fosse il vero padrone da queste parti. Mi venivano spesso in mente, allora, le parole rivolte dal tomasiano Principe di Salina a Chevalley: “questo clima che c’infligge sei mesi di febbre a quaranta gradi, […] questa nostra estate lunga e tetra quanto l’inverno russo e contro la quale si lotta con minor successo”.

In quel periodo avevo considerato seriamente la possibilità di migrare in Islanda. Un piccolo illusorio miglioramento si ebbe pochi anni dopo, allorché acquistai il nostro primo condizionatore portatile, il “Pinguino” De Longhi, che – strategicamente trasportato di stanza in stanza – costituiva un’oasi semovente di effimero benessere.

Effimero per tre motivi: 1) il Pinguino era figlio unico e quindi doveva distribuire i suoi limitati servigi a turno nelle varie stanze, rinfrescandone una ma lasciando illese e infuocate le altre; 2) scaricava acqua in un bidone, che – se si riempiva – tracimava acqua e inondava il pavimento (il che voleva dire che a metà della notte si doveva svuotare il bidone, svegliandosi naturalmente o artificialmente); 3) era rumorosissimo, per cui il sonno era comunque precario.

Con gli anni, diventato sempre più intollerante al caldo, ho stabilito un patto d’acciaio con l’aria condizionata (qualche giorno fa ho pubblicato qui un sentito encomio a Willis Haviland Carrier, l’inventore dell’aria condizionata, per me uno dei massimi benefattori dell’umanità): alcuni anni fa, quando abbiamo ristrutturato casa, ho fermamente voluto che fossero installati in ogni stanza i condizionatori.

Willis H. Carier

Ora vivo felice, anche per la mia saggia moderazione oraziana (“aurea mediocritas”): infatti regolo saggiamente i condizionatori sui 25°, un minimo sindacale che però consente benessere assoluto, assenza di sudori e di danni collaterali, possibilità di muoversi e lavorare senza soffrire mai. Le notti sono rallegrate da un fresco e sorridente Morfeo e trascorrono serene, foriere di sonno ristoratore. E con gli anni, anziché dormire di meno, dormo di più. Unica controindicazione: non si dovrebbe mai uscire di casa; ma dopo troppi lockdown non è facile accettare ulteriori arresti domiciliari.

In tutto ciò, non mancano mai le discussioni con chi la pensa diversamente: come ci sono i no-vax, così esistono i… (come chiamarli?) no-air, persone fissate con l’aria naturale, con la speranza messianica nei refoli di venticello immaginario, con l’avversione alle nuove tecnologie, con la diffidenza verso questa aria “non naturale”, ritenuta malefica e foriera come minimo di reumatismi e malanni vari. Ancora oggi molti miei conoscenti, pur disponendo di condizionatori, ne fanno un uso parco e circoscritto e – in definitiva – si arrendono al benessere artificiale solo quando proprio è necessario. Anche mia madre era ostile all’aria condizionata: e anche se negli ultimi tempi le avevo installato due pompe di calore in casa, le teneva spente godendosi il clima neosahariano di Bagheria senza battere ciglio.

La situazione di oggi, 26 giugno 2021, è sotto gli occhi, direi sotto le ascelle di tutti: basta mettere il naso fuori e si sente da giorni una cappa di afa insopportabile.

La mia stazione meteo segna da giorni, qui al centro di Palermo, minime di 26°/27°, con punte massime di 37°/38°. E questo è “palìco” (come si dice qui) rispetto alla situazione generale dell’isola: come segnala (con il consueto gusto satanico) la app Meteo.it, la morsa del caldo in questi giorni è destinata ad aumentare ulteriormente: se oggi si prevedono 35° a Palermo, 42° a Cefalù, 39° a Catania, Noto e Siracusa, fra domani e dopodomani si registreranno punte di 45° in molte località dell’isola.

Di chi è la colpa? In genere, si dà tutta la responsabilità al cosiddetto “anticiclone africano”; tuttavia, come giustamente ha tante volte rilevato Paolo Sottocorona, uno dei più competenti, esperti e inascoltati meteorologi italiani, è strano che un anticiclone “da sud” presenti poi lievi brezze da ovest o nord-est / nord-ovest.

Paolo Sottocorona

Ad esempio gli attuali 32° all’ombra che abbiamo a Palermo in questo momento sono accompagnati da un leggero vento da ovest (con oscillazioni sud-ovest/nord-ovest). E allora? Allora si dovrebbe più correttamente parlare di una campana anticiclonica immensa, con aria molto calda in quota, con un effetto graduale di compressione asfissiante. Il peggioramento imminente, con l’ulteriore aumento delle temperature, sarà determinato da un vortice ciclonico a ovest della Francia, che innescherà (come sempre accade in questi casi) venti che saranno davvero da sud, dal cuore del Sahara, fra domani e giovedì.

Insomma, mettiamoci il cuore in pace e combattiamo la calura come possiamo; tanto, come sono solito dire scherzando, “non durerà”. Al mio fruttivendolo morto di càvuru che si lamentava della temperatura bollente, ho detto: «Non può durare: cosa di tre-quattro mesi al massimo è». Mi ha guardato stonato; ma non dicevo nulla di falso…

Di Mario Pintacuda

Nato a Genova il 2 marzo 1954. Ha frequentato il Liceo classico "Andrea D'Oria" e si è laureato in Lettere classiche con 110/110 e lode all'Università di Genova. Ha insegnato nei Licei dal 1979 al 2019. Ha pubblicato numerosi testi scolastici, adottati in tutto il territorio nazionale; svolge attività critica e saggistica. E' sposato con Silvana Ponte e ha un figlio, Andrea, nato a Palermo nel 2005.

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