Un anno di Covid / 15

Continuo qui a riproporre alcuni post sulla pandemia che ho pubblicato su Facebook l’anno scorso.

Nel primo post, datato 22 dicembre 2020, commentavo l’illusorietà del concetto di “zona gialla” in cui l’Italia si trovava in quel momento, in attesa di tornare in lockdown durante le festività natalizie. In particolare, disquisivo sul colore giallo, che a Palermo equivale, in particolare nei semafori, a un “verde assoluto” e indiscutibile. Né meno illusorie apparivano le restrizioni previste dall’imminente ritorno in zona “rossa”, considerando la diffusa abilità nazionale ad aggirare ed eludere le regole spiacevoli.

Nel frattempo, mentre fervevano i preparativi per il Natale, il bollettino del ministero della Salute sulla diffusione del coronavirus registrava 13.318 nuovi casi e 628 morti (in quel momento 69.842 dall’inizio della pandemia). E mentre centinaia di persone morivano ogni giorno negli ospedali, da sole, migliaia di altre persone si riversavano nel “gomitolo di strade” di cui parlava Ungaretti. 

42) 22.12.20

IL GIALLO E IL VERDE

Ancora oggi e domani l’Italia è in zona gialla. In pratica in questi due giorni è possibile condurre una vita quasi “normale” adottando (?) le ben note precauzioni (distanziamento, lavare spesso le mani, mascherina), di fatto ridotte solo all’ultima (la mascherina, neanche FFP2 e neanche usata sempre). Unica novità: non si può uscire dalla regione di residenza se non per motivi legati a lavoro, salute e necessità improrogabili. Ma tanto chi doveva arrivare è arrivato e i pochi che da qui volevano partire o sono partiti già o ci hanno rinunciato.

Il governo ha “vivamente consigliato di vedere poca gente soprattutto in casa”. E infatti i palermitani si sono riversati in massa per le strade per lo shopping, per vedersi per strada, dove avvengono anche scambi di regali, visto il lockdown imminente.

In questo momento, mentre scrivo queste righe, il centro è invaso da una fiumana di auto in coda, pressoché ferme, fra clacson strombazzanti, caos dilagante, assembramenti ovunque (in particolare presso “il re del pollo fritto” KFC inaugurato oggi in città, davanti al quale alle 18,30 c’era una coda di duecento metri di ragazzi/e).

Il problema è il colore giallo. Qui a Palermo semaforo “giallo” equivale, da sempre, a un “verde” assoluto. Nessuno si ferma al giallo del semaforo, ma viene spronato a passare prima del primo rosso (alla comparsa del quale è anzi ancora consentito il passaggio di diverse macchine). Chi osasse fermarsi al giallo, sarebbe salutato da clacson di protesta, pernacchie e corna sbandierate al vento. Ergo, col giallo e col primo rosso si passa tutti.

Per la proprietà transitiva, anche “zona gialla” equivale qui (ma penso non solo qui) a “verde assoluto”, con facoltà di fare tutto quello che si vuole, alla faccia di raccomandazioni, inviti, consigli e precauzioni. Non a caso nelle zone gialle, da un mese a questa parte, l’andamento epidemiologico è rimasto pressoché stazionario, senza alcuna significativa riduzione del contagio e anzi con un costante triste bilancio di decessi.

Vero è che ci saranno, da dopodomani, quattro giorni di zona del tutto “rossa”, ma in quei giorni qui a Palermo, già in tempi “normali”, uscivano poche persone: il 24 pomeriggio il traffico normalmente era scarso perché tutti erano intenti a preparare i megacenoni della Vigilia; il 25 e il 26 ci si spostava solo per riunirsi con le famiglie per i luculliani pranzi e per le consuete “giocate”; in strada c’era ben poca gente. La zona rossa, dunque, non darà fastidio più di tanto; e comunque non mancherà chi si vorrà levare la soddisfazione di trasgredire le regole, tipo quella dei 2 soli visitatori in case altrui (con un solo figlio al seguito di non più di 14 anni), che induce già la gente a organizzare furbescamente due o più viaggi, a due a due, per far arrivare chiunque alla meta prevista; tanto all’arrivo chi controlla? Il Grande Fratello?

Intanto il bollettino odierno divulgato dal ministero della Salute sulla diffusione del coronavirus registra oggi 13.318 nuovi casi (su 166.205 tamponi) e 628 morti (69.842 in totale da inizio emergenza). Centinaia di persone muoiono ogni giorno negli ospedali, da sole, mentre migliaia di altre persone si riversano nel “gomitolo di strade” di cui parlava Ungaretti. 

Del resto, due giorni fa il prof. Agostino Miozzo del mitico CTS ha dichiarato al “Giornale”: «Dovevamo chiudere tutto ma c’era il rischio di rivolta. Ora i contagi cresceranno. Molti avevano già comprato i biglietti, se avessimo bloccato tutto sarebbe scoppiata la rivoluzione. I movimenti erano già in corso, non c’era altra possibilità se non quella di ricordare a tutti di usare prudenza, prudenza, prudenza». Eh già: prudenza prudenza prudenza; ma “repetita (non semper) iuvant”.

Ma in un Paese guidato da un governo giallorosso ex gialloverde con possibili appoggi azzurri e contestazioni neroverdi, che cosa ci aspettiamo? Solo il daltonismo ci potrebbe salvare.

La vigilia di Natale pubblicai un post intitolato “Il regalo di Babbo Natale”. Mettendomi nei panni di Babbo Natale (favorito da una vignetta umoristica del mio ex alunno Vittorio Caronia, che mi aveva rappresentato in queste vesti) descrivevo il mio “pacco-dono enorme e ingombrante”, elencando una serie di speranze/richieste legate al difficile momento vissuto nel Paese.

Di queste speranze, a distanza di dieci mesi, alcune risultano esaudite; ma su altre c’è ancora molto da lavorare. E tuttavia mi sentirei anche oggi di riproporre la citazione finale da Khalil Gibran: “Nulla impedirà al sole di sorgere ancora, nemmeno la notte più buia. Perché oltre la nera cortina della notte c’è un’alba che ci aspetta”.

La vignetta di Vittorio Caronia

43) 24.12.20

IL REGALO DI BABBO NATALE

Se io fossi Babbo Natale, oggi porterei in spalla un pacco-dono enorme ed ingombrante. E dentro ci metterei tutta la speranza possibile, con la s minuscola (a scanso di equivoci…).

Dunque, speriamo!

Che di Natali così non se ne debbano passare mai più, che non si debba mai più negare al Natale la sua caratteristica essenziale, che è quella di unire la gente, di riscaldarne i cuori, di farla stare insieme in serenità.

Che il virus si stufi di riprodursi in inedite, misteriose e preoccupanti varianti e sia debellato da un micidiale fuoco incrociato di vaccini.

Che i politici (italiani e non) sappiano e capiscano quello che fanno e quello che si deve fare e lo facciano concretamente, senza doppiogiochismi, preoccupazioni elettoralistiche ed opportunistiche dichiarazioni di facciata.

Che le “primule rosa” (i padiglioni di vaccinazione anticovid) sboccino numerose, solerti, efficienti ed efficaci, grazie al contributo unanime di scienziati e virologi, uniti nella lotta al comune nemico; che si riesca a determinare un’articolazione logica e funzionale dei turni di vaccinazione, senza caos, senza disagi, senza rischi di ordine pubblico, senza mercato nero (a questo serve l’attuale scorta dell’esercito ai preziosi carichi delle prime dosi di vaccino).

Che il personale sanitario, tanto prezioso e insostituibile e tanto stressato dalla lunghezza interminabile di una situazione pesantissima, sia messo nelle migliori condizioni per lavorare in modo sereno ed efficace, ottenendo i dovuti e meritati riconoscimenti (non si lesini mai più sulle spese sanitarie! non si taglino mai più i fondi alla sanità!) e al tempo stesso non smarrendo il grande patrimonio di umanità nel rapporto con i pazienti che si è creato in questo triste periodo.

Che le tantissime categorie danneggiate pesantemente dalla pandemia ottengano, più che “ristori”, concreti risarcimenti, utilizzando tutte le risorse disponibili. E che si pensi a chi ha perduto il lavoro, a chi lo sta perdendo, a chi non l’ha avuto mai, programmando e favorendo concretamente opportunità lavorative senza spargere paternalistiche e precarie elargizioni che somigliano a seducenti elemosine (oggi su “Repubblica” viene citato l’esempio di 50 boss mafiosi che fruivano del reddito di cittadinanza…).

Che ci sia per tutti noi, ma soprattutto per i nostri figli, un anno nuovo migliore (che possa essere peggiore ci rifiutiamo di crederlo), con un costante e irreversibile ritorno ad una vita normale.

Che si finisca di contare altri morti, che si abbia la possibilità e il tempo di piangere i troppi che hanno già perso questa battaglia crudele, che si riprenda a vivere anche per loro e a nome loro, per non darla vinta al Male, in qualunque veste si presenti.

Come si vede, il pacco-regalo è davvero pesante. E forse il precedente elenco di speranze (sicuramente incompleto e perfettibile) sembra somigliare molto a certi anodini e riciclabili messaggi augurali di fine anno che si usano da sempre nella politica italiana… Tuttavia è reale il peso, la forza, la passione di queste speranze, tanto da far quasi cascare a terra il povero Babbo Natale, richiedendogli uno sforzo supplementare e una lodevole tenacia. Ma uno dei suoi piedi è ben saldo al suolo: ce la farà a raggiungere l’albero e a mettere il pacco al di sotto. Poi, legittimamente affaticato ma soddisfatto, potrà dire a tutti: “Auguri per tutti, nonostante tutto”.

Mi sia infine permesso di rivolgere qui un particolare augurio di salute e serenità a tutti i miei “amici” qui su Facebook: buon Natale e grazie sempre per la vostra attenzione!

P.S. n. 1: ringrazio il bravissimo disegnatore Vittorio Caronia, che ha ottimamente trasformato in immagini la mia idea…

P.S. n. 2: “Nulla impedirà al sole di sorgere ancora, nemmeno la notte più buia. Perché oltre la nera cortina della notte c’è un’alba che ci aspetta” (Khalil Gibran).

Il terzo e ultimo post di oggi risale al 29.12.20 e si intitola “L’obbligo vaccinale”.

Riletto oggi, nel bel mezzo delle proteste sul “green pass”, appare quasi profetico. Infatti, prima ancora che si materializzasse Draghi ad attuarla, ipotizzavo una soluzione alle diffidenze e all’ostruzionismo crescente dei no-vax: «Si deve far capire alla gente che il vaccino “conviene” e quindi renderlo “necessario”. Come? Facilissimo: trasformando il certificato di avvenuta vaccinazione nel requisito indispensabile per accedere a ulteriori cure sanitarie, per partecipare a concorsi pubblici e reclutamenti in ambito lavorativo, per la partecipazione ad eventi collettivi (concerti, incontri sportivi – soprattutto negli stadi di calcio -, manifestazioni pubbliche), per l’apertura di attività autonome, persino per i viaggi e gli spostamenti all’interno e fuori dal Paese. Senza la “patente” di vaccinato anticovid, insomma, non si dovrebbe poter fare quasi niente e non si dovrebbe andare da nessuna parte. E quando chi ha ritenuto di poter affermare la propria libertà ideologica a scapito della salute altrui sbatterà la testa contro un muro di proibizioni e difficoltà, allora forse, sia pure “obtorto collo”, accetterà la prospettiva di vaccinarsi come male minore». E di fronte alle obiezioni prevedibili, aggiungevo: «Si potrà piangere per il sacrificio della “libertà d’opinione” di alcuni e si deplorerà il mancato rispetto della “persona umana”. Ammesso che, in tempi di emergenza e di fronte a un numero enorme di vittime, sia lecito e ammissibile ragionare come in tempi normali; e ammesso che sia ritenuta ammissibile la libertà di danneggiare gli altri con le proprie scelte, che sia considerato tollerabile il vivere come sdegnosi eremiti in una società, che sia creduto lecito l’infischiarsene delle migliaia di morti che è già costata questa epidemia. La libertà di opporsi al vaccino andrà ritenuta più “sacra” della vita delle persone?»

44) 29.12.20

L’OBBLIGO VACCINALE

Così si legge oggi sul sito del “Giornale di Sicilia”: «Quando sarà il momento di imporre il vaccino anti-Covid al residuo di no-vax ai quali 81 milioni di contagiati e 1,8 milioni di vittime non sono bastati? Secondo Michele Ainis, giurista e costituzionalista, “l’articolo 32 della Costituzione autorizza i trattamenti sanitari obbligatori, e un vaccino lo è, con due cautele: la vaccinazione deve essere prevista dalla legge e non deve infrangere il rispetto della persona umana. Se poi nelle prossime settimane o mesi ci si accorgesse che gli italiani non si vaccinano e non ci pensano proprio, allora lì sì che si giustificherebbe ancora di più la scelta di rendere obbligatorio vaccinarsi. D’altronde – prosegue il costituzionalista – ci sono già diversi vaccini obbligatori, la differenza in questo caso è che viene fatto agli adulti e non ai bambini”. Un obbligo che potrebbe scattare a partire da aprile quando, stando al calendario, inizieranno le vaccinazioni per le persone ‘comuni’»

Anche il coordinatore del Cts Agostino Miozzo invoca un vaccino obbligatorio in ospedali e Rsa; ma sul costringere tutti a vaccinarsi immediatamente Miozzo ha delle perplessità, perché un atto del genere potrebbe essere controproducente, rischiando «di alimentare l’irrazionalità no-vax». Il viceministro della Salute, Pierpaolo Sileri, aggiunge: «Avere dei no vax tra i medici equivale a un fallimento. Al momento non è prevista alcuna obbligatorietà. Se nei prossimi mesi la campagna non dovesse raggiungere i 2/3 della popolazione, allora si dovrebbero prendere delle contromisure. Tra queste, c’è l’obbligatorietà».

Come è noto, la famosa “immunità di gregge” richiesta per debellare il contagio per il coronavirus equivale al 70-80% della popolazione. Se si arrivasse a questa quota di vaccinati, il virus, non incontrando più persone “contagiabili”, smetterebbe di circolare consentendo a tutti, vaccinati e non, di tornare alla vita normale. In questo momento però, come si è visto, stanno riemergendo paure tenaci, diffidenze ancestrali, negazionismi ostinati, che inducono molti a rifiutare la prospettiva di vaccinarsi, nell’illusione di essere inattaccabili dal virus (ritenuto un prodotto mediatico “gonfiato”) o di poterlo comunque facilmente evitare (alla faccia dei 72.370 morti contati finora in Italia).

Eppure i pareri scientifici sulla validità del vaccino sono chiari, privi di ogni ambiguità; ad es., scrive così un mio caro amico medico, in un post che ho condiviso ieri: «Volete che non mi sottoponga al vaccino anti-CoViD, che non è neppure costituito da virus attenuato, e quindi potenzialmente patogeno, ma dal prodotto di una raffinatissima biotecnologia? Volete che non mi sottoponga al vaccino anti-CoViD, che decodifica attraverso l’RNA-messaggero che contiene (altro che manipolazione di DNA!) la produzione di proteina spike, che genera da parte dell’organismo (immunità attiva) gli anticorpi che impediscono il legame del virus con la cellula umana senza implicare alcuna alterazione delle cellule sane? Volete che non mi sottoponga al vaccino anti-CoViD, testato su migliaia di soggetti di vario tipo per un periodo congruo e con tutte le garanzie tecnico-scientifiche?».

Questo parere di una persona competente, come quello di tanti altri esperti del settore, dovrebbe essere sufficiente a fugare dubbi e perplessità: ma così purtroppo non è, perché oggi coloro che “ignorano” qualcosa non hanno più l’umiltà di dichiarare la propria “ignoranza”, anzi non comprendono neppure di essere “ignoranti” in materia, ma pretendono anzi di dare lezioni, di pontificare, di suggerire comportamenti. In base a che? In base alla loro presunzione di verità, alla facile presa che hanno su di loro certi facili slogan opportunistici, all’arrogante supposizione di credersi invincibili ed immuni, alla radicata diffidenza verso qualsiasi autorità costituita.

Non ha certo aiutato, a questo proposito, la tendenza a “far piovere” molti obblighi dall’alto, con una valanga di indicazioni spesso contraddittorie e poco chiare, con litigi e contestazioni, con una scarsa coordinazione tra le varie realtà politiche; tutto ciò ha, se non giustificato, reso possibile il disorientamento di gran parte dell’opinione pubblica. Aggiungiamo le inadempienze, le inefficienze: oggi sul “Giornale” viene segnalato l’ennesimo pasticcio dell’ineffabile commissario straordinario Arcuri che, a causa di un “errore materiale” nel bando di reclutamento di nuovi medici e infermieri emanato l’11 dicembre, ha ritardato l’iter dell’indispensabile procedura.

Nel complesso, visti i tempi organizzativi e le modalità di somministrazione del vaccino, è ben difficile che si riesca a raggiungere entro il prossimo anno la sospirata immunità di gregge. E allora che fare? Imporre per legge il vaccino a tutti? Come si è detto, sarebbe controproducente, stizzirebbe i contestatori, alimenterebbe le opportunistiche polemiche dell’opposizione, provocherebbe reazioni ancor più negative.

La soluzione è evidentemente un’altra ed è ovvia, anche se il buon senso di chi governa (se c’è) dovrebbe indurre a realizzarla inesorabilmente ma senza troppi clamori: si deve far capire alla gente che il vaccino “conviene” e quindi renderlo “necessario”. Come? Facilissimo: trasformando il certificato di avvenuta vaccinazione nel requisito indispensabile per accedere a ulteriori cure sanitarie, per partecipare a concorsi pubblici e reclutamenti in ambito lavorativo, per la partecipazione ad eventi collettivi (concerti, incontri sportivi – soprattutto negli stadi di calcio -, manifestazioni pubbliche), per l’apertura di attività autonome, persino per i viaggi e gli spostamenti all’interno e fuori dal Paese. Senza la “patente” di vaccinato anticovid, insomma, non si dovrebbe poter fare quasi niente e non si dovrebbe andare da nessuna parte. E quando chi ha ritenuto di poter affermare la propria libertà ideologica a scapito della salute altrui sbatterà la testa contro un muro di proibizioni e difficoltà, allora forse, sia pure “obtorto collo”, accetterà la prospettiva di vaccinarsi come male minore.

Come si vede, è una soluzione che ha aspetti discutibili e che sarà vista da più parti come un serio colpo alla libertà d’opinione e al rispetto dei diritti della persona. Ma viene da chiedersi: queste persone che tanto difendono la loro “libertà d’opinione” come giudicano la valanga di insulti rivolta sui social a Claudia Alivernini, l’infermiera dell’ospedale Spallanzani di Roma prima a essere vaccinata contro il Covid, aggredita con espressioni forbite come “Vediamo quando muori”? E questi stessi inqualificabili “haters” non dovrebbero ora rivolgere le stesse dichiarazioni ai quasi due milioni di persone già vaccinati contro Covid-19?

In definitiva, si potrà piangere per il sacrificio della “libertà d’opinione” di alcuni e si deplorerà il mancato rispetto della “persona umana”. Ammesso che, in tempi di emergenza e di fronte a un numero enorme di vittime, sia lecito e ammissibile ragionare come in tempi normali; e ammesso che sia ritenuta ammissibile la libertà di danneggiare gli altri con le proprie scelte, che sia considerato tollerabile il vivere come sdegnosi eremiti in una società, che sia creduto lecito l’infischiarsene delle migliaia di morti che è già costata questa epidemia. La libertà di opporsi al vaccino andrà ritenuta più “sacra” della vita delle persone?

Persino Giacomo Leopardi, pessimista cosmico com’era, nella sua ultima poesia, “La Ginestra”, riteneva giusto che tutti gli uomini si dovessero unire, “tutti fra sé confederati”, contro le calamità della natura, “madre di parto e di voler matrigna”, aiutandosi a vicenda “negli alterni perigli e nelle angosce / della guerra comune”.  Dunque, “tutti fra sé confederati”, tutti uniti: perché delle meschine rivalità e delle stupide risse fra gli uomini approfitta il malefico virus, che su queste beghe costruisce la sua ostinata e micidiale sopravvivenza.

Di Mario Pintacuda

Nato a Genova il 2 marzo 1954. Ha frequentato il Liceo classico "Andrea D'Oria" e si è laureato in Lettere classiche con 110/110 e lode all'Università di Genova. Ha insegnato nei Licei dal 1979 al 2019. Ha pubblicato numerosi testi scolastici, adottati in tutto il territorio nazionale; svolge attività critica e saggistica. E' sposato con Silvana Ponte e ha un figlio, Andrea, nato a Palermo nel 2005.

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