Le frecce siciliane

Lo sceneggiato televisivo “La freccia nera” fu prodotto dalla Rai nel 1968; liberamente tratto dall’omonimo romanzo storico di Robert Louis Stevenson, fu diretto da Anton Giulio Majano e trasmesso in sette puntate la domenica sera sul Programma Nazionale (attuale Rai Uno), dal 22 dicembre 1968 al 2 febbraio 1969. Ebbe un successo straordinario, soprattutto per il tema della lotta fra bene e male nell’Inghilterra del Quattrocento e per la storia d’amore fra i due protagonisti, Dick Shelton (Aldo Reggiani) e Joan Sedley (Loretta Goggi).

Dai tempi della “freccia nera” sono passati, come si vede, 53 anni: qui in Sicilia, dopo quella freccia, non se ne erano viste altre (anche la “freccia” indicatrice di direzione nelle auto è, soprattutto qui a Palermo, un “optional”).

Oggi però, su “Repubblica/Palermo”, viene annunciato l’arrivo in Sicilia del primo treno Frecciabianca, anche se – aggiunge il titolo “l’alta velocità rimane un sogno”. Come è noto, i treni Frecciabianca, ad alta velocità, esistono in Italia (quindi non in Sicilia) dal 2011; dal 2016 è anzi iniziata la loro progressiva sostituzione con treni InterCity, Frecciarossa (che arrivano alla velocità di 300 km/h) e Frecciargento.

Ma leggiamo alcune parti dell’articolo di Gioacchino Amato per capire se siamo davvero arrivati a una svolta epocale nel trasporto ferroviario siciliano.

Ecco la parte iniziale: «L’alta velocità è ancora lontana, i lavori per il raddoppio e la velocizzazione della ferrovia Palermo-Catania-Messina, adesso inseriti nel Pnrr ma sempre impantanati nei ritardi burocratici, inizieranno a fare vedere i primi frutti solo fra il 2024 e il 2026. Ma nella Sicilia dei treni lumaca, che ieri ha visto centinaia di pendolari bloccati per l’interruzione a Roccapalumba delle linee Palermo-Agrigento e Palermo-Catania dopo un nubifragio, ieri è stato presentato il primo Frecciabianca. Dalla prossima domenica, 14 novembre, collegherà Palermo con Messina con fermate a Caltanissetta Xirbi, Enna e Catania. Un viaggio di 4 ore e 15 minuti, un tempo tutt’altro da record, ma che fa entrare per la prima volta la Sicilia e i due capoluoghi interni dell’Isola nel circuito delle Frecce di Trenitalia e offre proprio a nisseni ed ennesi un collegamento più veloce, senza cambi e con standard di qualità maggiori dei treni regionali per raggiungere lo stretto di Messina e con un biglietto integrato trovarsi a Villa San Giovanni in tempo per il Frecciarossa delle 12,47 per Roma e Milano».

4 ore e 15 minuti da Palermo a Messina? Per di più attraversando quasi tutta l’isola e passando da Caltanissetta, Enna e Catania? Esattamente. Ecco in dettaglio l’orario previsto: «La partenza del Frecciabianca 8638 da Palermo è prevista alle 7.08, con fermate a Caltanissetta Xirbi (8.35), Enna (8.59), Catania (10.15) e arrivo a Messina alle 11.23».

Ho trovato un orario ferroviario del 1955, in cui si legge l’orario dell’appena nato Treno del Sole Palermo-Torino: Palermo Centrale 7,20 – Termini Imerese 8,04 – Cefalù 8,36 – S. Agata di Militello 9,36 – Messina 11,42. Quattro ore e venti minuti per coprire i 232 km fra Palermo e Messina.

Oggi, come si è detto, per il nuovo tragitto Palermo-Caltanissetta-Enna-Catania-Messina si impiegheranno 4 ore e 15 minuti. Non c’è male: sessantasei anni per guadagnare cinque minuti e per fare un giro molto più lungo.

Non è finita. Andiamo avanti.

L’articolo di “Repubblica” chiarisce i retroscena politici dell’operazione: «Non è un caso che ad avere voluto fortemente questo nuovo treno sia stato il sottosegretario del ministero dei Trasporti (che con Draghi è diventato delle Infrastrutture e Mobilità Sostenibili), Giancarlo Cancelleri, che nel Nisseno ha il suo principale serbatoio elettorale. Ieri a Catania c’era proprio Cancelleri accanto all’amministratore delegato di Trenitalia, Luigi Corradi, al sindaco etneo Salvo Pogliese e all’assessore regionale alle Infrastrutture Marco Falcone presente al posto dell’annunciato governatore Nello Musumeci che ha accuratamente evitato un assist all’avversario Cinque Stelle».

La tartarughesca avanzata del progresso in Sicilia, come si vede, non è esente da operazioni elettoralistiche di facciata e dalle consuete meschine ripicche fra partiti diversi.

Ma non basta ancora.

Il fiammante Frecciabianca che arriva qui in Sicilia «è in realtà un convoglio già usato per anni al Nord e adesso spostato in Sicilia». Ma l’assessore Falcone (nomina non sempre sunt omina) aggiunge soddisfatto: «Questo è un primo passo di Trenitalia; fra 30 giorni arriveranno altri due treni Pop ed entro marzo arriveranno 10 treni bimodali che metteremo nelle nuove tratte. Ad agosto completeremo la nuova flotta dei treni in Sicilia con altri 12 treni bimodali per arrivare in totale a 47 nuovi treni».

Certo, il termine “treni bimodali” sa tanto di novità, di fascinoso, di pionieristico; in realtà i 300 posti “bimodali” si chiamano così «perché alimentati sia dalla linea elettrica che da motori diesel e che possono unire tratte servite solo in parte dall’alimentazione elettrica». Che è un modo per dire che, in pieno XXI secolo, in quest’isola disperata l’elettrificazione della linea non è completa.

Anche qui, sessant’anni sono passati invano: io ricordo che, quando ero bambino e venivo a Palermo da Genova col Treno del Sole in un interminabile viaggio di oltre 25 ore, la linea ferroviaria siciliana non era ancora elettrificata. Quando il treno traghettava a Messina, gli veniva agganciata una locomotiva a vapore (io dicevo “il treno col fumo”); con questa si proseguiva il viaggio (anzi, nel primo tratto peloritano era messa anche una seconda locomotiva in coda a spingere il convoglio). In galleria bisognava chiudere i finestrini, se no la fuliggine entrava negli scompartimenti.

Ma bando ai ricordi; facciamoci coraggio e finiamo di leggere.

L’assessore Falcone fa la lista della spesa alle Ferrrovie e al sottosegretario: «Ci aspettiamo molto di più, chiederemo al governo nazionale che siano aumentati del 15 per cento i chilometri-treno [sic] per servire anche le fasce ferroviarie meno servite: Caltanissetta, il Siracusano, il Ragusano, la Alcamo-Trapani, Caltagirone».

Bene: chiediamo soldi, che è la cosa che sappiamo fare sempre benissimo; e contestualmente, se non lo sapesse, facciamo sapere al governo nazionale che oggi, 9 novembre 2021, per andare in treno da Palermo a Trapani (74 km) occorrono 4 ore e 20 minuti quando va bene (es. treno che parte alle 17,11 e arriva 21,34).

Dal canto suo il sottosegretario Cancellieri, che è una di quelle persone fortunate che sa vedere i bicchieri pieni a metà anche quando contengono poche gocce, sprizza gioia da tutti i pori: «Oggi andare [sic] da Catania a Roma con l’Intercity ci vogliono 10 ore e 30 minuti. Da giorno 14 con il Frecciabianca si scenderà a 7 ore e 10 minuti: un cambio di passo importante, non una rivoluzione. Ma entro la fine del 2024 porteremo i Frecciarossa, quelli a composizione ridotta, che potranno finalmente traghettare. Siamo spendendo otto miliardi e 900 milioni per raddoppiare la linea da Messina a Catania e Palermo e ci muoveremo più velocemente quando dal 2026 questi lavori saranno completati». Ottimo programma: 8 miliardi e 900 milioni per avere fra cinque anni un ulteriore piccolo miglioramento.

E i prezzi? Per il percorso Palermo-Caltanissetta-Enna-Catania-Messina (più lo dico e più mi pare surreale) si pagheranno 34 euro in seconda classe e 46 euro in prima. Il pullman Palermo-Catania attualmente impiega 2 ore e 30’ e costa 14 euro di sola andata (attraversando la tormentatissima autostrada costellata di deviazioni e infiniti lavori in corso).

Mentre in Sicilia si programma, si batte cassa, si ottiene qualche palliativo e ci si illude di fare grandi svolte epocali, da Milano a Roma (567 km) si viaggia in 3 ore.

Ma accontentiamoci di questo: rispetto al nulla assoluto è pur sempre qualcosa. E se poi vogliamo proprio vedere una freccia, andiamo su RaiPlay e rivediamo “La freccia nera”. L’usato sicuro non tradisce mai.

POST SCRIPTUM 1 – Intanto si discute sempre sulla fattibilità, l’opportunità e l’utilità del Ponte sullo Stretto. I contrari (una specie di variante settoriale dei no vax) dicono che prima bisogna provvedere alle infrastrutture siciliane e migliorare i trasporti dell’isola. Bene: abbiamo visto come si sta provvedendo. Se tanto ci dà tanto, non basterà la vita dei nostri figli per vedere cambiare una situazione stagnante e immutabile.

POST SCRIPTUM 2 – Dal “Gattopardo” di Tomasi di Lampedusa: «Chevalley s’inerpicò sulla vettura di posta, issata su quattro ruote color di vomito. Il cavallo, tutto fame e piaghe, iniziò il lungo viaggio. Era appena giorno; quel tanto di luce che riusciva a trapassare il coltrone di nuvole era di nuovo impedito dal sudiciume immemoriale del finestrino. Chevalley era solo; fra urti e scossoni si bagnò di saliva la punta dell’indice, ripulì il vetro per l’ampiezza di un occhio. Guardò; dinanzi a lui sotto la luce di cenere, il paesaggio sobbalzava, irredimibile».

Burt Lancaster (il Principe di Salina) e Leslie French (Chevalley) in una scena de “Il Gattopardo” di Luchino Visconti (1963)

Di Mario Pintacuda

Nato a Genova il 2 marzo 1954. Ha frequentato il Liceo classico "Andrea D'Oria" e si è laureato in Lettere classiche con 110/110 e lode all'Università di Genova. Ha insegnato nei Licei dal 1979 al 2019. Ha pubblicato numerosi testi scolastici, adottati in tutto il territorio nazionale; svolge attività critica e saggistica. E' sposato con Silvana Ponte e ha un figlio, Andrea, nato a Palermo nel 2005.

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