La colpa di non essere “fragile”

Come si legge nel sito del “Giornale di Sicilia” di oggi, «La nave Humanity 1 della ong Sos Humanity è attraccata ieri sera a Catania con 179 migranti naufraghi a bordo. Dopo una ispezione da parte delle autorità italiane, ai sensi del decreto che sancisce il solo sbarco delle persone fragili, inizialmente sono stati fatti uscire tre ragazze minorenni e un bambino di 7 mesi, mentre sul molo una trentina di attivisti chiedevano lo sbarco di tutti i naufraghi. […] La nave è rimasta in porto e sono state effettuate le ispezioni. Successivamente sono stati fatti scendere i bambini e altri soggetti fragili, sicché alle 7 di stamattina, 6 novembre, sulla nave restano 35 uomini adulti, senza problemi medici. Non rientrano nelle caratteristiche previste del decreto del governo».

Dunque, godere di buona salute nonostante gli stenti di una traversata certo non confortevole e turistica, nonostante l’abbandono del Paese dove si è nati, nonostante la fuga da una vita impossibile attuata con le modalità più disperate, è una colpa agli occhi delle nostre autorità. Non a torto il deputato di Verdi e Sinistra Italiana, Aboubakar Soumahoro, ha dichiarato: «In questo momento al porto di Catania è in corso uno sbarco selettivo. Corpi consumati di naufraghi già sfiniti da freddo, stanchezza, traumi e torture sono considerati, per volontà del governo di Giorgia Meloni, degli oggetti. Una vergogna!».

In definitiva, a seguito dell’accurata ispezione, sono sbarcati al porto di Catania 144 migranti sui 179 che erano arrivati ieri sera. Peggio per i 35 che “stanno bene”, che potranno essere separati dai loro familiari, come avveniva nei lager nazisti, e saranno dirottati chissà dove (se non rispediti nei loro Paesi).

Con queste 35 persone in meno la nostra Patria, anzi la nostra Nazione, è salva.

Possiamo davvero rallegrarci, ora che non siamo più la “Repubblica delle banane” e il “Paese di Bengodi”, di non essere nemmeno più, come voleva un antico cliché, “Italiani brava gente”. Tanto a noi basta goderci le cose che abbiamo: agli altri c’è sempre qualcun altro che ci può pensare.

Di Mario Pintacuda

Nato a Genova il 2 marzo 1954. Ha frequentato il Liceo classico "Andrea D'Oria" e si è laureato in Lettere classiche con 110/110 e lode all'Università di Genova. Ha insegnato nei Licei dal 1979 al 2019. Ha pubblicato numerosi testi scolastici, adottati in tutto il territorio nazionale; svolge attività critica e saggistica. E' sposato con Silvana Ponte e ha un figlio, Andrea, nato a Palermo nel 2005.

1 commento

  1. Strano che non ci sia una persona autorevole che contrasti queste conclusioni autoritarie ancorché legali. Qualche anno fa alla fine spuntava.Col clima attuale un gesto del genere sarebbe eroico.

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