Il facile vangelo dei “content creators”

Di recente, di fronte ad agghiaccianti fatti di cronaca determinati dai comportamenti irresponsabili di alcuni giovani, i Telegiornali delle varie parrocchie (o, meglio, dell’unica parrocchia disponibile nelle sue pseudovarianti) hanno chiamato alcuni “content creators” a dare il loro carismatico contributo di saggezza per ammonire ragazze e ragazzi ad agire diversamente.

In particolare, il Tg2 ha dato spazio nei giorni scorsi a una campagna che invitava a usare i “social” con maggior consapevolezza. A parlare (in brevi omelie della durata massima di 1’) erano ragazze e ragazzi accomunati dal suffisso anglosassone “-er” finale: youtuber, twitcher, instagrammer, TikToker, insomma “influencer” o per l’appunto “content creator”, cioè, come si legge nel sito di Rainews, «creatori di contenuti: video, reel, foto che raccontano la realtà con i loro occhi e spesso anche tutta una generazione, con le sue immancabili fragilità. Molti hanno iniziato giovanissimi, alcuni campano di questo. Per loro, i follower significano abbonamenti, clic, in altre parole, soldi. In molti casi, ci troviamo davanti a hobby, passatempi diventati un lavoro vero. E, come tale, portatore di responsabilità vere». Ad esempio Marcello Ascani, che ha quasi 800 mila follower su YouTube, scrive a caratteri cubitali sul suo canale: «Sono un buon esempio per i vostri figli» e aggiunge che «più si ha un peso, più si hanno responsabilità» (con grande soddisfazione degli obesi).

Per definire meglio questa professione emergente (anzi, già del tutto emersa), «il Content Creator è il professionista che si occupa di creare contenuti accattivanti per aziende e brand. […] Detto anche Digital Content Creator o creator digitale, crea contenuti educativi e/o accattivanti per attirare l’attenzione degli utenti e di nuovi potenziali clienti» (www.adecco.it)

Inutile dire che la traduzione letterale italiana (“creatori di contenuto”) impoverisce il carisma di questa nuova ambitissima professione: la dizione anglosassone appare invece più appropriata e quasi misticamente capace di accrescere l’importanza dell’attività svolta.

In particolare, come si è detto, i “content creators” convocati dai TG nella veste di dispensatori di saggezza sono in genere ragazzi e ragazze accomunati nell’età ai protagonisti del grave episodio di turno (ad es. lo sciagurato ventenne che a Casal Palocco, alla guida del suo SUV Lamborghini, impegnato in una delirante scommessa sui social, ha provocato la morte di un bambino di cinque anni). Di diverso, c’è che i “creatori di contenuto” sono (o dovrebbero essere) esempi “positivi” dell’uso dei “social media”, persone ragionevoli che (in quanto tali) predicano saggezza e moderazione ai loro coetanei.

Se poi ci si chiedesse per quale motivo i TG non ritengano di affidare una tale opera di apostolato a opinionisti, docenti, adulti esperti e persone competenti negli ambiti specifici, la risposta sarebbe che tutti costoro “non fanno presa” sui giovani, notoriamente diffidenti, ostili a ogni “paternale” e mal disposti all’ascolto di tutto ciò che li infastidisce o li fa sentire “sotto tiro”. Viceversa, le facili parole del giovane “content creator” di turno dovrebbero arrivare più facilmente alla mente e al cuore dei ragazzi (ammesso che i giovani seguano i TG).

Ho ascoltato attentamente gli interventi di alcuni di questi “creatori di contenuto” al TG2; la caratteristica che li accomuna è l’assoluta prevedibilità delle cose che dicono: bisogna fare un buon uso dei social, non bisogna esagerare, non si deve far male a nessuno, occorre essere responsabili.

Ecco ad esempio l’appello di Marco Munda del duo dei gemelli Munda che spopolano su TikTok: «Agite responsabilmente. Non mettete in pericolo la vostra vita e quella degli altri». Non meno prevedibile l’esternazione della “content creator” Eleonora Olivieri sull’uso del cellulare al volante: «Troppo spesso sentiamo parlare di incidenti stradali dovuti alle distrazioni causate dall’uso improprio degli smartphone. Quando siamo alla guida non siamo responsabili solo della nostra vita ma anche di quella degli altri. Ricordati, non distrarti: guida e basta» (https://www.youtube.com/shorts/34N1diXLML0).

La stessa Eleonora Olivieri si è segnalata per un altro appello, lanciato al TG 2 giorni fa, dopo la distruzione della Venere degli Stracci, installazione realizzata nel cuore di Napoli da Michelangelo Pistoletto e finita in cenere in seguito ad un incendio doloso. Prima ancora che si scoprisse che ad appiccare il rogo era stato un trentaduenne senza fissa dimora, il sindaco Gaetano Manfredi aveva affermato che negli ultimi giorni “c’era una specie di gara sui social che invitava a bruciare la statua”. Conseguentemente il TG 2 delle 13 aveva convocato d’urgenza per l’appunto la “content creator” Eleonora Olivieri, che ha pronunciato (leggendo palesemente su un “gobbo”) il solito predicozzo sul corretto utilizzo dei social: «Sicuramente avrete sentito che la Venere degli Stracci è stata completamente distrutta. Si pensa che sia stato un atto doloso proveniente da una sfida social. È davvero sconfortante, l’arte rappresenta la storia di una società, il pensiero di un uomo e i suoi sentimenti più profondi. Dovremmo incoraggiare quest’arte, non distruggerla. I social dovrebbero essere uno strumento dove esprimere i propri sentimenti e le proprie passioni, magari condividendo la propria arte, non distruggendo quella che possiamo ammirare».

Roba da 20/20 nel tema di maturità.

Ben vengano, ovviamente, tutte le iniziative che possono tentare di prevenire nuove sciagure; si ha l’impressione però che una cura come quella del TG2 sia piuttosto “omeopatica”, nel senso che utilizza (sia pure con diverse intenzioni) gli stessi strumenti rivelatisi deleteri per certi giovani, di fatto contribuendo a incrementarne l’uso.

Vero è, però, che tentare di ridurre il fenomeno è come voler fermare un fiume in piena: infatti, desiderando acquisire ulteriori informazioni sui “creatori di contenuto”, ho scoperto che in Italia sono già circa 350.000. Come si legge in un sito specializzato, «chiamarli influencer sarebbe riduttivo e darebbe fastidio a diversi di loro: sono creator, youtuber, streamer. […] Li abbiamo definiti giovani alla conquista del Presente. Una galassia di creative e creativi che sui social hanno trovato il loro spazio. Un mondo virtuale – con forti ricadute su quello reale – in cui esprimersi, cercando giorno dopo giorno di realizzare i propri sogni che, a ben veder [sic!], vanno spesso oltre una ossessiva ricerca del successo e della notorietà. In Italia sono più di 350mila i “professionisti” che si contendono questo mercato. Attorno a loro un indotto che pesa all’incirca 150.000 posti di lavoro. Un comparto significativo che […] ha superato i 280 mln di euro di investimenti. Un settore industriale in continua ascesa che nel mondo vale già 14 mld di dollari» (https://www.fortuneita.com/content-creator/). Per fare solo un esempio, la giovanissima Virginia Montemaggi, TikToker toscana, ha iniziato su YouTube a 15 anni raccontando le sue giornate con il linguaggio dei suoi coetanei, inserendo balletti e tutorial; oggi su TikTok ha cinque milioni (!!) di follower.

Ai “content creator” appartenevano anche (purtroppo) i quattro inqualificabili autori del sito “TheBorderline”; questi giovani youtuber sul loro canale contavano 600.000 iscritti e definivano i loro video “assurdi e unici”; il loro obiettivo dichiarato era quello di “offrire ai giovani un intrattenimento con uno spirito sano” (!!). Tuttavia dopo la tragedia di Casal Palocco hanno ritenuto “moralmente impossibile proseguire questo percorso”, piangendo lacrime di coccodrillo per il povero piccolo Manuel (e sperando nella clemenza della corte).

Non immaginavano, i quattro “borderline” (di nome e di fatto), che avrebbero fornito ampio materiale ad altri “content creators” uguali e contrari, che avrebbero a loro volta incrementato il numero dei loro adepti con evangeliche esortazioni alla ragionevolezza.

Concludendo, mi accorgo di essere stato oggi una specie di inconsapevole “content creator”; anzi, se ci penso bene, “creo contenuti” di ogni risma da oltre sessant’anni.

Ho deciso: se riesco a farmi ringiovanire da un’Intelligenza artificiale, come Harrison Ford nell’ultimo (godibilissimo) “Indiana Jones”, mi presento al TG 2 e pronuncio la mia omelia: chissà che non mi ritrovi con mezzo milione di “followers”.

Di Mario Pintacuda

Nato a Genova il 2 marzo 1954. Ha frequentato il Liceo classico "Andrea D'Oria" e si è laureato in Lettere classiche con 110/110 e lode all'Università di Genova. Ha insegnato nei Licei dal 1979 al 2019. Ha pubblicato numerosi testi scolastici, adottati in tutto il territorio nazionale; svolge attività critica e saggistica. E' sposato con Silvana Ponte e ha un figlio, Andrea, nato a Palermo nel 2005.

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