In occasione dell’anniversario della morte di mio padre, il Maestro Salvatore Pintacuda, avvenuta ventinove anni fa, il 19 aprile 1995, vorrei oggi aggiungere un ricordo ai tanti che già ho avuto modo di presentare in questa sede.
Mi riferisco alla sua attività di docente di Storia della Musica e bibliotecario presso il conservatorio “Nicolò Paganini” di Genova, iniziata nel 1950 e protrattasi fino al 1976, prima del suo rientro in Sicilia.
Mio padre era arrivato al “Nicolò Paganini” (allora Liceo musicale comunale) in seguito al concorso nazionale in cui si era classificato al primo posto.
Fra le sue carte, conservo una lettera scritta a pochi giorni dal suo arrivo a Genova, in data 27 febbraio 1950, con la quale si rivolgeva al Direttore del “Paganini” per segnalargli immediatamente le condizioni in cui aveva trovato i locali della biblioteca dell’istituto, che gli era stata appena affidata. Tali locali, come scriveva mio padre, risentivano «dei gravi danni causati, durante la guerra, dalle varie occupazioni dei locali e dai molteplici sfollamenti del patrimonio bibliografico»; veniva segnalata dunque l’opportunità di «un’organica opera di ricostruzione e riordinamento per la custodia, tutela, conservazione e contabilità del materiale librario in dotazione».
Inoltre, prosegue la lettera, il continuo aumento della dotazione libraria aveva «reso insufficienti i locali e la scaffalatura in legno esistente»; occorreva, secondo mio padre, dotare la biblioteca di una scaffalatura in metallo: «tale tipo di scaffalatura infatti, oltre ad avere il vantaggio della refrattarietà agli incendi e della difesa contro i parassiti dei libri, permette di utilizzare in modo razionale e moderno tutto lo spazio offerto dai locali mediante l’installazione di ballatoi a piani sovrapposti che consentono la sistemazione di notevoli quantitativi di libri lungo le pareti ed al centro, fino al soffitto».
In assenza di questa modifica – continuava lo scrivente – «i libri continueranno ad ammucchiarsi gli uni sugli altri senza quelle cautele necessarie ad impedirne il deterioramento ed anzi con grave pregiudizio per la custodia, conservazione e tutela dell’ingente materiale bibliografico».
Nel volume “Il conservatorio di musica ‘Nicolò Paganini’ di Genova”, che mio padre pubblicò nel 1980 (ed. Sabatelli, Genova) leggo che il direttore Pasquale Montani, “per raggiunti limiti d’età”, stava per essere collocato a riposo; pochi mesi dopo, “con deliberazione della Giunta comunale, in data 11 gennaio 1951, veniva affidato al M° Luigi Cortese l’incarico temporaneo di dirigere il ‘Paganini’ in attesa della nomina del nuovo Direttore” (p. 56).
Ne deduco che la risposta alla richiesta di mio padre debba essere stata, forzatamente, poco sollecita; tuttavia la lettera citata dimostra evidentemente come egli, a pochissimi giorni dal suo insediamento, si fosse messo subito al lavoro con solerzia, diligenza e competenza.
Di quella biblioteca egli fu poi l’anima per ventisei anni; allego una foto del marzo 1955, in cui si vede mio padre che fa lezione di Storia della Musica ai suoi allievi in una biblioteca assolutamente ordinata ed ineccepibile.
Non è tutto.
Di quella biblioteca mio padre era divenuto il più assiduo lettore e il più competente studioso.
Ne conosceva i volumi, gli spartiti, i microfilm, i documenti, le lettere, gli scaffali, le cartelle. Andava scoprendo, fra polverosi ammassi di carte, in corridoi abbandonati, documenti fondamentali e ormai dimenticati della passata vita musicale genovese.
Gli venne l’idea, dunque, di realizzare una catalogazione del fondo antico della biblioteca del “Paganini”; era un’opera mastodontica, se si riflette sul fatto che allora non esistevano le attuali possibilità tecnologiche e una fatica di quel tipo richiedeva un impegno certosino ed indefesso.
A quel progetto lavorò per anni (non senza attuare, contemporaneamente, una vastissima attività saggistica in campo musicale).
L’opera fu conclusa esattamente sessant’anni fa, nel 1964; ne derivò, due anni dopo, un volume intitolato “Genova – Biblioteca dell’Istituto Musicale “Nicolò Paganini” (Milano 1966), pubblicato dall’Istituto Editoriale Italiano, nell’ambito di una collana di cataloghi e bibliografie diretta da Claudio Sartori.
Si trattava del più grosso volume della suddetta collezione; tuttavia, esso non era interessante solo per la sua mole: infatti, come si leggeva nella presentazione della casa editrice, esso «per tutti gli studiosi costituirà una piacevole scoperta di un fondo di musiche finora totalmente sconosciuto. Ed è tanto più importante perché le biblioteche genovesi pareva non avessero conservato che ben poche vestigia della ricchissima e intensissima vita musicale della loro città. Questo volume, svelando i molti tesori conservati nella Biblioteca dell’Istituto Musicale “Nicolò Paganini”, dimostra che anche questa è una leggenda da sfatare. E fornisce nuovo materiale insperato per gli studi futuri, sia nel campo della musica strumentale, sia in quello della musica vocale e teatrale in particolare. In questo senso saranno indubbiamente studiati i numerosissimi manoscritti, che costituiscono la parte principale del fondo antico della Biblioteca».
Nella Prefazione al catalogo, mio padre faceva giustizia dell’«inesplicabile silenzio che sulla vita musicale genovese dei secoli passati avevano conservato storici e ricercatori insigni», per cui «la trascuratezza delle indagini nel campo musicale aveva favorito il sorgere di giudizi errati, di falsi pregiudizi, che facevano di Genova una città amusicale o, peggio, antimusicale».
In particolare, veniva subito smentito (sulla base dell’evidenza della documentazione ritrovata nel fondo antico della Biblioteca del “Paganini”) il tenace pregiudizio che riduceva al solo Paganini la gloria musicale genovese e ligure.
Purtroppo, aggiungeva l’autore, «il fondo dei manoscritti rimase, per anni ed anni, accatastato disordinatamente per insufficienza di spazio, di scaffali, di cartelle, di personale e di buona volontà»; mio padre accennava dunque alla non indifferente fatica che gli era costata la realizzazione del catalogo: «All’opera di sistemazione, riordinamento, catalogazione dei manoscritti ho dedicato anni di paziente lavoro. Bisognava anzitutto discernere il grano dal loglio, per accantonare fogli e fascicoli di poca importanza, mettere in luce opere di pregio notevole, recuperare manoscritti sottratti a precedenti accertamenti per omissione o errore di catalogazione. Il presente Catalogo è frutto di queste fatiche».
Dopo la morte di mio padre, ne ho riordinato l’immenso archivio; e ho trovato lettere che gli giungevano da tutta Europa, ma anche da Tokyo, da Sidney, dalle Americhe, con cui musicologi di tutto il mondo gli chiedevano informazioni sulle dotazioni bibliografiche che aveva portato alla conoscenza degli studiosi; e ho trovato le minute delle lettere che inviava, sempre, in risposta a tutti, senza negare mai un’informazione, una consulenza, un dato rilevante.
Credo anche che, se mio padre non fosse stato “fregato dalla nostalgia” (come diceva Peppuccio Tornatore nel suo film “Nuovo Cinema Paradiso”) e fosse rimasto per sempre al “Paganini” senza rientrare in Sicilia, oggi la biblioteca del conservatorio sarebbe forse intestata a lui.
Ma lui, lo so bene, non teneva minimamente ai riconoscimenti, alle “medaglie”, alle lodi; lavorava sodo perché gli piaceva e metteva la sua competenza musicale (che raggiungeva livelli altissimi) al servizio degli altri, senza pretendere nulla in cambio se non la propria soddisfazione personale.
P.S.: Per chi fosse interessato, è possibile leggere la prefazione che mio padre antepose al catalogo della biblioteca del “Paganini” su questo blog: https://pintacuda.it/2024/04/19/un-prezioso-catalogo-musicale-genovese/.
Chi invece volesse rileggere le notizie che ho raccolto sulla personalità e l’opera di mio padre, con una serie di indelebili ricordi personali, le trova, sempre qui nel blog, al link https://pintacuda.it/2021/10/23/ricordo-del-maestro-salvatore-pintacuda/