Alcuni giorni fa, leggendo “La rivolta delle cariatidi – Una nuova indagine di Kostas Charìtos” di Petros Màrkaris (ed. La Nave di Teseo, Milano 2023), ho recuperato inaspettatamente un ricordo di tanti anni fa.
Nel libro, la nuova commissaria a capo della Squadra Omicidi, Antigone Ferleki, regala al nipotino di Charìtos (che è stato promosso a direttore delle forze di polizia dell’Attica) “una grande scatola con l’immagine di Karaghiozis” (pp. 186-187). Una nota esplicativa del traduttore Andrea Di Gregorio, utile e opportuna per i lettori italiani, spiega: “Karaghiozis è il personaggio principale che definisce, per antonomasia, il tradizionale teatro delle ombre. Il nome viene dal turco, Karagöz, e vuol dire ‘occhio nero’. Karaghiozis rappresenta il povero umiliato dai potenti ai quali si oppone con astuzia e buon umore”.
Mi è allora tornato in mente il periodo (gennaio-giugno 1976) in cui, all’Università di Genova, seguivo un lettorato di neogreco, che era tenuto da un giovane greco, Georgoudis, sfuggito alla dittatura dei colonnelli; ebbene, un giorno quel ragazzo ci parlò del teatro greco delle ombre, il “karaghiozis” (Καραγκιόζης), facendoci anche vedere delle fotografie e qualche filmino 8 mm. del “teatro delle ombre”.
Questo ricordo si era rintanato in un anfratto della mia mente, ma è venuto fuori potentemente dalle pagine di Màrkaris; ne è derivato, oggi, il desiderio di documentarmi meglio su questo tipo di spettacolo, che in Grecia ha avuto (ed ha tuttora) molta fortuna e molta celebrità.
Il teatro delle ombre è gestito da un solo burattinaio, che fa agire vari personaggi manipolando i burattini. Lo spettacolo viene eseguito con immagini dipinte traslucide, le cosiddette “figure” (φιγούρες); il burattinaio muove le figure davanti a uno schermo bianco, solitamente un lenzuolo teso (“berdis”, μπέρντης, dal turco “perde”, cioè tenda”) illuminato da dietro; così lo spettatore distingue facilmente i contorni delle immagini.
Tra le figure e il burattinaio (che in genere è invisibile al pubblico) sono collocate lampade o candele, che illuminano le figure e rendono le loro sagome e i loro colori visibili al pubblico attraverso il telo. I personaggi sono bidimensionali e disegnati di profilo; spesso sono realizzati in cartone.
Per muovere queste figure, l’operatore (in greco “karaghiozopèchtis”, καραγκιοζοπαίχτης) usa pinze speciali che si uniscono su parti del corpo del burattino strategiche per il movimento; la maggior parte dei personaggi è composta da due parti (busto e gambe) con un’articolazione alla vita.
Le origini di questo spettacolo sono antichissime: secondo alcuni studiosi, esso veniva utilizzato in riti di esorcismo o cerimonie religiose in Asia, mantenendo un legame con il mondo dei morti (l’ombra, infatti, assumeva un ruolo simbolico). Non si sa se il teatro delle ombre sia nato in Cina o in India o in altri Paesi dell’Asia, ma sicuramente esisteva già nei primi secoli dopo Cristo; i teatri delle ombre più noti erano nel sud-est asiatico, a Giava e Singapore, in Thailandia, Malesia e Cambogia, a Bali e nel Laos; i loro temi erano tratti da due poemi epici indiani, il “Ramayana” e il “Mahabharata”. Essi si diffusero poi a ovest, arrivando sino al Medio Oriente; da qui l’egemonia dell’Impero Ottomano permise loro un’ulteriore espansione, fino a raggiungere le coste nordafricane.
Secondo alcuni, il teatro delle ombre sarebbe arrivato in Egitto da Giava, importato da mercanti arabi che avevano stabilito lì delle fiorenti attività commerciali. In Egitto il sultano Salah El-Din El-Kalyouby organizzò per il suo gran visir uno spettacolo di ombre nel 1171; risale invece al XIII secolo una raccolta di tre canovacci di teatro delle ombre, scritta dal medico egiziano Muhammad Ibn Daniyal; sempre in Egitto, nel primo ‘500, si ha notizia di spettacoli con protagonista “Karagöz”: in quel periodo il Gran Mufti (leader religioso) ottomano Muhammad Ebussuud el-İmadi autorizzò ufficialmente con un editto queste rappresentazioni.
In Turchia l’origine del teatro delle ombre era spiegata con due diversi aneddoti.
Il primo raccontava che all’inizio del XIV secolo un muratore di nome Karagöz (o Karagiöz) e un fabbro chiamato Haci Ivat erano impegnati nella costruzione di una moschea a Bursa, in Turchia; i dialoghi di questi due uomini erano così divertenti che gli altri operai stavano ad ascoltarli e non lavoravano; il sultano, informato del ritardo nei lavori, fece uccidere Karagöz; in seguito, pentitosi, fece chiamare Haci Ivat, che per commemorare il compagno ritagliò una sua figura dal cartone, stese un panno ed eseguì per primo uno spettacolo di teatro delle ombre. Il nome greco di Karaghiozis derivò appunto dal turco Karagöz (lett. “dagli occhi neri”).
Il secondo aneddoto parla di un certo Mavromatis (nome che significa appunto “occhio nero”), che nel ‘700 sarebbe arrivato in Turchia dalla Cina con il suo teatro delle ombre; decidendo di stabilirsi a Costantinopoli, adattò i suoi spettacoli alla vita e alle usanze dei turchi.
In particolare, negli spettacoli in Turchia si riscontrava una dimensione licenziosa che scandalizzò alcuni spettatori moralisti; ad es. Théophile Gautier nel suo libro “Costantinople” (1853), dedica un capitolo a Karagöz, descrivendolo “come un mélange di stupidità, lussuria e astuzia”; anche il nostro Edmondo De Amicis, nel suo libro di viaggio “Costantinopoli” (1877), giudica così Karagöz: «È una figurina grottesca che rappresenta la caricatura del turco del mezzo ceto, una specie d’ombra chinese, che muove le braccia, le gambe e la testa dietro un velo trasparente, e fa quasi sempre da protagonista in certe commediole strampalatamente buffonesche, di cui il soggetto è per lo più un intrigo amoroso. Egli è un quissimile, ma depravato, di Pulcinella: sciocco, furbo e cinico, lussurioso come un satiro, sboccato come una baldracca, e fa ridere, anzi urlare d’entusiasmo l’uditorio con ogni sorta di lazzi, di bisticci e di gesticolamenti stravaganti, che sono o nascondono ordinariamente un’oscenità».
I greci conobbero il teatro delle ombre durante il periodo dell’occupazione turca. La testimonianza più antica è del viaggiatore straniero Hobhouse e risale al 1809: egli ricorda uno spettacolo nella zona di Ioànnina in Epiro, citando fra gli spettatori Lord Byron. Ancora oggi a Ioànnina molti negozi mettono le figure del Karaghiozis tra i souvenir locali.
Un altro riferimento a uno spettacolo di teatro delle ombre viene fornito dal diplomatico Pouqueville nella sua opera “Voyage dans la Grèce” (1820). Più importante fu la rappresentazione organizzata a Nauplia nel 1841 da un assistente di Mavromatis, Yannis Brachalis (originario di Kalamata ma vissuto a Costantinopoli).
Partendo da queste origini non sempre sicure (c’è chi ricollega il “karaghiozis” addirittura agli antichi misteri eleusini), in Grecia il teatro delle ombre nell’Ottocento abbinò alle caratteristiche tecniche turche contenuti nuovi, attinti dalla tradizione locale. In particolare, a “ellenizzare” il burattino fu, alla fine dell’Ottocento, Dimitrios Sardounis (Δημήτριος Σαρδούνης), ritenuto il fondatore del moderno teatro delle ombre greco, che fu soprannominato “Mìmaros” (Μίμαρος) per la sua capacità di imitare le voci,
Mìmaros diede al teatro delle ombre la sua forma greca, modificandone i temi, i dialoghi e la tecnica; eliminò le eccessive volgarità dagli spettacoli, creò opere storiche ed eroiche ispirate alla rivoluzione greca e realizzò anche trame comiche che facevano un’intelligente satira sulla società del tempo; inoltre aumentò la lunghezza del palco e ideò nuove scenografie, posizionò una baracca e un serraglio sulla scena e utilizzò canti popolari; inoltre introdusse nuovi personaggi (come Sior-Dionysios, Velighèkas e Kollitiris).
Ma che caratteristiche presenta in Grecia il personaggio di Karaghiozis? Costui viene rappresentato come un greco gobbo e tracagnotto, un povero disgraziato con il naso camuso e con un braccio (in genere il destro) molto più lungo dell’altro, con abiti laceri (pantaloni alla zuava blu rattoppati, una fascia rossa intorno alla vita, una camicia bianca e una giacca corta rammendata con una manica verde) e con i piedi nudi. Il suo lungo braccio lo aiuta nelle sue bravate e gli conferisce un’espressività straordinaria; invece la schiena gobba è emblema delle fatiche e delle difficoltà che lo perseguitano: infatti la sua condizione economica precaria costringe Karaghiozis a escogitare sempre nuovi espedienti per trovare denaro e sfamare i suoi familiari.
Il nostro eroe vive in una baracca (παράγκα) con la moglie Aglaia e tre figli, ai tempi dell’Impero ottomano; in genere negli spettacoli la scena mostra sulla sinistra la casa di Karaghiozis e sulla destra il palazzo del Sultano. L’ambientazione delle vicende è a Costantinopoli, chiamata per antonomasia “la Città”: infatti il suo nome turco, Istanbul, deriva dall’espressione greca “èis tèn pòlin” (εἰς τὴν πόλιν, “in città”), pronunciata in greco moderno “is tin bolin” e diventata poi, con vocalismo turco e apocope finale, “is tan bul”.
Karaghiozis ha sempre molta fame e appetiti sessuali notevoli, ma è perseguitato dalla mala sorte; incarna dunque perfettamente una certa tipologia di contadino greco, ignorante e opportunista, condannato a vivere nell’ignavia e nell’invidia, ma geniale nel risolvere le difficoltà. In qualche modo, Karaghiozis ricorda lo Zanni della Commedia dell’Arte, un contadino dall’aspetto buffo (soprattutto per il naso ricurvo e appuntito), astuto, aggressivo, manesco, brontolone, sempre affamato e pronto a supplicare per ottenere qualcosa.
Grazie ai suoi movimenti goffi, agli abiti stracciati, agli astuti giochi di parole e ai numerosi errori linguistici, Karaghiozis è diventato un eroe popolare molto amato dal pubblico greco.
Volendo citare la trama “tipica” di una delle commedie, Karaghiozis appare all’inizio sulla scena con i suoi figli (Kollitiris, Kopritis e Birikogos), che ballano e cantano; segue un dialogo comico fra questi personaggi, che culmina nell’annuncio del titolo dell’episodio.
Molti episodi hanno per titolo il nome di Karaghiozis seguito dai mestieri e dalle professioni che si trova a esercitare (dentista, cuoco, pescatore, barcaiolo, cantante, studioso, senatore, sindaco, mendicante, fornaio, fioraio, soldato, auriga, persino astronauta e supereroe, ecc.) oppure dagli incontri che gli possono capitare (ad es. un gorilla, il fantasma del serraglio, i pazzi di un manicomio, Alessandro Magno e il serpente maledetto, ecc.). Pur essendo povero e semplice, Karaghiozis riesce, grazie alla sua astuzia spicciola, a cavarsela anche in situazioni difficili, facendosi beffe di personaggi che rappresentano altre classi sociali (anche elevate) e diverse categorie professionali.
Spesso a dar man forte a Karaghiozis è il suo amico Hadjiavatis (Χατζηαβάτης), un turco che lavora per il Pascià come banditore; costui indossa abiti ottomani e si tiene la barba con la mano sinistra; a differenza di Karaghiozis, ha la tendenza ad adulare i potenti, poiché rappresenta la borghesia mercantile e imprenditoriale che ha fatto fortuna senza scrupoli durante la dominazione ottomana. Nonostante i frequenti battibecchi, i due personaggi finiscono spesso per collaborare; in genere riescono a risolvere un problema del visir, il signore ottomano locale, oppure lo ingannano astutamente, riuscendo in ogni caso a raggranellare un po’ di denaro per tirare a campare. A volte però l’astuzia di Karaghiozis viene scoperta e il buffo personaggio viene punito da Velighèkas, la guardia del visir; talora è lo stesso Hadjiavatis ad essere vittima degli inganni di Karaghiozis.
Oltre ai tre figli di Karaghiozis, c’è anche sua moglie Aglaia (Αγλαΐα), che però in genere non si vede ma di cui si sente la voce petulante (una sorta di Santippe…), che proviene dall’interno della casa.
Frequente è la presenza dello zio di Karaghiozis, Barba Yorgos (Μπάρμπα Γιώργος, appunto lo “zio Giorgio”), un montanaro della Rumelia (regione della Grecia continentale centrale), pastore o allevatore di mucche, solitamente impegnato in qualche affare in pianura; è vigoroso e robusto e indossa la “fustanella”, cioè quel gonnellino pieghettato e svasato tipico del costume tradizionale balcanico (oggi lo indossano gli “euzoni”, i soldati che costituiscono la guardia d’onore del palazzo presidenziale di Atene); ai piedi “zio Giorgio” porta lo “tsarouki” (τσαρούχι), cioè la tipica scarpetta col pon-pon. Ha un carattere avaro e prudente: tuttavia, pur dissociandosi dagli imbrogli del nipote, finisce per aiutarlo e colpisce gli avversari con il suo bastone.
Fra gli altri numerosi personaggi basterà ricordare:
- Stàvrakas (Σταύρακας), una specie di “guappo” del Pireo, che tiene in mano dei rosari, ha la cintura slacciata e i baffi attorcigliati;
- “Sior” Dionysios (Σιορ Διονύσιος), un gentiluomo di Zante che ha pretese di presunta nobiltà, parla un dialetto ionico con accento italiano e canta motivi tradizionali della sua isola; è dignitoso e gentile, ma piuttosto ingenuo;
- Morfoniòs (Μορφονιός), un bamboccione civettuolo che si crede bello, ma ha un gran testone e un enorme nasone; termina ogni frase con un “Whit!” (Ουίτ);
- il Visir (Βεζύρης) o Pascià (Πασάς), che vive nel serraglio e in genere “avvia” la vicenda; è elegante e severo, presentandosi ora come giusto, ora come crudele e nemico dei cristiani;
- la bella figlia del visir, Fatmè (Φατμέ), che alterna ubbidienza e ribellione nei confronti del suo padre-padrone; è oggetto del desiderio di Karaghiozis e spesso viene promessa in sposa a chi compirà qualche impresa straordinaria;
- Velighèkas (Βελιγκέκας), un poliziotto turco-albanese che parla un greco stentato; spesso viene sguinzagliato alla ricerca di Karaghiozis per dargli una lezione; viene in genere beffato e picchiato da Barba Yorgos;
- Solomòn (Σολομών), un ricco ebreo di Salonicco molto tirchio e magro, astuto ma vile; indossa in testa la “kippah” e fa ridere con un caratteristico schiocco del collo, con il suo accento e la sua parlata “a mitraglia” (una specie di Mentana greco…).
Nel linguaggio quotidiano greco, il termine “Karaghiozis” è usato come insulto, più o meno come il nostro “buffone”; ma i burattinai difendono il loro eroe, che è una persona astuta e dispettosa, ma anche bonaria e leale, per cui non meriterebbe nessun oltraggio.
Gli spettacoli si tenevano spesso nei caffè, ove un tempo potevano entrare solo gli uomini; successivamente però anche le donne e bambini furono ammessi all’interno; con sole 5 dracme si beveva un caffè, si mangiava un “loukoumi” (dolcetto aromatizzato alla rosa) o un “baklavà” (con zucchero o miele e frutta secca) e si vedeva lo spettacolo.
In Grecia il periodo d’oro del teatrino delle ombre fu quello antecedente alla Seconda Guerra Mondiale, quando in tutto il Paese c’erano più di cento burattinai; alcuni di loro, come come Molas (1871-1948) e Charidimos (1895-1970), disponevano addirittura di un’orchestra con molti strumenti musicali.
Uno dei burattinai più noti della Grecia contemporanea fu Evgenios Spathàris (Ευγένιος Σπαθάρης, 1924-2009), figlio a sua volta di un burattinaio, che iniziò a farsi conoscere nel 1942. Dal 1980 Spatharis presentò un programma speciale su Karaghiozis alla televisione greca; in quegli anni infatti gli spettacoli di “Karaghiozis” venivano teletrasmessi settimanalmente, allargando le imprese del burattino, che riviveva alcuni miti della mitologia greca o addirittura faceva viaggi spaziali (!). Non è mancato qualche tentativo di realizzare anche dei fumetti che hanno il nostro personaggio per protagonista.
Oggi in Grecia, dopo una fase di difficoltà ed eclissi, il teatro delle ombre (θέατρο σκιών) è ripartito alla grande; infatti una nuova generazione di “performers” sta rilanciando questo spettacolo, cercando di rivitalizzare e reinventare lo spirito di satira del “karaghiozis” e realizzando spettacoli in tutto il territorio ellenico. La rinascita del “karaghiozis” è avvenuta soprattutto dopo la grande crisi economica che ha colpito gravemente la Grecia alcuni anni fa, segnando un momento di riscatto e distrazione per la popolazione così duramente provata.
Fra i burattinai di oggi, che spesso hanno appreso il mestiere da antichi maestri, ricordiamo Athos Danellis, Ilias Karellas, Sokratis Kotsores, il teatro Athanasiou, Panos Kapetanidis, Alexandros Melissinos, Tasos Konstas, il regista Christos Kalpouzanis, ecc. In genere questi artisti si rivolgono agli studenti delle scuole, con l’intento lodevole di far conoscere questa antica tradizione, ma i loro spettacoli riscuotono molto successo presso ogni tipo di pubblico e in particolare attraggono i turisti.
Nella zona di Plaka, ad Atene, nella Odòs Tripodon, c’è un teatrino in piena attività; inoltre nel quartiere di Maroussi, sempre nella capitale greca, è situato il Museo Spathario del teatro delle ombre, creato da Evgenios Spatharis nel 1991.
Veramente dunque, come scrive Yorgos Bekiaris (insegnante, animatore e ricercatore del teatro delle ombre), “Al giorno d’oggi, nonostante il predominio dello spettacolo e dei media che prevalgono con il potere dell’immagine (televisione, cinema, giochi elettronici, ecc.), Karaghiozis occupa ancora un posto importante nel cuore dei suoi piccoli amici e regala loro una gioia speciale. Allo stesso tempo, il suono familiare di Karahgiozis risveglia con nostalgia i ricordi degli anziani che non perdono l’occasione di accompagnare con gioia i propri figli ad assistere alle sue esibizioni” (“Στις μέρες μας, παρά την κυριαρχία θεαμάτων και των μέσων που υπερισχύουν με τη δύναμη της εικόνας (τηλεόραση, κινηματογράφος, ηλεκτρονικά παιχνίδια κλπ.), ο Καραγκιόζης εξακολουθεί να έχει σημαντική θέση στις καρδιές των μικρών του φίλων και να τους δίνει ξεχωριστή χαρά. Παράλληλα ο γνώριμος ήχος του Καραγκιόζη ξυπνάει νοσταλγικά τις μνήμες των μεγαλύτερων που δε χάνουν την ευκαιρία να συνοδέψουν με χαρά τα παιδιά τους για να παρακολουθήσουν τις παραστάσεις του”).
Su YouTube si trovano numerosi esempi di “karaghiozis”: cfr. ad es. https://www.youtube.com/watch?v=nYUqTR-M5XU o anche https://www.youtube.com/watch?v=T6u0srstoQQ.
Nel sito del Teatro delle Ombre Athanasiou (con sede a Moschato, nella periferia meridionale di Atene) si trovano molti titoli di commedie con Karaghiozis: https://www.facebook.com/thiasos.athanasiou/?locale=el_GR.
Anche il teatro “Ombre e risate” (Σκιές και Γέλια), con sede sempre a Moschato, organizza frequenti spettacoli; ad es. il prossimo sabato 9 novembre alle 18 sarà rappresentato “Karaghiozis fornaio”, nell’adattamento di Michalis Theodoropoulos; il prezzo del biglietto è di 7 euro.