Alceo e la luce delle armi

Il fr. 140 Voigt di Alceo descrive minuziosamente le armi contenute in una grande sala (μέγας δόμος, v. 1); la rassegna si conclude con l’invito, rivolto agli ἐταῖροι, a ricordare tutto ciò nel momento imminente dell’azione militare.

Il componimento ci è arrivato nella citazione di Ateneo (XIV 627 a-b), il quale (con la solita superficialità critica) afferma che Alceo preferiva fare professione di valore piuttosto che di poesia, mostrandosi “combattivo” (πολεμικός) anche “più del dovuto”.

Ecco anzitutto il testo greco del frammento (nell’edizione di E. M. Voigt) seguito dalla traduzione di Andrea Simi; metricamente si hanno i cosiddetti “alcaici maggiori”.

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μαρμαίρει δὲ μέγας δόμος

χάλκῳ, παῖσα δ’Ἄρῃ κεκόσμηται στέγα

λάμπραισιν κυνίαισι, κὰτ

τᾶν λεῦκοι κατέπερθεν ἴππιοι λόφοι       5

νεύοισιν, κεφάλαισιν ἄν-

δρων ἀγάλματα· χάλκιαι δὲ πασ<σ>άλοις

κρύπτοισιν περικείμεναι

λάμπραι κνάμιδες, ἔρκος ἰσχύρω βέλεος,                   

θόρρακές τε νέω λίνω          10                  

κόϊλαί τε κὰτ ἄσπιδες βεβλήμεναι·

πὰρ δὲ Χαλκίδικαι σπάθαι,

πὰρ δὲ ζώματα πόλλα καὶ κυπάσσιδες.

Τῶν οὐκ ἔστι λάθεσθ’ἐπεὶ

δὲ πρώτιστ’ὐπὰ ἔργον ἔσταμεν τόδε.      15

Risplende la grande sala

di bronzo, tutto è adorno per Ares il soffitto

di elmi lucenti, dall’alto

bianchi cimieri di cavallo

ne ondeggiano, per le teste

degli uomini ornamento. E di bronzo con chiodi

nascosti a cingere

lucenti schinieri, riparo dalla dura freccia

e maglie di lino nuovo

e concavi scudi accatastati.

Accanto calcidesi spade,

accanto molti corpetti e tuniche.

Di questo non dobbiamo scordarci perché ora

ci siamo già messi in questa impresa.

Il componimento si presta a diverse opinioni critiche per l’ambivalenza del sostantivo δόμος (μέγας δόμος v. 2), che può essere inteso come:

  1. una grande sala d’armi (di Alceo o di qualche altro ἑταῖρος), ove l’eteria di Alceo avrebbe preparato un’azione militare, nel corso di una veglia d’armi o nella consueta occasione del simposio;
  2. un tempio di Ares adorno di trofei, cimeli, prede di guerra o ex-voto, ivi conservati da qualche γένος aristocratico; si tratterebbe dunque di una sorta di “museo delle armi” costituito in onore del dio della guerra, e ciò spiegherebbe la presenza di armi antiche, non più utilizzate ai tempi di Alceo, come ad es. quelle di bronzo.
  3. un ἡρῷον, un tempietto destinato al culto di un eroe della stirpe di Alceo, in cui le armi, che appaiono nuove e lucenti, potevano essere conservate in attesa di essere usate;
  4. la sala dei banchetti di una casa privata aristocratica con ornamenti militari appesi alle pareti (cfr. Erodoto I 34, che ne descrive una simile che si trovava nel palazzo di Creso, re di Lidia).

La seconda ipotesi è stata formulata dalla Bonanno (cfr. Alcaeus fr. 140 V., in “Philologus”, CXX, 1976, pp. 1-11). Secondo la studiosa le armi obsolete qui elencate non sarebbero destinate ad un concreto impiego militare, ma sarebbero utilizzate con valore “parenetico”, per esortare gli ἑταῖροι a rinnovare il tradizionale valore militare dei guerrieri delle generazioni precedenti.  

Comunque sia, dal frammento emergono chiaramente due aspetti fondamentali dell’ideologia alcaica: la “sacralità” della contesa politica ed il valore del “ricordo” nell’ambito del γένος aristocratico.

A livello stilistico, si nota l’uso della paratassi, che diventa sempre più incalzante, per cui si passa dagli iniziali segmenti più ampi a membri più brevi, a frasi nominali con anafora (cfr. πὰρ δὲ… πὰρ δέ, vv. 12-13).

La carrellata procede dall’alto verso il basso, dal soffitto al pavimento; l’elemento visivo, tipico di Alceo, è accentuato dalla ricca aggettivazione.

Ai vv. 14-15 si ha un brusco ritorno alla situazione contingente, con il riferimento ad un preciso (cfr. τόδε, in posizione enfatica a fine verso) ἔργον da compiere, probabilmente una delle solite imprese di guerra del poeta e dei suoi compagni. Nei versi finali dunque il momento descrittivo cede il passo ad un tono parenetico che ricorda le elegie di Tirteo: “Bisogna fare appello a tutto questo, ora che siamo in ballo” (v. 15).

È massiccia la ripresa di moduli omerici:

  • si allude esplicitamente, con precisi rimandi lessicali, alla “scena tipica” della “vestizione” degli eroi (cfr. ad es. le vestizioni di Paride e Patroclo nell’Iliade, III 330 ss. e XVI 131 ss.);
  • si utilizzano nessi formulari;
  • si insiste molto sul tema (omericissimo) della “luce” che promana dalle armi: la grande sala “risplende di bronzo” (μαρμαίρει… χάλκῳ, vv. 1-2), gli elmi sono “scintillanti” (λάμπραισιν κυνίαισι, v. 4), come anche gli schinieri (λάμπραι κνάμιδες, v. 9).

Tuttavia in Alceo scopo della lotta non è più il κλέος, la gloria o il ricordo dei posteri, bensì il successo concreto nella στάσις politica.

Di Mario Pintacuda

Nato a Genova il 2 marzo 1954. Ha frequentato il Liceo classico "Andrea D'Oria" e si è laureato in Lettere classiche con 110/110 e lode all'Università di Genova. Ha insegnato nei Licei dal 1979 al 2019. Ha pubblicato numerosi testi scolastici, adottati in tutto il territorio nazionale; svolge attività critica e saggistica. E' sposato con Silvana Ponte e ha un figlio, Andrea, nato a Palermo nel 2005.

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