Cilissa, la vera “madre” (Eschilo, “Coefore” vv. 734-782)

Nel II episodio delle Coefore di Eschilo la scena si sposta al palazzo degli Atrìdi: Oreste si presenta alla madre Clitemestra fingendosi un forestiero della Focide, incaricato di comunicarle la notizia della morte del figlio. La reazione della regina è, solo apparentemente, di disperazione; la donna accoglie Oreste e Pilade nella reggia, annunciando l’intenzione di informare il suo amante Egisto della triste novità.

A questo punto sopraggiunge, in lacrime, Cilissa, la nutrice di Oreste; la regina, su richiesta dei due stranieri, l’ha inviata a chiamare Egisto. Il nome della nutrice compare al v. 732 nelle parole del coro (“Stai uscendo di palazzo per andar dove, Cilissa?”, trad. Albini); tale nome dipende forse dall’origine cilicia del personaggio, dato che spesso i nomi degli schiavi derivavano dalla loro etnia.

La nutrice è scandalizzata per il comportamento di Clitemestra, poiché “davanti ai servi mostrava un viso triste, ma i suoi occhi ridevano di gioia”; le cose sono andate bene per lei, ma per la casa si tratta ormai dell’estrema rovina.

Cilissa ricorda il suo Oreste, che era l’amore della sua vita: ella l’aveva ricevuto da sua madre appena partorito e l’aveva allevato, badando a lui giorno e notte con fatica, provvedendo anche ai suoi più “spiacevoli” bisogni corporali e facendogli dunque da nutrice e da lavandaia. Ora ella si rammarica di dover portare la notizia della morte di Oreste ad Egisto, che certo se ne compiacerà grandemente.

Le donne, apprendendo che la regina vuole che Egisto venga con un seguito di armati, consigliano alla fedele nutrice di non dire questo all’usurpatore, ma di invitarlo invece a venire da solo, “per ascoltare notizie rassicuranti”. Di fronte alla meraviglia di Nutrice, il coro esprime la sua fiducia in Zeus, facendo intuire alla donna che non tutte le speranze sono perdute; la nutrice si allontana promettendo di seguire i consigli ricevuti.

La scena di Cilissa non costituisce affatto una sorta di intervallo, una pausa “semicomica”.

La nutrice, anzitutto, non è affatto un “tipo” fisso privo di caratterizzazione: dimostra anzi di possedere un animo spontaneo e sincero, radicalmente opposto all’indole contorta e falsa di Clitemestra; le sue lacrime (cfr. κεκλαυμένην, v. 731) per la presunta morte di Oreste sono abbondanti e sincere.

Il personaggio della nutrice di Oreste compariva già in Stesicoro, col nome di Laodamia (fr. 218 PMG); Pindaro inoltre nella Pitica XI (vv. 16 ss.) la ricordava col nome di Autonoe e narrava che costei aveva salvato Oreste bambino e l’aveva inviato presso Strofio; Eschilo ha utilizzato il nome di una normale schiava dei suoi tempi, chiamata “Nutrice” perché proveniente dalla Cilicia.

Per quanto concerne in generale la figura della nutrice, il precedente più insigne è ovviamente l’Euriclea dell’Odissea, con la differenza (non di poco conto) che Nutrice non ha riconosciuto nello straniero il bambino che aveva allattato; anche in Omero, peraltro, Euriclea forniva la sua complicità ad Odisseo, tenendo chiusa dall’esterno la porta della sala e impedendo a chiunque di entrare.

Cilissa poi appare connotata in modo decisamente prosaico e realistico, esprimendosi in un registro “parlato”, caratterizzato da anacoluti, errori sintattici, cambi di costrutto, e dall’uso di termini “quotidiani” e popolareschi, inconsueti per il teatro tragico, soprattutto quando rievoca la sua attività di balia del piccolo Oreste: “Un bimbo piccolo, ancora in fasce, non parla: se ha fame, se ha sete, se gli scappa pipì. Il suo pancino fa tutto da sé. Io ci indovinavo abbastanza, ma spesso ero presa alla sprovvista e allora dovevo pulirgli le fasce, fargli da nutrice e da lavandaia” (vv. 755-760).

La funzione del personaggio della nutrice appare chiara: “Alla madre di sangue, che è di fatto matrigna, si contrappone senza pietà quella adottiva, una balia, e si comporta come avesse generato lei Oreste e non perdona la donna che ha rinunziato al ruolo che le spettava per natura… Cilissa recide ogni legame tra Clitemestra e Oreste in fasce: nega che Clitemestra lo abbia allattato… Il sogno [di Clitemestra] ha così un ulteriore chiarimento. Clitemestra ha rifiutato al figlio il seno; a causa di questa autofrustrazione ha l’incubo del serpente che le succhia la mammella” (U. Albini, Compattezza nelle Coefore, “Dioniso” XLVIII, 1977, pp. 75-84, negli Atti del VI Congresso internazionale di studi sul dramma antico).

Ora, se Clitemestra non è stata per Oreste una vera madre degna di questo nome, l’orrore del matricidio ormai imminente ne risulta attenuato, mentre Clitemestra viene ormai condannata senza appello, dato che il suo maggiore peccato non è più quello di avere ucciso il marito bensì l’avere abbandonato e delegato ad altri, sin dalla nascita, il suo ruolo di madre.

Si può inoltre rilevare che Cilissa è l’unica persona che dimostra un amore assoluto e disinteressato per Oreste: a parte, ovviamente, la madre snaturata Clitemestra, il coro è troppo preso dal suo odio per gli usurpatori e la stessa Elettra pensa soprattutto ad Oreste come ad un liberatore e ad un vendicatore.

Ma Cilissa ha anche un’altra funzione, giacché il coro (con un insolito intervento nell’azione) la convince ad invitare Egisto a venire da solo, senza scorta; questo elemento risulterà decisivo, favorendo l’azione di Oreste; inoltre, si nota una nuova sconfitta di Clitemestra, la quale ancora una volta (come nel caso delle libagioni sulla tomba di Agamennone) vedrà fallire una sua iniziativa, che anzi sortirà l’effetto esattamente opposto a quello sperato.

Ecco il passo nella traduzione di Umberto Albini.

NUTRICE

Gli stranieri vogliono che Egisto vada subito da loro, perché, di persona, faccia a faccia, possa meglio apprendere le recenti notizie: e da lui mi manda la regina. Davanti ai servi mostrava un viso triste, ma i suoi occhi ridevano di gioia. Le cose si sono messe bene per lei, mentre per questa reggia le informazioni sin troppo chiare recate dagli stranieri suonano rovina. E anche Egisto si rallegrerà a sentirle, a ascoltare il racconto. Povera me! Quanto mi hanno straziato il cuore gli antichi, intollerabili dolori che sono piovuti sulla casa di Atreo: ma non avevo mai provato un’angoscia simile. Le altre sciagure ero riuscita a sopportarle, sia pure a fatica. Ma il mio Oreste, che era la mia vita, che ricevetti da sua madre appena partorito e che allevai! E i suoi strilli acuti di notte mi facevano balzare dal letto…: quante ansie e fatiche, quanti patimenti finiti nel nulla. Un bimbo che ancora non capisce bisogna tirarlo su come un cucciolotto (non vi pare?), adattarsi alle sue esigenze. Perché un bimbo piccolo, ancora in fasce, non parla: se ha fame, se ha sete, se gli scappa pipì. Il suo pancino fa tutto da sé. Io ci indovinavo abbastanza, ma spesso ero presa alla sprovvista e allora dovevo pulirgli le fasce, fargli da nutrice e da lavandaia. Un doppio servizio, a cui mi assegnò suo padre affidandomi Oreste. E adesso vengo a sapere che è morto. Vado da quell’uomo, dal flagello della reggia: sarà ben lieto della notizia.

CORO Ma la regina in che forma vuole che Egisto si presenti?

NUTRICE Come? Spiegati meglio, fatti capire.

CORO Con le guardie del corpo o da solo?

NUTRICE Vuole che lo accompagni una scorta armata.

CORO E tu non dirlo al padrone da te tanto odiato. Invitalo con viso lieto a venire qui, subito, da solo, per ascoltare notizie rassicuranti. Un buon messaggero raddrizza un messaggio storto.

NUTRICE Ma sei davvero contenta per le notizie che abbiamo ricevuto?

CORO Zeus dovrà pure, una buona volta, invertire il corso dei mali.

NUTRICE Impossibile! Con Oreste se ne è andata la speranza della casa.

CORO Non ancora. Solo un cattivo profeta lo crederebbe.

NUTRICE Che cosa dici? Disponi di informazioni che io non ho?

CORO Va’ a riferire il messaggio, fa’ quello che ti è stato ordinato. Sta agli dèi preoccuparsi di ciò che loro preme.

NUTRICE Vado, seguirò i tuoi consigli. E che tutto proceda per il meglio, con l’aiuto del cielo.

Di Mario Pintacuda

Nato a Genova il 2 marzo 1954. Ha frequentato il Liceo classico "Andrea D'Oria" e si è laureato in Lettere classiche con 110/110 e lode all'Università di Genova. Ha insegnato nei Licei dal 1979 al 2019. Ha pubblicato numerosi testi scolastici, adottati in tutto il territorio nazionale; svolge attività critica e saggistica. E' sposato con Silvana Ponte e ha un figlio, Andrea, nato a Palermo nel 2005.

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