Tempi duri per i pescatori

Una volta i pescatori, specialmente sotto il cielo stellato di Posillipo, avevano tempo di ascoltare le canzoni degli innamorati: «Piscatore ‘e ‘stu mare ‘e Pusilleco / ch’ogne notte mme siente ‘e cantà. / Piscató, ‘sti pparole so’ lacreme / pe Maria ca luntana mme sta» (versi struggenti del grande Ernesto Murolo, nei quali un innamorato piange il suo amore lontano e ad ascoltarlo è soltanto un pescatore, nell’incantevole scenario della costa napoletana).

Certo, la vita dei pescatori è stata sempre difficile e dura: basterebbe ricordare la verghiana famiglia Malavoglia, con la sua barca che di provvidenziale aveva solo il nome. Ma ieri ben due notizie hanno dimostrato, se ce ne fosse ancora bisogno, che al giorno d’oggi la vita dei pescatori è pericolosa quanto mai prima.

1) Ieri circa 50 pescherecci francesi, che dalla mattina stazionavano nelle acque dell’isola britannica di Jersey (a soli 20 km dalla costa della Normandia) per protesta contro le condizioni imposte nel dopo-Brexit alla pesca francese, hanno infine abbandonato le acque della Manica.

Nelle ore precedenti c’era stata una pericolosa escalation tra Regno Unito e Francia sulla pesca nel canale ed erano arrivate in zona, addirittura, due navi da guerra britanniche; il premier Boris Johnson le aveva inviate (come “misura precauzionale”) a pattugliare l’area di fronte a Jersey, dipendenza della Corona di Londra nel Canale, per scoraggiare il tentativo di blocco da parte dei pescherecci francesi. Per non essere da meno, i Francesi avevano mandato due delle loro navi militari.

Ma tutto questo perché? Colpa delle regole post-Brexit, che prevedono che i pescatori europei abbiano accesso alle acque britanniche solo dopo aver ottenuto una licenza di pesca inglese. Da tempo, però, i pescatori francesi denunciano da parte britannica lentezze amministrative nel concedere l’autorizzazione (tutto il mondo è paese, specie quando una cosa non conviene).

Inoltre il 30 aprile le autorità inglesi hanno inviato alla Commissione europea nuove condizioni per la pesca nelle acque intorno a Jersey, giudicate dai Francesi “discriminanti ai danni dei pescatori europei”. In particolare le imbarcazioni europee, per ottenere la licenza, devono poter dimostrare alle autorità britanniche che già pescavano in quella zona nel periodo tra il 2012 e il 2016; cosa non difficile per le grandi navi dotate di sistemi di monitoraggio, ma impossibile per pescherecci di piccole dimensioni.

Risultato: i pescatori francesi hanno protestato lanciando fumogeni e cantando cori contro gli inglesi, mentre la ministra del Mare Annick Girardin (i Francesi hanno un ministero del mare, noi siccome siamo una penisola con due isole no) ha chiesto a Londra di revocare le restrizioni e Bruxelles ha invitato “alla moderazione e alla calma”.

Come si è detto, la situazione pare per ora rientrata: la tensione tra Francia e Gran Bretagna è calata, Londra ha richiamato le sue due navi da pattugliamento e i pescatori francesi, posati i fumogeni, sono tornati a prendere le lenze e le reti. Per ora.

2) Il secondo episodio riguarda i pescatori siciliani di Mazara del Vallo; e purtroppo non è una novità.

A pochi mesi di distanza dall’ultimo sequestro di pescatori italiani in Libia, che si concluse nel dicembre scorso (con tanto di spedizione pseudo-trionfale dell’ex premier Conte e del ministro Di Maio presso Haftar a Bengasi in Libia), ieri la nostra Marina militare ha dovuto respingere un nuovo tentativo di abbordaggio da parte di un’unità delle forze militari… di chi? Dello stesso generale Haftar.

Ieri infatti otto pescherecci di Mazara del Vallo sono stati mitragliati dai libici: un militare di Haftar è salito su una delle barche siciliane, danneggiandone il radar di bordo. Il comandante Giuseppe Giacalone è stato ferito a un braccio e alla testa dai vetri del parabrezza esplosi per i proiettili.

Un altro Giacalone, Luciano, armatore di uno dei pescherecci, ha dichiarato: «Abbiamo avuto paura che finisse male e nonostante l’intervento della nostra unità militare siamo stati costretti ad allontanarci dall’area internazionale in cui stavamo pescando».

La vicenda rientra nella cosiddetta “Guerra del pesce”, per cui rischiano il sequestro i pescherecci siciliani impegnati nelle acque antistanti le coste libiche; queste acque appartengono a un’area tutelata dalla comunità internazionale entro le 12 miglia, ma rivendicata da Tripoli fino a 62 miglia (e non si capisce perché nessun accordo internazionale riesca a mettere fine a questo paradosso).

L’ultimo grave episodio risaliva agli ultimi mesi dello scorso anno, quando, dopo il sequestro di due pescherecci siciliani, le autorità militari di Haftar trattennero 18 pescatori in Libia per 108 giorni, fino al rilascio avvenuto in seguito alla già ricordata visita istituzionale di Conte e Di Maio.

Tornando al grave episodio di ieri, va detto che il rischio per la sicurezza dei pescherecci siciliani era stato sollevato alcune settimane fa dall’unità di crisi del ministero degli Esteri; il capo dell’ufficio aveva inviato al sindaco di Mazara, Salvatore Quinci, una lettera (spero fosse una mail) che sembrava prevedere l’incidente poi verificatosi ieri: infatti definiva l’attività dei nostri pescherecci “altamente pericolosa e suscettibile di comportare conseguenze gravi non solo per le imbarcazioni, ma anche per gli equipaggi”, poiché i pescatori siciliani si erano inoltrati in una “zona ad alto rischio”.

Il sindaco di Mazara ha dichiarato a questo punto: “La vicenda diventa inquietante; lo Stato deve essere più esplicito con i nostri pescatori. Possiamo andare a pescare in quell’area o no?”.

Sì, vabbè: pretendere chiarezza, fermezza e coerenza dai nostri rappresentanti politici non è cosa semplice; i “delicati equilibri internazionali” (vedi casi insoluti di Giulio Regeni e Patrick Zaki) impongono altrettanti delicati “equilibrismi”: prudenza, moderazione, forse anche una buona dose di ipocrisia.

Il bello è che il tentato sequestro degli otto pescherecci, a circa 40 miglia dalle coste di Bengasi, è avvenuto in concomitanza con il G7 di Londra, in cui il ministro degli Esteri, Luigi di Maio, introducendo i dossier sulla Libia e la Siria, ha dichiarato: “L’Italia incassa una collaborazione sul tema libico dei flussi migratori che ci permetterà di gestire un fenomeno epocale con i nostri principali alleati”. Quindi, accordo sui “flussi migratori”; i pescatori siciliani, invece, si forniscano di giubbotti antiproiettile.

Pescatore, pescatore di Posillipo, o di Mazara, o di Normandia, non è già abbastanza difficile e sacrificata la tua vita?

Non hai già da affrontare stenti, sacrifici, pericoli?

Ci volevano pure le beghe e i compromessi internazionali a complicare la tua esistenza.

Magari potessi tornare a “Pusìlleco”, a sentire il canto degli innamorati (“Piscato, sti pparole so’ lacreme / pe’ Maria ca luntana mme sta!”). Ma la tua famiglia sa bene che per le canzoni d’amore, purtroppo, non c’è mai tempo.

Di Mario Pintacuda

Nato a Genova il 2 marzo 1954. Ha frequentato il Liceo classico "Andrea D'Oria" e si è laureato in Lettere classiche con 110/110 e lode all'Università di Genova. Ha insegnato nei Licei dal 1979 al 2019. Ha pubblicato numerosi testi scolastici, adottati in tutto il territorio nazionale; svolge attività critica e saggistica. E' sposato con Silvana Ponte e ha un figlio, Andrea, nato a Palermo nel 2005.

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