Si legge oggi sul sito del “Corriere della Sera”:
«Il ciclone Berlusconi che si è abbattuto ieri sulla maggioranza ha fatto infuriare Giorgia Meloni. “Siamo tutti senza parole…”, allargano le braccia i fedelissimi: “Giorgia deve lottare contro tutto”. Divisi tra chi pensa che ci sia qualcosa sotto nel dipanarsi impazzito della giornata di ieri e chi invece che il Cavaliere parli ormai “in libertà”, abbia come “perso i freni inibitori” e dica “tutto quello che gli passa per la testa”. Lei, che già aveva faticato a chiudere l’incidente del non voto a La Russa e il foglietto del Cavaliere, è sicuramente tra i sospettosi: in Forza Italia, è il suo timore, c’è chi vuole “rendermi la vita difficile”. Magari non con un sabotaggio studiato nei particolari, ma con un clima fatto di parole e azioni per rendere il cammino del suo governo più accidentato. O almeno per limitarne una leadership che Berlusconi continua a far fatica a riconoscerle».
Infatti, come è noto, ieri un Berlusconi a briglie sciolte da un lato ha proclamato di aver “riallacciato i rapporti” con il caro amico Putin, dall’altro si è detto sicuro della nomina della sua fedelissima Maria Elisabetta Casellati al Ministero della Giustizia (“Meloni ha detto di sì”, dichiara). Peccato che la premier “in pectore” lo smentisca anche su questo, confermando la preferenza per Carlo Nordio.
A questo punto il colloquio dell’altro ieri in via della Scrofa (“nomina sunt omina”), la Canossa di Berlusconi, mi ricorda il “cuntu d’i sette surdi” (il racconto dei sette sordi) di cui sentivo parlare da bambino a Bagheria e che più o meno era sintetizzabile in questo dialogo fra (solo due) sordi:
“Ciao, sei andato al mare?”
“No, sono andato al mare”.
“Ah, mi pareva che fossi andato al mare”.
In sintesi, come si dice qui a Palermo, per il nuovo governo “di alto profilo” siamo proprio a mare.