Un epigramma sepolcrale di Callimaco

Il lapidario epigramma di Callimaco A.P. VII 453 mostra in tutta la sua tragicità la costernazione di un padre, Filippo, che ha perso il figlio di dodici anni, Nicotele:

Eccone il testo con una mia traduzione:

Δωδεκέτη τὸν παῖδα πατὴρ ἀπέθηκε Φίλιππος

ἐνθάδε, τὴν πολλὴν ἐλπίδα, Νικοτέλην.

Aveva dodici anni suo figlio. Suo padre Filippo lo seppellì

qui. Era tutta la sua speranza, Nicotele”.

La collocazione iniziale dell’aggettivo δωδεκέτη “dodicenne” esprime drammaticamente la crudeltà di questa morte prematura; l’accostamento allitterante παῖδα πατήρ potenzia il vincolo affettivo fra il padre disperato e il figlio perduto; l’avverbio ἐνθάδε “qui”, in enjambement, presenta l’immagine atroce del sepolcro, ove è stata seppellita la “grande speranza” del padre.

In questo componimento, Callimaco mostra una sensibilità ed una potente espressività che fanno giustizia di tutte le frettolose asserzioni sulla sua “freddezza” e sulla sua imperturbabile oggettività; e la potenza icastica di quell’ἀπέθηκε (“ha sepolto”) costituisce il centro ideale del distico, esprimendo molto più del semplice valore semantico del verbo: con il figlio, Filippo ha “sepolto” tutta la sua vita.

Di Mario Pintacuda

Nato a Genova il 2 marzo 1954. Ha frequentato il Liceo classico "Andrea D'Oria" e si è laureato in Lettere classiche con 110/110 e lode all'Università di Genova. Ha insegnato nei Licei dal 1979 al 2019. Ha pubblicato numerosi testi scolastici, adottati in tutto il territorio nazionale; svolge attività critica e saggistica. E' sposato con Silvana Ponte e ha un figlio, Andrea, nato a Palermo nel 2005.

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