Ricordo di Wally

Tempo fa il mio carissimo amico genovese Paolo, amicissimo degli animali e dei cani in particolare (ne ha una, Nina, anzianotta ma simpaticissima), mi ha mandato questa storiellina, facilmente reperibile su Internet:

«Un uomo scrisse ad un albergo di campagna in Irlanda per chiedere se avrebbero accettato il suo cane. Ecco la risposta: “Caro signore, lavoro negli alberghi da più di trent’anni. Fino ad oggi non ho mai dovuto chiamare la polizia per cacciare un cane ubriaco nel cuore della notte. Nessun cane ha mai tentato di rifilarmi un assegno a vuoto. Mai un cane ha bruciato le coperte fumando. Non ho mai trovato un asciugamano dell’albergo nella valigia di un cane. Il suo cane è benvenuto. Se lui garantisce, può venire anche lei”».

L’amico dell’uomo, indubbiamente, ha queste e altre qualità; la sua mente è pura, semplice e priva di inganni, geneticamente estranei alla sua natura. I cosiddetti esseri umani al confronto sono molto peggio: rancorosi, diffidenti, malevoli, insidiosi, falsi; e chi più ne ha più ne umanizzi.

Io nella mia vita ho avuto un solo cane, anzi una cagna, un bastardino di mastino napoletano che mio padre, insigne musicologo, aveva battezzato “Wally” (pronuncia francese “Vallì) dal titolo di un’opera lirica omonima di Alfredo Catalani (1892).

Quando, alla fine degli anni Sessanta, fu costruita la palazzina nella circonvallazione di Bagheria che sarebbe diventata in seguito la nostra abitazione, gli zii che andarono ad abitarvi per primi sentirono la mancanza di un cane da guardia; c’era infatti un giardino tutto intorno all’edificio e a quei tempi la strada era molto solitaria (basti dire che la nostra, quella di mio cugino Pietro Maggiore e quella del dott. Martorana furono le prime tre palazzine di questa strada, chiamata poi “Via Papa Giovanni XXIII” per un’imperiosa decisione di Pietro, che un giorno scrisse a mano e piantò un segnale stradale con questo nome, precedendo, scavalcando e ispirando il Comune di Bagheria).

Il cane da guardia fu fornito da Pietro allorché il suo terribile mastino Taba generò quattro cuccioli, i primi tre dei quali furono icasticamente chiamati Ricky, Ula e Dean; la quarta cucciola fu regalata agli zii e arrivò piccolissima nel nostro giardino nell’estate del 1968.

Io avevo allora 14 anni, non avevo mai avuto un cane (né mai più ne ho avuti in seguito); e quando venimmo in Sicilia da Genova per le vacanze estive fui perplesso, incuriosito e poi affascinato dalla simpaticissima cucciola, che scorrazzava felice per il giardino giocando con i gatti che a loro volta costituivano il piccolo zoo di casa.

In quei due mesi di ferie ebbi modo di divertirmi molto con Wally, che si era affezionata tantissimo a noi, altrettanto affettuosamente ricambiata; mio padre aveva preso l’abitudine di accarezzarla nella pancia facendola mettere con le zampette all’aria: e questa azione faceva andare la cagnetta in brodo di giuggiole.

Finite le vacanze, tornammo a Genova; e per diversi mesi ci giungevano per lettera dagli zii le notizie puntuali sulla crescita di Wally ed eravamo sempre più ansiosi di rivederla.

A Natale, finalmente, tornammo in Sicilia: arrivammo a Palermo la notte fra domenica 22 e lunedì 23 dicembre, con il Treno del Sole che portò sei ore e mezza di ritardo; i parenti, che c’erano venuti a prendere e che ci avevano atteso per tutto quel tempo (all’epoca era impossibile dare e ricevere notizie sui treni in viaggio), ci condussero a Bagheria, dove arrivammo alle tre di notte.

Subito, appena scesi dalla macchina, ci venne addosso un enorme cane che dapprima ci fece paura, abbaiando di un’abbaiata che solo la conoscenza della lingua canina poteva far interpretare come gioiosa: era Wally, diventata un imponente mastino adulto. Rendendosi conto di averci spaventati, l’intelligentissima nostra amica si mise a pancia all’aria agitando le zampe, implorando da mio padre le carezze di una volta. E noi, stanchi da trenta ore di viaggio, digiuni e assonnati, scoppiammo tutti a ridere vedendo papà che accarezzava la pancia di Wally come faceva in estate.

Wally visse poco più di sei anni. Morì assassinata dal comune di Bagheria, che dissennatamente lanciò del medicinale contro i topi per le strade: Wally lo mangiò e morì. Oggi ci sarebbero stati gli estremi per una denuncia, ma allora i tempi erano diversi.

Natale 1968: io, mio zio Masino e Wally; sullo sfondo la gloriosa 600 “Menichella”
Circonvallazione di Bagheria – Natale 1968 – Io portato a spasso da Wally
Mio padre e Wally

P.S. 1 – CONSIDERAZIONI CANINO-UMANE

Stamattina sono sceso a comprare il giornale. Ho visto in pochi minuti diversi cani portati a spasso dai loro proprietari, diligentemente forniti di kit di pulizia (in questo i progressi negli ultimi anni sono innegabili, anche se non mancano purtroppo le eccezioni negative).

La popolazione canina è aumentata esponenzialmente nel nuovo secolo e sicuramente non ne mancano le motivazioni: al bisogno di affetto e di compagnia e alla maggiore sensibilità per gli animali, si è aggiunta forse una “moda”, una spinta emulativa che ha diffuso sempre più il bisogno di “tenere un cane”. Ne nascono relazioni affettive profonde; e profondo e inconsolabile è il dolore quando un amico a quattro zampe viene a mancare, tanto da costituire una vera ferita difficilmente comprensibile da chi non ha mai avuto un’esperienza simile.

Potrei aggiungere un’altra considerazione, che mi è sorta spontanea stamattina, vedendo un uomo e una donna sulla quarantina, entrambi a spasso con i loro cani. Mentre i due animali, di sesso diverso, procedevano a reciproche esplorazioni pubico-olfattive, ho sentito al volo, passando, che le due persone si stavano chiedendo notizie delle loro bestiole (quanti anni ha, che fa, come si comporta, che mangia, ecc.); e si sorridevano reciprocamente con una crescente simpatia.

Che i cani abbiano anche questa meritoria funzione sociale, cioè quella di essere galeotti di incontri fortunati, veicolo di conversazione e confronto, occasione di attaccare bottoni utili per il futuro? Se così fosse, meriterebbero un ulteriore plauso, in un’epoca in cui invece l’aggressione reciproca, la diffidenza, l’astio e l’asocialità dilagano sempre più.

P.S. 2 – LA “VERGINE CUCCIA”

Certo, ne è passato di tempo da quando Giuseppe Parini ironizzò sulla “vergine cuccia de le Grazie alunna” che, “giovanilmente vezzeggiando”, aveva mozzicato il “piede villan” di un servo, venendone poi presa a calci, salvo ad ottenere poi piena vendetta sull’ “empio servo”, cui il “merito quadrilustre” e lo “zelo d’arcani uffici” non evitarono un licenziamento in tronco per colpa del suo “misfatto atroce”.

A quei tempi l’ironia pariniana intendeva affermare che un cane non dovrebbe essere considerato meglio di un uomo, con particolare riferimento a una classe nobiliare che preferiva una bizzosa cagnetta a un fedele servitore; ma oggi sui social e sui media sarebbe prevedibile un coro unanime di insulti al “villano” che, anche se morso, osasse dare calci a un cane. E anche oggi la cagnetta di turno, “idol placato / da le vittime umane”, sarebbe orgogliosa di questo (“isti superba”).

Abbiamo “canizzato” sempre più il nostro mondo; e va benissimo, perché – come si è detto – i cani ci danno, oltre all’affetto e alla compagnia, un esempio di comportamento che dovrebbe fare riflettere; dovremmo solo badare, tutti, a non “disumanizzarci” troppo e a mantenere nei confronti dei nostri simili il rispetto e la disponibilità che meritano.

Anche in questo, prendiamo esempio dai cani!

Di Mario Pintacuda

Nato a Genova il 2 marzo 1954. Ha frequentato il Liceo classico "Andrea D'Oria" e si è laureato in Lettere classiche con 110/110 e lode all'Università di Genova. Ha insegnato nei Licei dal 1979 al 2019. Ha pubblicato numerosi testi scolastici, adottati in tutto il territorio nazionale; svolge attività critica e saggistica. E' sposato con Silvana Ponte e ha un figlio, Andrea, nato a Palermo nel 2005.

1 commento

  1. Durante le mie passeggiate, sento più spesso dire “megghiu i cani ca i cristiani”. Questo sentire cela una certa sfiducia nei confronti del genere umano che dovrebbe farci riflettere tutti.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *