Una visita al Parlamento europeo

Giovedì 10 agosto, in una Strasburgo piena di sole, ho avuto modo di visitare il Parlamento europeo.

Alla fine della Seconda Guerra mondiale, Strasburgo è stata scelta come capitale europea per la sua posizione storicamente importante, nella regione dell’Alsazia, che fu a lungo contesa fra Francia e Germania e subì, in particolare nel periodo nazista, pesantissime repressioni culturali e razziali. Questa località di “frontiera” serve a indicare metaforicamente la caduta di ogni barriera fra l’Europa e l’Europa e, più in generale, fra i cittadini di tutti i Paesi.

Strasburgo è una delle poche città del mondo (come New-York e Ginevra) ad accogliere la sede di un’istituzione internazionale senza essere capitale di uno Stato. Mentre a Bruxelles si trova la sede della Commissione e del Consiglio europeo, nella città alsaziana si trova la sede ufficiale del Parlamento europeo, che rappresenta circa 450 milioni di cittadini europei ed è composto da 705 deputati eletti per 5 anni, risultando così la maggiore assemblea parlamentare del mondo eletta a suffragio universale diretto.

Gli eurodeputati si riuniscono in un edificio inaugurato nel 1999, che porta il nome di Luise Weiss, giornalista, politica e scrittrice francese che lottò attivamente per il diritto di voto alle donne, diventando nel 1979 la decana del Parlamento europeo.

Il “Parlamentarium” (spazio educativo interattivo nell’edificio Louise Weiss) è intitolato a un’altra donna, Simone Veil, che fu il primo Presidente del Parlamento (da quando fu eletto a suffragio diretto), nonché la prima donna a ricoprire tale carica; poiché Veil era sopravvissuta all’Olocausto, il suo mandato presidenziale (dal 1979 al 1982) ebbe un valore altamente simbolico, dimostrando un forte desiderio di riconciliazione e un concreto impegno per la parità di genere e i diritti umani.

Il Parlamento europeo è facilmente raggiungibile su comodissimi moderni tram (linea E, direzione L’Escale) che vi giungono dal centro di Strasburgo in pochi minuti; a piedi la distanza dal centro è di circa 40’.

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Il palazzo presenta un’immensa facciata vetrata di 13.000 m², che si specchia splendidamente nell’acqua del vicino fiume ed è simbolo della trasparenza democratica dell’Unione europea. La torre ellittica e scavata, lunga 60 metri, è inclinata verso la cattedrale di Notre-Dame che si trova al centro della città.

L’edificio (ultimato nel 1999 e costruito in metallo, vetro, legno e gres) è strutturato intorno a tre strade interne, la principale delle quali è stata allestita come un giardino d’inverno con una foresta di filodendri. Ha una superficie totale di 220.000 m² e comprende un emiciclo con oltre 750 posti a sedere, il più grande d’Europa, 1.133 uffici e 18 sale di commissioni frequentate dai deputati europei, eletti dagli Stati membri dell’Unione Europea.

La visita al Parlamento europeo è gratuita, come è giusto che sia per i cittadini della comunità e per tutti i visitatori extraeuropei, trattandosi di un luogo nato per testimoniare e rafforzare le istituzioni democratiche. L’unica cosa che viene richiesta all’ingresso è un documento di identità valido.

Dopo accurati controlli di sicurezza, si entra in un enorme cortile interno; da qui ha inizio la visita.

Noi, che non avevamo alcuna prenotazione (c’era stato detto che non serviva se non si è in un gruppo), siamo comunque riusciti a “intrufolarci” (benevolmente accolti) in un gruppo di giovani visitatori di lingua inglese, fruendo così delle spiegazioni di una ragazza competente e gentilissima, che ci ha accompagnato nel tour di circa un’ora.

Nella grande “hall” interna i visitatori sono accolti dall’esposizione delle bandiere di tutti gli Stati membri, disposte da sinistra a destra in ordine alfabetico secondo la lingua dei vari Paesi (ad es. la D per la Germania, la E per la Spagna, ecc.); il nostro tricolore, dunque, si trova più o meno al centro.

Il momento più emozionante è la visita dell’enorme emiciclo, che oggi ospita 705 deputati suddivisi in 8 gruppi politici; i rappresentanti del nostro Paese sono 76.

Lo spazio, molto sobrio nonostante le grandi dimensioni, è progettato in modo interattivo, con un monitor a 360° e tavoli a schermo tattile che aiutano a comprendere il ruolo del Parlamento; si possono visualizzare i “curricula” di tutti gli europarlamentari (mi ha colpito la giovane età di moltissimi di loro).

In questa sede si svolgono 12 sessioni plenarie di 4 giorni ciascuna (dal lunedì al giovedì), in base a un calendario annuale: i lavori cominciano alle 9 del mattino e gli interventi spesso si protraggono fino a tarda sera. Quando non sono in riunione plenaria, gli eurodeputati lavorano nelle 20 commissioni permanenti, preparando i dossier e le misure legislative su cui poi l’assemblea plenaria discute e vota.

Le sedute plenarie sono liberamente fruibili dai visitatori: se si càpita nei giorni di riunione (ma purtroppo venerdì scorso non era giorno di lavori) si ha un’opportunità unica per ascoltare i dibattiti dei nostri rappresentanti e dei leader europei: pensavo che probabilmente, vedendo che cosa realmente fanno e di che cosa discutono le persone che eleggiamo, le nostre convinzioni politiche potrebbero poggiare su basi più consapevoli…

Si esce dalla visita con la sensazione positiva di aver visto che cosa significa, o dovrebbe significare, la parola “democrazia”: rispetto, tolleranza, apertura alla diversità, parità di genere, pari opportunità, in una parola “civiltà”.

Che poi esistano dei MEPs (Members of the European Parliament) che non siano le persone giuste al posto giusto, fa parte del gioco democratico; ma spetta ai cittadini il compito (non facile) di votare con criterio e con coscienza per fare le scelte più giuste e opportune, basate anche su una doverosa informazione e sul rifiuto di ogni pressappochismo.

Inutile dire che la scelta del partito che ha la maggioranza relativa nel nostro Paese, vale a dire il PAI (Partito Astensionisti Italiani), è la peggiore possibile; anzi, molti fautori dell’astensionismo dovrebbero venire qui per rivedere la loro posizione masochisticamente scettica e per tornare ad essere veramente “cittadini” europei.

Di Mario Pintacuda

Nato a Genova il 2 marzo 1954. Ha frequentato il Liceo classico "Andrea D'Oria" e si è laureato in Lettere classiche con 110/110 e lode all'Università di Genova. Ha insegnato nei Licei dal 1979 al 2019. Ha pubblicato numerosi testi scolastici, adottati in tutto il territorio nazionale; svolge attività critica e saggistica. E' sposato con Silvana Ponte e ha un figlio, Andrea, nato a Palermo nel 2005.

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