Sanremo 1964

In occasione dell’imminente inizio del 74° festival di Sanremo, propongo una serie di “graffiti” relativi all’edizione del 1964, che fu vinta da Gigliola Cinquetti con “Non ho l’età”. Anche se rimaniamo su argomenti “leggeri” (“paulo minora canamus”…), come si vedrà si potrà cogliere qualche considerazione anche di carattere “storico”, che forse può essere utile condividere; metto a frutto, anche in questa occasione, il mio immenso archivio di quotidiani e riviste d’epoca.

Sessant’anni fa, nel 1964, il 14° Festival di Sanremo durò solo tre giorni, da giovedì 30 gennaio a sabato 1° febbraio.

Il presentatore era Mike Bongiorno, affiancato dall’attrice Giuliana Lojodice. Le canzoni in gara erano 24, suddivise nelle due serate. Per la prima volta nella storia della manifestazione, ogni canzone era affidata a due diversi cantanti ed eseguita quindi due volte; in particolare, ogni cantante italiano era affiancato da un interprete straniero: ecco quindi che, ad esempio, alcune canzoni diventate poi famosissime, come “Non ho l’età” di Gigliola Cinquetti (che vinse quell’edizione) e soprattutto “Una lacrima sul viso” (eseguita in play-back da Bobby Solo a causa di una laringite, squalificata e poi destinata a un successo straordinario), erano affidate anche, rispettivamente, alla cantante italo-belga Patricia Carli e all’americano Frankie Laine.

La caratteristica principale di quella manifestazione era la sobrietà. Basti dire che la prima serata non fu neanche trasmessa in diretta televisiva: alle 22,30, sul secondo canale (l’attuale Rai 2), andò in onda soltanto un “Servizio di attualità da Sanremo” con la cronaca registrata della prima serata e le dodici canzoni della prima giornata. Venerdì 31 alle 21,35, sempre sul secondo canale, fu trasmessa per intero la seconda serata (la ripresa televisiva fu di Romolo Siena). Infine, sabato 1° febbraio 1964 l’ultima serata andò in onda per intero sul Nazionale (attuale Rai 1), ma non in prima serata: alle 21, dopo “Carosello”, fu trasmesso “L’approdo”, settimanale di lettere ed arti a cura di Leone Piccioni, presentato da Edmonda Aldini (!); soltanto alle 21,35 fu trasmessa per intero la serata conclusiva del festival, che – cosa straordinaria per l’epoca – si concluse dopo il Telegiornale della notte (allego copia dei programmi televisivi della serata, dal “Radiocorriere TV”).

Programmi televisivi di sabato 1° febbraio 1964

Nel n° 5 di questo settimanale, alle pagine 8-9, Giuseppe Lugato pubblicava un articolo di presentazione del festival, intitolato “A Sanremo battaglia incerta e accanita fra vecchi leoni e giovanissime speranze”.

Veniva poi chiarito il nuovo regolamento: “Ci sarà una sola canzone vincente e non tre, come in passato da quando il festival esiste: cioè un motivo musicale primo classificato seguito da tutti gli altri secondi a pari merito. Poi ci saranno solo giurie esterne, in numero di 24, disseminate in altrettante città italiane e composte da quindici elementi ciascuna”. Tutto questo per evitare le polemiche e le “complicate vertenze giudiziarie” degli anni precedenti, con illazioni di vario tipo (accuse di plagio, “pettegolezzi su vittorie che sarebbero state concordate in anticipo” e “successi conquistati a botte di milioni”).

La novità principale, poi, era – come si è detto – “la gara dei cantanti italiani con quelli stranieri”; infatti “ogni canzone verrà cantata da un’ugola nostrana e da un’altra francese, svizzera, americana, argentina, ecc., qualche volta in italiano, più spesso nella lingua del cantante”. Alle polemiche dei “puristi” gli organizzatori si difendevano dicendo (con ragione, come si vide poi) che “gli stranieri canteranno canzoni italiane, e quindi concorreranno a lanciarle nel mondo”.

Lugato si lanciava poi nei pronostici; osservava che fra i cantanti italiani erano presenti i nomi migliori del nostro scenario musicale: sia “le glorie collaudate della canzone italiana, da Claudio Villa a Domenico Modugno a Nicola Arigliano”, sia altri interpreti di successo consolidato (Emilio Pericoli, Milva, Fausto Cigliano, Tony Dallara) o recente (Giorgio Gaber, Little Tony, Pino Donaggio); a questi cantanti si affiancavano “le ultime leve e i giovanissimi, in numero notevole”. Di queste “belle speranze” il giornalista faceva un elenco doveroso, ma sottintendendo che a suo parere tali “belle speranze” sarebbero rimaste solo tali: fra di loro, veniva fatto il nome di Gigliola Cinquetti (che poi vinse) e comparivano quelli di cantanti destinati a grande fortuna, come Piero Focaccia, Robertino e (soprattutto) Bobby Solo (vincitore morale di quell’edizione con “Una lacrima sul viso”).

Lugato rilevava non senza una punta di preoccupazione (ma non poteva immaginare quello che sarebbe successo in quell’anno e negli anni successivi): “Gli appassionati della canzonetta, per la maggior parte, sono giovanissimi: quando un giovane cantante s’afferma, si verifica in tutti questi fans un fenomeno di identificazione che li esalta, qualche volta in modo preoccupante”.

Con una certa sensibilità, non così scontata all’epoca, il giornalista osservava: “Le donne quest’anno sono in netta minoranza. […] Quest’anno a Sanremo le cose sono andate così: non ci si è proposti, come spesso in passato, di dividere in parti uguali le partecipazioni tra voci maschili e voci femminili”.

Alle pagine 10-11 erano sinteticamente presentate le 24 canzoni in gara; della canzone che poi risultò vittoriosa, “Non ho l’età” di Panzeri-Nisa, si legge questo “trailer”: “Il triste lamento di una fanciulla innamorata. È troppo giovane e i suoi genitori sono all’antica: non la lasciano uscire da sola”.

Ma quel “triste lamento” si rivelò vincente: nell’anno in cui i Beatles (come ho scritto anche qui di recente) stavano affermandosi in modo straordinario a livello mondiale, mentre la contestazione giovanile stava per esplodere ovunque (nel 1964 negli Stati Uniti vi fu l’occupazione del campus universitario di Berkeley in California, per protestare contro la guerra del Vietnam e la politica estera aggressiva del governo americano), mentre stava cambiando la moda giovanile (a Londra, al 138 di Kings Road  Mary Quant accorciava scandalosamente le gonne), mentre i ragazzi diventavano sempre più “capelloni” con grande scandalo dei futuri “matusa”, qui a Sanremo vinse l’inno delle ragazze “all’antica”, di buoni sentimenti, tutte “acqua e (tantissimo) sapone”.

Gigliola Cinquetti, nata sedici anni prima (il 20 dicembre 1947) a Verona da famiglia benestante, vincitrice l’anno precedente del festival di Castrocaro per esordienti, si presentò con un look castigatissimo, pronunciando amabilmente le parole edificanti del testo: “Non ho l’età, non ho l’età / per amarti, non ho l’età / per uscire sola con te. / E non avrei, / non avrei nulla da dirti / perché tu sai / molte più cose di me. / Lascia che io viva / un amore romantico / nell’attesa / che venga quel giorno, / ma ora no. / […] Se tu vorrai, / se tu vorrai / aspettarmi, / quel giorno avrai / tutto il mio amore per te”.

La giovane interprete, che era dotata di ottima tecnica e validissimi mezzi vocali, riuscì a presentarsi come un angioletto ideale che colpì il cuore dei romantici giurati; e vinse. Con lei vinse anche la sua co-interprete, Patricia Carli (nata a Taranto nel 1938 e poi naturalizzata belga): ma oggi di lei non si ricorda più nessuno.

Il bello è che poco più di un mese dopo, il 21 marzo 1964, Gigliola si affermò anche al nono Gran Premio Eurovisione della Canzone, che si tenne a Copenaghen; e questo successo internazionale può dimostrare come, in quell’anno di transizione, antico e moderno fossero ancora in un rapporto di difficile simbiosi, con un mondo nuovo che stava prepotentemente per travolgere quello vecchio, ma con un “piccolo mondo antico” che opponeva gagliarda resistenza al futuro che avanzava.

Gigliola Cinquetti all’Eurofestival 1964

Io allora non avevo ancora dieci anni; di quella edizione ricordo diverse canzoni: oltre, ovviamente, alla canzone vincitrice, ebbero grande successo “Una lacrima sul viso” di Bobby Solo (che si affermò a livello anche internazionale), “Ogni volta” di Paul Anka, “Quando vedrai la mia ragazza” di Little Tony e Gene Pitney (con il coro “yèyè” in sottofondo), lo straordinario “E se domani” di Fausto Cigliano e Gene Pitney (portato in seguito al successo da Mina) e “Un bacio piccolissimo” di Robertino.

Di Mario Pintacuda

Nato a Genova il 2 marzo 1954. Ha frequentato il Liceo classico "Andrea D'Oria" e si è laureato in Lettere classiche con 110/110 e lode all'Università di Genova. Ha insegnato nei Licei dal 1979 al 2019. Ha pubblicato numerosi testi scolastici, adottati in tutto il territorio nazionale; svolge attività critica e saggistica. E' sposato con Silvana Ponte e ha un figlio, Andrea, nato a Palermo nel 2005.

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