Ho trovato nella mia ricca biblioteca questo volumetto di sole 70 pagine, intitolato “La Liguria e il Risorgimento”, pubblicato da Federico Donaver nel 1909 presso la Libreria Nuova Federico Chiesa (che aveva sede in via San Luca, 85r.). Esso contiene, come si legge nel frontespizio, “Nozioni di geografia locale e racconti del Risorgimento Nazionale ad uso della 3a classe elementare in conformità dei programmi 29 gennaio 1905, con illustrazioni”. Come sottolinea con malcelata soddisfazione l’autore nella breve premessa (datata “dicembre 1906”), «Il modesto libretto… è affatto genovese, e mi lusingo possa soddisfare i desideri degli Insegnanti e riuscire utile agli alunni delle scuole di Genova e dei dintorni, ai quali è esclusivamente dedicato».
Federico Donaver (Genova 1861 – 1915), storico ed educatore italiano, era già autore di un libro sulla storia di Genova (“Storia della repubblica di Genova”, pubblicato dalla Libreria Editrice Moderna di Galleria Mazzini, in prima edizione nel 1890); in seguito pubblicò un compendio sulle “Vie di Genova” nel 1912, presso la stessa casa editrice ed altri interessanti scritti.
Oltre alla competenza storica e geografica, Donaver dimostrava nei suoi testi un profondo affetto per la sua città, di cui conosceva alla perfezione ogni aspetto. Oggi gli è dedicata una via situata nel quartiere di San Fruttuoso, alle spalle di Villa Imperiale.
Dal libriccino “La Liguria e il Risorgimento” mi limiterò qui, per motivi di spazio, a citare soltanto qualche notizia relativa ai primi tre capitoletti, che sono dedicati al porto, alle strade e alle piazze e agli istituti d’istruzione e di beneficenza.
Il porto viene subito presentato con palpabile orgoglio: «Genova, situata nel punto più centrale del grande golfo che da essa piglia nome, si presenta allo sguardo come un vasto anfiteatro. Il mare è la sua vita e la sua gloria. Così gli antichi come i moderni genovesi trassero le maggiori ricchezze dal mare, portando alta ovunque la bianca bandiera con la croce rossa o il vessillo di S. Giorgio. Un migliaio d’anni fa le piccole navi di Genova si raccoglievano nel porticciuolo delle Grazie; oggi si trova insufficiente il grande porto che dalle Grazie va alla Lanterna, quindi fra non molto si estenderà alla foce dei due torrenti Bisagno e Polcevera» (pp. 7-8; per la prima di queste due previsioni si ha l’impressione che Donaver avesse profetizzato l’attuale nuovo “waterfront” in fase di realizzazione alla Foce).
Dopo alcune notizie logistiche e storiche, Donaver descrive efficacemente “una passeggiata sulle calate in giorno di lavoro”, definendola “interessante ed istruttiva”: «Centinaia di navi nel porto, un brulichìo di barche, un movimento di braccia e di macchine, un lavorìo continuo, incessante, quasi febbricitante, un vociare assordante e quando a quando il fischio della locomotiva e vagoni che trasportano mercanzie mentre altri vagoni sono pronti a caricarsi e a partire. Qui è proprio la vita attiva, laboriosa del ligure industre commerciante, qui è la fonte di guadagno di migliaia di lavoratori e di ricchezza per molti!» (p. 10).
Segue un capitoletto su “Le strade e le piazze”, tutte descritte con dovizia di particolari; la stazione Brignole viene definita “stazione ferroviaria orientale”, corso “Buenos Ayres” (sic) viene definito “grandiosa strada” (p. 12), via XX Settembre è «in parte decorata di porticati e di splendide costruzioni moderne» (p. 12), la Circonvallazione a monte è «splendida per la vista e per le belle costruzioni moderne» (p. 13), piazza Corvetto è «la più bella di Genova e una delle bellissime d’Italia» p. 14), ecc.
Il capitoletto “Istituti d’istruzione e di beneficenza” ricorda che all’epoca si contavano «17 Asili e Giardini d’educazione, un istituto per i bambini rachitici, uno per l’infanzia abbandonata e due per i bimbi poveri lattanti» (p. 16).
Vengono quindi elencate le «numerose scuole elementari, alcune delle quali con magnifici grandiosi stabilimenti, intitolate ad insigni e benemeriti cittadini»; ecco quindi ricordati i personaggi (non solo uomini, a dimostrare l’apertura mentale dei genovesi) a cui erano intitolate queste scuole: Francesco Accinelli, Gabriele Chiabrera, Ambrogio Spinola, Emanuele Celesia, Gerolamo Da Passano, Vincenzo Troya, Lorenzo Garaventa, Giano Grillo, Paride Salvato, Cristoforo Colombo, Pier Maria Canevari, A. G. Brignole Sale, Luca Agostino Descalzi, Giovanni Carbone, Jacopo Ruffini, Maria Mazzini, Eleonora Curlo Ruffini, Maddalena Pallavicini, Clelia Durazzo, Orietta Doria, Battistina Vernazza, Tommasina Fieschi, Susanna Fontanarossa, Raffaele Lambruschini, Guglielmo Embriaco, Marino Boccanegra, Biagio Assereto, Ettore Vernazza, Agostino Lomellini, Raffaele De Ferrari e Nicolò Brignole.
Donaver cita poi le «cinque Scuole tecniche intitolate a Giambattista Baliano, a Nino Bixio, a Goffredo Mameli, a Ugolino Vivaldi, ad Antoniotto Usodimare», l’istituto tecnico e nautico Vittorio Emanuele II, due “ginnasi licei” intitolati a Cristoforo Colombo e Andrea Doria, due “scuole normali femminili” (il “Raffaele Lambruschini” e il “Giovanni Daneo”), una scuola magistrale maschile, una scuola d’arti e mestieri, l’Istituto di Musica “Nicolò Paganini”, una scuola industriale femminile denominata “Duchessa di Galliera”, la scuola superiore navale e infine la Scuola superiore di Commercio.
Sono poi ricordate le istituzioni benefiche, dato che «vi sono ogni maniera d’istituti e di ricovero, di cura, di assistenza e sussidio»: l’Albergo dei Poveri in corso Carbonara, il Ricovero di Mendicità a Paverano, il Ricovero Martinez a San Fruttuoso, l’Ospedale di Pammatone in Portoria, quello dei Cronici sul colle di Piccapietra, quello di San Filippo in salita San Bartolomeo degli Armeni, quello Protestante in Circonvallazione a monte, l’Istituto dei Ciechi, quelli dei Sordomuti e delle Sordomute, degli Orfani e dei Derelitti, l’Albergo dei Fanciulli, le Colonie Alpine, il Magistrato di Misericordia, le Dame di Misericordia, ecc. Si può dunque dare ragione a Donaver, quando afferma orgogliosamente che «per la beneficenza, Genova non è seconda ad alcuna città» (p. 21), con buona pace degli stereotipi che troppo spesso hanno danneggiato l’immagine della Superba (come se i “nomina” fossero sempre “omina”) e dei suoi abitanti.
Il volumetto contiene, come si è detto, tante altre notizie interessanti, che riguardano la provincia di Genova, i monti più alti (il 1° posto va al Penna con m. 1735), i fiumi, le due riviere, la superficie e la popolazione. La provincia di Genova aveva allora 900.000 abitanti, ma comprendeva cinque “circondari”, cioè Genova, Savona, Albenga, Chiavari e Spezia; l’altra provincia ligure era quella di “Portomaurizio” (cioè Imperia).
La seconda parte del libro contiene “Racconti del Risorgimento Nazionale” (pp. 41-70), che evidenziano le figure storiche di insigni liguri come Giuseppe Mazzini, Jacopo e Giovanni Ruffini, Giuseppe Garibaldi (il cui padre era di Chiavari, mentre la madre era di Loano) e i circa 40 “carabinieri genovesi” comandati da Antonio Mosto.