Il ritorno degli spettacoli classici a Siracusa

L’anno scorso, a causa della pandemia, erano stati forzatamente annullati gli spettacoli classici a Siracusa, come sempre organizzati dall’INDA (Istituto Nazionale del Dramma Antico). Erano stati così rinviati all’anno dopo i tre allestimenti previsti (“Baccanti” e “Ifigenia in Tauride” di Euripide e “Le Nuvole” di Aristofane).

Per Siracusa il danno era stato incalcolabile: anzitutto a livello economico, perché il business innestato dagli spettacoli è immenso (anche su tutto l’indotto), ma soprattutto a livello culturale e direi quasi “genetico”, perché chi conosce la città aretusea sa quanto questi spettacoli siano importanti e insostituibili per i Siracusani, che hanno una particolare, spiccata, ereditaria, sensibilità per il teatro e per le riproposizioni dell’antico mito classico.

Quest’anno, coraggiosamente e tenacemente, l’INDA ha deciso di riprendere la gloriosa tradizione: saranno così rappresentate, con una modifica rispetto al progetto dell’anno scorso, “Coefore/Eumenidi” di Eschilo (per la regia di Davide Livermore), “Le Baccanti” di Euripide (regia di Carlus Padrissa) e “Le Nuvole di Aristofane” con la regia di Antonio Calenda. Gli spettacoli andranno in scena dal 3 luglio al 21 agosto 2021 (per informazioni e prenotazioni, con riferimento anche alla riconversione dei biglietti acquistati l’anno scorso, ci si può rivolgere a: biglietteria@indafondazione.org).

Riprenderà dunque un’antica e importante tradizione culturale; ed è forse il caso di rievocare qui la prima rappresentazione siracusana, che si tenne nel 1914.

Nel 1913 il conte Mario Tommaso Gargallo creò un comitato di cittadini siracusani per far rivivere le antiche opere drammatiche greche nello scenario del teatro greco. Ispiratore di queste attività era il grande archeologo Paolo Orsi, allora sovrintendente alle Antichità per la Sicilia e la Calabria.

A dirigere l’allestimento dell’Agamennone di Eschilo fu scelto Ettore Romagnoli (Roma 1871 – 1938), insigne grecista italiano.

Romagnoli si addossò anche il compito di comporre le musiche e di occuparsi della parte artistica dello spettacolo, dalla recitazione al movimento delle masse e all’istruzione del coro. I capitali furono in parte anticipati da facoltosi signori di Siracusa ed in parte raccolti mediante l’emissione di piccole azioni da cinquanta lire, che vennero acquistate da tutto il popolo. Fu quasi una sottoscrizione plebiscitaria, e ciò dimostra l’interesse che destò nel popolo siciliano l’annuncio di questa rappresentazione.

Il fervore con cui Ettore Romagnoli si prodigò nella preparazione dello spettacolo (coadiuvato dall’altro regista Giuseppe Masi) emerge dalle cronache dei quotidiani locali, che già parecchie settimane prima della recita dedicarono pagine intere all’imminente avvenimento artistico. Giorno per giorno i lettori furono informati dell’andamento delle prove, cui parteciparono gli attori Gualtiero Tumiati (Agamennone), Teresa Mariani (Clitemestra), Elisa Berti Masi (Cassandra), Giulio Tempesti (Egisto), Giosuè Borsi (Araldo), nonché il coro (formato da ben centocinquanta cantori) ed il complesso strumentale di flauti, oboi, clarinetti, fagotti, liuti, lire, timpani ed archi.

Le scene furono preparate dal grande Duilio Cambellotti (Roma 1876 – 1960).

Inizialmente le prove del coro si svolsero con l’accompagnamento di un pianoforte, piazzato al centro dell’orchestra. Il 4 aprile Romagnoli e Borsi effettuarono numerose prove acustiche e controllarono la visibilità dai vari settori del teatro. Il 13 aprile il quotidiano “L’Ora” di Palermo riferiva che il maestro Mulè, occasionalmente presente ad una prova, canticchiò un motivo popolare della Conca d’Oro, mentre Romagnoli accennò un ritmo greco del III secolo a. C., ed insieme ne riscontrarono la perfetta somiglianza.

La “prima” fu rappresentata il 16 aprile.

Ecco le “Avvertenze” che furono rese note prima dello spettacolo: «Il Teatro sarà aperto due ore avanti l’inizio dello spettacolo. Si raccomanda di acquistare i biglietti e di accedere al Teatro per tempo. I biglietti non sono validi per l’ingresso se staccati dal talloncino-madre e se perforati. L’accesso ai posti primi, secondi e numerati sarà dal largo corridoio (diazòma) che trovasi al centro. È rigorosamente vietato di introdursi in qualunque momento nell’Orchestra e nella Scena. Da quando gli squilli di tromba annunzieranno l’inizio dello spettacolo, il pubblico è pregato di mantenere il più rigoroso silenzio e di non recar disturbo col cambiare posto, stare in piedi sui gradini, tenere ombrellini aperti, o in qualsiasi altro modo. Nei primi e secondi posti saranno dati in locazione dei cuscini al prezzo di centesimi 50 ciascuno per la durata della rappresentazione. I posti numerati saranno muniti di relativo cuscino. È vietata l’introduzione di altri cuscini. L’introduzione di apparecchi cinematografici è consentita solo dietro speciali convenzioni col Comitato. Gli apparecchi fotografici con piede sono ammessi solamente in punti determinati dal Comitato dietro pagamento di L. 10 per ogni apparecchio. Nel caso in cui una rappresentazione non possa aver luogo nel giorno indicato, non si darà diritto a nessun rimborso, ma i biglietti serviranno per la rappresentazione immediatamente successiva. Servizio di Posta e Telegrafo, vendita di bibite, cartoline illustrate e ricordi nell’interno del Teatro».

A dire il vero quella prima esperienza rivelò qualche manchevolezza e qualche ingenuità in taluni particolari dello spettacolo; a difettare non fu la recitazione che, affidata ad artisti di grande valore, fu di prim’ordine; ma alcuni elementi spettacolari (musica, coro, danze) mostrarono pecche e imperfezioni, dovute certamente a una mancanza d’esperienza.

Il successo dello spettacolo fu comunque grandissimo; tutti i giornali, nazionali ed esteri, furono larghi di elogi (fra cui quelli di critici come Renato Simoni, Silvio D’Amico ed Eduardo Scarfoglio). Purtroppo la guerra 1914-18 interruppe l’iniziativa e per il II ciclo di spettacoli si dovette attendere il 1921 (con la rappresentazione delle Coefore di Eschilo).

La cadenza degli spettacoli fu poi triennale sino al 1939; dopo la pausa dovuta alla II guerra mondiale, le tragedie tornarono a Siracusa nel 1948 con una grandiosa “Orestea”, in cui recitarono attori straordinari come Annibale Ninchi, Salvo Randone e Sarah Ferrati.

Gli spettacoli da allora furono biennali sino al 2000; da Siracusa in quegli anni passarono innumerevoli interpreti famosi come Vittorio Gassman (già nelle “Baccanti” del 1950 e poi nella straordinaria “Orestiade” del 1960 su traduzione di Pasolini), Arnoldo Foà, Lilla Brignone, Elena Zareschi, Sergio Fantoni, Massimo Girotti, Andreina Pagnani (la ”signora Maigret”), Alberto Lupo, Valentina Fortunato, Olga Villi, Corrado Pani, Raoul Grassilli, Aroldo Tieri, Tino Carraro, Nando Gazzolo, Glauco Mauri, Lydia Alfonsi e tanti altri.

Ecco due immagini di quella mitica “Orestiade” del 1960:

Per quelli della mia età questi attori erano molto popolari, perché il venerdì sera sulla Rai andava in onda la prosa e così avevamo modo di seguire spettacoli interessantissimi e recitati magistralmente; inoltre molti interpreti erano celebri per gli sceneggiati televisivi (le “fiction” di una volta): basti dire ad es. che Nino Castelnuovo (che interpretò Lica nelle “Trachinie” del 1980) aveva interpretato Renzo nei “Promessi Sposi” di Bolchi.

Dal 2000 gli spettacoli sono diventati annuali; e anche se con gli anni i meccanismi organizzativi sono cambiati, l’attività culturale dell’INDA resta meritoria: basti ricordare l’Accademia d’arte del dramma antico, fortemente voluta da Giusto Monaco (che dell’INDA fu rifondatore, guida e incarnazione per tanti anni) e da Fernando Balestra, divenuta una tra le più prestigiose scuole di teatro in Italia.

Inutile dire che per me gli spettacoli siracusani si associano a tanti ricordi.

La mia prima volta a Siracusa fu nel 1978, in occasione della rappresentazione dell’Elena di Euripide, per la regia di Roberto Guicciardini e con una bravissima Lydia Alfonsi protagonista. In quell’occasione andai per la prima volta alla sede dell’INDA in corso Matteotti, per completare alcune ricerche sul teatro greco; ricordo in particolare la simpatia umana e la disponibilità dell’indimenticabile Concetto Gilè, scomparso l’anno scorso, memoria storica dell’Istituto e operatore culturale inimitabile dal 1960 al 2000.

Venire a Siracusa, città che ha sempre un fascino magico, è per tanti di noi un rito annuale.

27 giugno 1982: la prima volta che andavo a Siracusa con Silvana, per assistere a “Le Supplici” di Eschilo (con il grande Arnoldo Foà)

Allo spettacolo in sé, sempre affascinante e ammaliante, si associano abitudini immutabili:

  • i cuscini e le traduzioni (i “numeri unici”) acquistati all’ingresso;
  • l’afflusso/assembramento degli spettatori nella cavea (che riproduce perfettamente il senso del teatro antico, quando si andava “insieme” dalla polis al théatron, camminando e conversando in gruppo – altro che distanziamento sociale! –  per un lungo tratto);
  • il “guardare/guardarsi” tipico del teatro greco (il verbo θεάομαι “theàomai” ha appunto questo doppio valore);
  • i sedili di pietra e il mal di schiena incombente;
  • l’inizio dello spettacolo alla luce del tramonto con i folli voli degli uccelli nel cielo;
  • il silenzio degli spettatori, attentissimi però e pronti a commentare ogni battuta significativa;
  • il possibile improvviso fischio surreale del treno che rompe l’illusione scenica, ma che è straniante viaggio nel tempo, compresenza del passato e del presente;
  • il progressivo calare dell’oscurità, coincidente con il compimento delle più terribili vicende tragiche.
Turi Ferro e Margaret Mazzantini nell’Antigone di Sofocle (1986)

Infine, l’uscita dallo spettacolo tra i vivaci commenti delle persone, tutti affascinati, coinvolti e catturati dall’evento vissuto; e poi il defluire per la città, quasi sempre alla volta della splendida Ortigia per una cena a base di pesce.

Torneranno presto questi momenti, ne siamo sicuri. Nel frattempo, coltiviamo i nostri ricordi siracusani come un cimelio prezioso e, a chi non ha ancora vissuto questa esperienza, raccomandiamo di provare appena possibile. Non se ne pentirà.

Di Mario Pintacuda

Nato a Genova il 2 marzo 1954. Ha frequentato il Liceo classico "Andrea D'Oria" e si è laureato in Lettere classiche con 110/110 e lode all'Università di Genova. Ha insegnato nei Licei dal 1979 al 2019. Ha pubblicato numerosi testi scolastici, adottati in tutto il territorio nazionale; svolge attività critica e saggistica. E' sposato con Silvana Ponte e ha un figlio, Andrea, nato a Palermo nel 2005.

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