“Amo e non amo” (Anacreonte)

Ὲρέω τε δηὖτε κοὐκ ἐρέω, καὶ μαίνομαι κοὐ μαίνομαι. Amo e non amo, sono pazzo e non sono pazzo.

 Il frammento 46 G. evidenzia l’atteggiamento di Anacreonte nei confronti dell’amore: egli rileva “ancora una volta” (δηὖτε, ripresa lessicale da Saffo) la lacerante dicotomia dell’animo (“amo e non amo”), ma la esprime con una costruzione letteraria raffinatissima (grazie all’uso dell’anafora e del polisindeto); il tono ne risulta “alleggerito” e la drammaticità della constatazione si stempera in una certa leziosità.

Ecco i due versi:

Amo. Non amo.

 Son folle, non son folle

(Ἐρέω τε δηὖτε κοὐκ ἐρέω / καὶ μαίνομαι κοὐ μαίνομαι, trad. Guidorizzi).

Con ben diversa icasticità Saffo aveva colto l’antinomia presente in Eros, da lei definito “invincibile fiera dolcemamara” (γλυκύπικρον ἀμάχανον ὄρπετον, 130 V., trad. Perrotta).

Molte e famose furono le riprese di questa concezione “dicotomica” dell’amore che poi, sganciata dal concreto ambito simposiale, diverrà topica codificandosi dall’età ellenistica in poi in immagini alquanto manieristiche:

1) l’epigrammista Meleagro di Gàdara (II-I sec. a.C.) esprimerà in termini fortemente letterari la contraddittorietà della sua passione per Eliodora: “La mia anima mi dice di fuggire/ l’amore di Eliodora, perché sa/ le gelosie, le lacrime d’un tempo. / Dice, ma io non ho forza di fuggire./ Essa m’avverte. Vero! Ma poi senza/ pudore nello stesso tempo l’ama” (A.P. V 24, trad. Quasimodo);

2) un’analoga incertezza interiore è espressa nell’Eunuchus di Terenzio dal giovane Fedria, innamorato dell’etera Taide: Et taedet et amore ardeo, et prudens sciens,/ vivos vidensque pereo, nec quid agam scio, “Non ne posso più, ma brucio d’amore, e, lucido e cosciente, vivo e consapevole, muoio e non so che fare”;

3) celeberrimo è l’odi et amo di Catullo nel carme LXXXV del suo Liber: “Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris. / Nescio, sed fieri sentio et excrucior”;

4) nell’ambito dell’elegia romana, anche Properzio riecheggia il topos nel descrivere la sua passione per Cinzia: Mi neque amare aliam neque ab hac desistere fas est, “Non mi è lecito né amare un’altra né allontanarmi da questa” (I 12, 19).

Di Mario Pintacuda

Nato a Genova il 2 marzo 1954. Ha frequentato il Liceo classico "Andrea D'Oria" e si è laureato in Lettere classiche con 110/110 e lode all'Università di Genova. Ha insegnato nei Licei dal 1979 al 2019. Ha pubblicato numerosi testi scolastici, adottati in tutto il territorio nazionale; svolge attività critica e saggistica. E' sposato con Silvana Ponte e ha un figlio, Andrea, nato a Palermo nel 2005.

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