Sessant’anni fa, nel 1964, mio padre, il Maestro Salvatore Pintacuda, docente di Storia della Musica e bibliotecario presso l’Istituto Musicale “Nicolò Paganini” di Genova, terminò un’opera importante di catalogazione del fondo antico della biblioteca dell’istituto.
Ne derivò, due anni dopo, un volume intitolato Genova – Biblioteca dell’Istituto Musicale “Nicolò Paganini” (Milano 1966), pubblicato dall’Istituto Editoriale Italiano, nell’ambito di una collana di cataloghi e bibliografie diretta da Claudio Sartori.
Come si leggeva nella presentazione della casa editrice, si trattava del più grosso volume della suddetta collezione; tuttavia, esso non era interessante solo per la sua mole: «Per tutti gli studiosi costituirà una piacevole scoperta di un fondo di musiche finora totalmente sconosciuto. Ed è tanto più importante perché le biblioteche genovesi pareva non avessero conservato che ben poche vestigia della ricchissima e intensissima vita musicale della loro città. Questo volume, svelando i molti tesori conservati nella Biblioteca dell’Istituto Musicale “Nicolò Paganini”, dimostra che anche questa è una leggenda da sfatare. E fornisce nuovo materiale insperato per gli studi futuri, sia nel campo della musica strumentale, sia in quello della musica vocale e teatrale in particolare. In questo senso saranno indubbiamente studiati i numerosissimi manoscritti, che costituiscono la parte principale del fondo antico della Biblioteca».
Qui di seguito presento la Prefazione all’opera, in cui mio padre faceva già giustizia dell’«inesplicabile silenzio che sulla vita musicale genovese dei secoli passati avevano conservato storici e ricercatori insigni», per cui «la trascuratezza delle indagini nel campo musicale aveva favorito il sorgere di giudizi errati, di falsi pregiudizi, che facevano di Genova una città amusicale o, peggio, antimusicale». In particolare, veniva subito smentito (sulla base dell’evidenza della documentazione ritrovata nel fondo antico della Biblioteca del “Paganini”) il tenace pregiudizio che riduceva al solo Paganini la gloria musicale genovese e ligure.
Purtroppo, «il fondo dei manoscritti rimase, per anni ed anni, accatastato disordinatamente per insufficienza di spazio, di scaffali, di cartelle, di personale e di buona volontà»; mio padre accennava dunque alla non indifferente fatica che gli era costata la realizzazione del catalogo: «All’opera di sistemazione, riordinamento, catalogazione dei manoscritti ho dedicato anni di paziente lavoro. Bisognava anzitutto discernere il grano dal loglio, per accantonare fogli e fascicoli di poca importanza, mettere in luce opere di pregio notevole, recuperare manoscritti sottratti a precedenti accertamenti per omissione o errore di catalogazione. Il presente Catalogo è frutto di queste fatiche».
PREFAZIONE
L’inesplicabile silenzio che sulla vita musicale genovese dei secoli passati avevano conservato storici e ricercatori insigni, quali Tomaso Belgrano, Giuseppe Pessagno, Achille Neri, Antonio Ferretto, costituiva una grave lacuna nella storia dell’arte e del costume locali; tanto più che la trascuratezza delle indagini nel campo musicale aveva favorito il sorgere di giudizi errati, di falsi pregiudizi, che facevano di Genova una città amusicale o, peggio, antimusicale.
Si può dire che Genova e tutta la Liguria figuravano nella storia della musica soltanto per il nome di Nicolò Paganini: tutta l’altra gloria musicale ligure – che non fu poca, né trascurabile – rimaneva offuscata dalla sfolgorante luce che l’arte del sommo violinista emana e diffonde. Eppure, il fatto che Paganini si educò e si formò musicalmente a Genova, senza l’apporto di maestri estranei (le poche lezioni ricevute dal Rolla non ebbero determinante importanza formativa), e che Camillo Sivori fu allievo di Paganini, diremo così, ad honorem, giacché in realtà studiò con altri violinisti genovesi valentissimi, se non famosi, avrebbe dovuto far pensare gli studiosi di cose patrie che la musica ligure doveva avere una tradizione musicale, strumentale e virtuosistica molto interessante e degna di essere conosciuta.
Per fortuna studi recenti, condotti con scrupolosa indagine storica ed adeguato metodo filologico, hanno messo in completa luce l’importanza, veramente notevole, del passato musicale genovese, tra gli anni della fioritura trovadorica e la «miracolosa» apparizione di Paganini, dimostrando, sulla scorta di una ricca, esauriente, probativa documentazione, la continuità della sempre viva passione dei genovesi – dalle classi più elevate alle classi più umili – per tutte le espressioni musicali considerate come elemento d’arte, di elevazione spirituale, di ricreazione1.
Grazie a questi studi, possiamo oggi avere cognizioni precise su ogni capitolo della vita musicale pubblica e privata di Genova, dal Medio Evo ai nostri giorni, ed è possibile ricavare, dai documenti finora trascurati, testimonianze precise della vasta attività artistica cittadina e del contributo notevole dato dalla Liguria alle varie correnti musicali di ogni epoca e paese.
Del resto, una valida prova di questa secolare attività è costituita dalla ricca raccolta di manoscritti e stampe antiche conservata nella Biblioteca dell’Istituto musicale «Paganini», la quale può considerarsi la continuazione, più o meno interrotta, dell’altra raccolta di opere musicali teoriche e pratiche conservate presso la Biblioteca Universitaria genovese. L’analisi e lo studio di questi documenti permettono di trarre elementi sicuri per realizzare una ricostruzione storica della vita musicale genovese nei secoli passati.
Le intavolature liutistiche e le musiche «da cantar solo» con accompagnamento di tiorba, di chitarrone, di arpa doppia, che si trovano nella Biblioteca Universitaria, ci richiamano alla memoria i trovatori liguri, famosi per la squisita eleganza, gentilezza ed armoniosità dei loro canti; il contributo dato da questi poeti-musicisti alla grande fioritura occitanica dimostra che già in quel tempo nella nostra regione regnava un gusto musicale spiccatissimo, causa ed effetto del sorgere e del convenire in Liguria di ottimi liutisti o violinisti.
Se nulla si conserva, invece, nelle Biblioteche genovesi, di quel Fra Giovanni da Genova, di cui due canzoni sono contenute nel codice estense che, secondo il Carducci, sarebbe stato vergato tra la fine del XIV secolo e l’inizio del XV, apprendiamo però da varie testimonianze che in Genova, dopo l’epoca trovadorica, continuò sempre fervida e feconda l’attività musicale.
Grazie ancora alla collezione di stampe e manoscritti conservati nella Biblioteca del «Paganini», possiamo affermare che i trattati e le opere di Franchino Gaffurio, Francesco da Milano, Filippo de Monte, Gioseffo Zarlino, Costanzo Porta, furono diligentemente studiati dai musicisti liguri; che gli strumentisti organisti, violinisti, violoncellisti e clavicembalisti liguri si rifornirono – per arricchire il loro repertorio – di tutte le opere prodotte nelle altre regioni d’Italia e fuori d’Italia; che in Genova, per la regolarità con la quale si succedevano gli spettacoli lirici nei due teatri Falcone e S. Agostino, l’attività teatrale del Sei e Settecento non fu mai inferiore, per importanza artistica e concorso di pubblico, a quella delle altre città italiane; e infine che in Genova furono pubblicamente eseguite, con ottimo successo, innumerevoli composizioni di musica da camera, duetti, trii, quartetti, quintetti, ouvertures e sinfonie. Le Sonate di Corelli, le opere strumentali di Bach, Haendel, i quartetti di Galuppi, le Sonate di Somis, Tartini, Pugnani, Nardini, Galeotti, Giardini, le composizioni sinfoniche di Boccherini, di Vivaldi, di Giovanni Cristiano Bach e di Haydn ebbero, negli esecutori e nei maestri genovesi del tempo, intelligenti ed efficacissimi interpreti.
Poiché, dunque, appare chiaramente dimostrato che Genova fu, sin dai tempi più antichi, centro di alta cultura musicale, culla di artisti e residenza prediletta di uomini illustri, è logico pensare che la città fosse, in ogni tempo, ricca di scuole ove si formarono tanti rinomati artisti, e ricca di Biblioteche pubbliche e private dove si consultavano e si conservavano le opere musicali, i trattati teorici, i metodi di canto dei grandi maestri del passato.
Non è facile stabilire la provenienza delle varie raccolte musicali stampate e manoscritte che formano la dotazione libraria della Biblioteca dell’Istituto «Paganini». In gran parte derivano da donazioni e lasciti assegnati alla scuola da generosi e munifici protettori.
Il primo nucleo di opere risale al 1833 ed è costituito da «una estesa collezione di cinquanta tomi di musica moderna di Parigi donata ad uso della Scuola di Canto da uno fra gl’Ill.mi Sigg. Protettori in segno della sua particolare soddisfazione e del suo generoso patrocinio per una sì nobile e sì gentile istituzione»2.
Una donazione più ricca e ragguardevole fu quella del patrizio Giambattista Assereto (morto nel 1842) consistente in oltre duecento partiture di opere teatrali antiche e in un gran numero di oratori, cantate, arie, duetti e madrigali, musica strumentale per orchestra e da camera, musica per clavicembalo, per la maggior parte manoscritta. Gli autori principali sono: Alessandri, Anfossi, Cimarosa, Fioravanti, Galuppi, Guglielmi, Jommelli, Marcello, Martini, Mayr, Paër, Paisiello, Piccinni, Sacchini, Salieri, Sammartini, A. Scarlatti, Zingarelli, Bach, Gluck, Haydn.
Il 13 giugno 1907 le collezioni musicali appartenenti al M° Francesco Viani furono, dal di lui figlio, donate alla Biblioteca, che venne così ad arricchirsi di altre opere di grande interesse per gli studiosi.
Importanti donazioni furono altresì quelle degli eredi del M° Domenico Monleone e quelle degli eredi dei violinisti Pietro Venturini ed Elia Grigis, ex insegnanti dell’Istituto (una notevole collezione di musica violinistica comprendente trattati, metodi, studi, sonate, concerti, pezzi vari).
Delle musiche e dei libri di proprietà dell’Istituto furono compilati, in varie epoche, elenchi ed inventari, quasi tutti incompleti, inesatti e comunque non utili per la consultazione.
Il fondo dei manoscritti rimase, per anni ed anni, accatastato disordinatamente per insufficienza di spazio, di scaffali, di cartelle, di personale e di buona volontà. Circa sessant’anni fa il musicologo Lorenzo Parodi segnalò l’esistenza e l’importanza dei manoscritti in una serie di articoli pubblicati sul quotidiano «Caffaro». La voce di un giornale politico non era però la più indicata per diffondere notizie di carattere artistico-culturale. Certamente il Parodi avrebbe raggiunto migliore risultato se, anziché limitarsi a segnalare l’esistenza della raccolta, ne avesse curato il riordinamento e la sistemazione. Così la Biblioteca continuò ad essere negletta e ignorata, non solo dagli studiosi, ma persino dagli stessi genovesi.
Il Prof. Mario Pedemonte, chiamato a succedere al M° Parodi, vincendo difficoltà d’ogni sorta, tentò di dare un primo assetto ai manoscritti, ma venne la guerra e le opere tornarono a rinchiudersi in disordine nelle casse donde erano state da poco tratte.
All’opera di sistemazione, riordinamento, catalogazione dei manoscritti ho dedicato anni di paziente lavoro. Bisognava anzitutto discernere il grano dal loglio, per accantonare fogli e fascicoli di poca importanza, mettere in luce opere di pregio notevole, recuperare manoscritti sottratti a precedenti accertamenti per omissione o errore di catalogazione. Il presente Catalogo è frutto di queste fatiche. Nel compilarlo ho dovuto necessariamente tener conto dello scopo cui mira la presente Collana di bibliografie e cataloghi diretta da Claudio Sartori.
Ho escluso dalla catalogazione, per ovvie ragioni di proporzioni, tutti gli autori appartenenti al sec. XIX e tutte le opere anonime (e sono quasi un quinto dell’intera raccolta).
Di alcune opere adespote però è stato possibile identificare l’autore e perciò sono state inserite nel Catalogo con le opportune annotazioni che ne attestano l’autenticità. Così pure è stato possibile dare la giusta paternità ad alcune Sinfonie erroneamente attribuite ad Haydn.
S’intende che quest’opera di ricognizione sulla mole ancora vasta di opere anonime va continuata in profondità perché può portare ad altri recuperi e ad altri rinvenimenti inattesi. Per il momento penso che il presente Catalogo – così come è stato possibile compilarlo – potrà essere utile agli studiosi, se non altro perché rivela l’esistenza di un fondo musicale fino ad ora ignorato nella sua piena e reale consistenza.
SALVATORE PINTACUDA
Genova, luglio 1964.
NOTE
1. Cfr. MARIO PEDEMONTE, I primordi della musica ligure, Giornale storico e letterario della Liguria, 1931, fasc. IV; id., Musicisti liguri, Giornale storico e letterario della Liguria, 1932, fasc. IV; id., L’ambiente musicale genovese nel Settecento – Melodramma ed Oratorio, Giornale storico e letterario della Liguria, 1940, fasc. I; REMO GIAZOTTO, La musica a Genova nella vita pubblica e privata dal XIII al XVIII secolo, Genova, 1951.
2. Vedi: Gazzetta di Genova, 27 novembre 1833.
Lavoro magnifico .Grazie.