Un anno di Covid – VIII

Proseguo la riproposizione di alcuni post da me pubblicati l’anno scorso su Facebook e inerenti all’epidemia di coronavirus. Ne propongo oggi altri due.

Il primo post, del 19 maggio 2020, si intitolava “Il DAC e gli assembramenti”.

In un anno che stava generando neologismi a un ritmo frenetico, ne creavo uno anche io, cioè DAC (sigla per “Decreto dell’Amministratore di condominio”): partendo infatti da una perentoria ordinanza dell’amministratore del mio condominio, scherzavo sulla “smania di emanare decreti” che sembrava essersi impadroniti di tutti gli italiani chiamati a sostenere un ruolo “pubblico”.

Passavo poi a discutere sull’interpretazione delle più recenti disposizioni del governo, discutendo sul concetto di “luoghi pubblici o aperti al pubblico” e sul concetto di “assembramento” (sul quale consultavo diversi vocabolari per trovarne una definizione valida, traendone poi alcune inevitabili conclusioni).

22) 19.05.20

IL DAC E GLI ASSEMBRAMENTI

L’amministratore del mio condominio ha emanato un DAC (Decreto dell’Amministratore di Condominio). Come è noto, dai DPCM di Conte in poi, si è scatenata in tutto il Paese, da parte di chiunque ricopra un ruolo di anche millesimale potere, la smania di emanare decreti. Oltre ai supremi decreti del Presidente del Consiglio, ci sono quelli dei governatori locali (tutti diversi e variamente elucubrati), quelli dei sindaci (più o meno “scatenati” come quello di Messina), quelli dei dirigenti di aziende/scuole/uffici, ecc. ecc. Non poteva mancare dunque il DAC.

L’ordinanza condominiale fa anzitutto “riferimento all’emergenza epidemiologica da coronavirus e ai protocolli di regolamentazione per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus COVID-19 decretati dalle Autorità governative, nonché alle indicazioni dell’Autorità Sanitaria Nazionale”.

Si nota subito un impeccabile stile “locatelliano”, fedele agli ultimi aggiornamenti del “burocratese” nazionale (osservo di sfuggita che oggi si parla di “sanificazione” e non più banalmente di “disinfezione/disinfestazione” e che non manca mai il riferimento al fare le cose “in sicurezza”).

Segue, da parte  del “dacchista” (si dirà così?), la constatazione dell’oggettiva difficoltà del contesto: “non potendo garantire la distanza minima tra le persone durante l’attraversamento delle aree comuni condominiali di accesso, scala, androne, corridoi, ascensori”.

Si entra quindi nella parte normativa, quella che sicuramente dà più gioia e autostima a tutti i relatori di questi decreti. Con meno scrupoli del leader nazionale, infatti, l’Amministratore comanda e non consiglia: “È fatto obbligo: a) l’uso della mascherina o altra forma di protezione individuale”; b) non sostare ed intrattenersi con il portiere ad una distanza inferiore ad un metro”; c) entrare in ascensore uno per volta senza creare quindi assembramenti”.

Ora, sui primi due punti non ho trovato difficoltà interpretative. Il terzo invece mi ha creato qualche perplessità. Come si fa, infatti a creare un assembramento in ascensore? L’ascensore nostro contiene a stento tre persone di corporatura media. Tre persone sono un assembramento?

Il problema si pone non solo a livello condominiale.

Fino a domenica 17 maggio il divieto di assembramenti è stato assoluto: il DPCM del 26 aprile, infatti, vietava ogni forma di assembramento di persone in luoghi pubblici e privati. L’ultimo DPCM, articolo 1, comma 8, afferma invece: “È vietato l’assembramento di persone in luoghi pubblici o aperti al pubblico”. Il DPCM ovviamente ribadisce il consiglio di indossare i dispositivi di sicurezza (come le mascherine) e di rispettare le distanze di sicurezza; ma sul concetto di luogo privato/luogo pubblico la distinzione non è immediata. Si può fare, dunque, un “assembramento” in casa e in luoghi non pubblici?

Intuitivamente, sono luoghi pubblici quelli a cui accede liberamente senza che vi sia alcuna limitazione per i cittadini (una piazza, una strada, un parco pubblico, una spiaggia libera). Sono invece luoghi privati aperti al pubblico quelli che, pur essendo di proprietà di un privato, sono accessibili in alcune occasioni (ad esempio pagando un biglietto di ingresso o attenendosi alle regole del gestore); si tratta di cinema e teatri, ma anche di bar e ristoranti. Infine sono luoghi privati, non aperti al pubblico, le abitazioni private e i locali di un’azienda; tuttavia in quest’ultimo caso l’assembramento non è consentito poiché il datore di lavoro deve rispettare le regole previste per gli ambienti lavorativi.

In definitiva, il divieto di assembramento sembra venir meno solo presso la propria abitazione. Allora amici e parenti vi si possono ritrovare senza violare alcuna norma? Questo non osa dirlo nessuno.

Ma forse ci serve qualche chiarimento lessicale sul termine “assembramento”. Sul vocabolario Devoto-Oli viene definito così: “raggruppamento di persone con intenzioni ostili, sospette o sconosciute”. Tutto qui? No, perché si registra anche un significato arcaico del termine: “adunanza di soldati pronti per il combattimento; moltitudine di armati”. Ahiahi, sembra comunque venir fuori l’idea innegabile che l’assembramento sia qualcosa di losco, di minaccioso.

Ma siamo sicuri che sia così? No, perché il Dizionario Gabrielli definisce meno drammaticamente l’assembramento: “riunione di più persone in luogo aperto o pubblico”. Come esempi si danno “un assembramento di dimostranti” (la manifestazione pubblica del dissenso è stata sempre sospettata e colpevolizzata) e “sul luogo dell’incidente si formavano assembramenti di curiosi”. Anche qui compare il riferimento al significato arcaico di “moltitudine di armati radunata per combattere”. Gabrielli sembra condividere comunque un’opinione più generica e meno colpevolista dell’assembramento, tanto che ne esclude la possibilità nei luoghi privati.

Ma da dove deriva il termine “assembramento”? Si tratta di un derivato del verbo “assembrare”, dal francese “assembler”, a sua volta proveniente dal lat. “adsimilare”, cioè “rendere simile”. In soldoni, se io mi assembro, mi assemblo e mi assimilo; accostandomi gomito a gomito agli altri divento simile a loro, sono un pezzo a loro assemblato, identico e – diciamola tutta – contagiabile in tutto.

Siccome sono incontentabile, ho consultato anche un terzo dizionario, quello del mio antico professore di Glottologia Emidio De Felice (scritto con Aldo Duro). E le cose si complicano ulteriormente. Assembramento, qui, è un “gruppo compatto di persone riunitesi o affollatesi in una strada, in una piazza o in luogo pubblico, per guardare o discutere qualche fatto insolito, per protestare o per altri motivi e scopi”. L’esempio? Eccolo qui: “la polizia ha avuto l’ordine di sciogliere gli assembramenti” (preoccupante il fatto che il concetto di riunione/manifestazione si trasformi sempre nella connotazione negativa corrispondente, con conseguente inevitabile repressione).

Non da meno vuol essere il Garzanti, che come esempio dà “la polizia ha proibito ogni assembramento durante le elezioni”.

Confesso, tra parentesi, che questa consultazione di vocabolari mi ha lasciato un po’ perplesso e preoccupato; e non parlo qui, si badi bene, della situazione contingente di emergenza, ma più in generale dei margini di tolleranza che siamo disposti a concedere (anche mentalmente e lessicalmente) al diritto di riunione e manifestazione.

Tornando al DAC del mio condominio, esso si chiude con una manifestazione di fiducia dell’amministratore: “Confidando nel Vostro buon senso e nella Vostra collaborazione con un immediato e positivo riscontro, porgo cordiali saluti”. Gli aggettivi possessivi maiuscoli sono una carezza dopo tanti “obblighi” imposti (il più difficile da violare resta quello di riuscire ad “assembrarsi” nel microscopico vano ascensore); quanto agli aggettivi qualificativi successivi, sono quelli che ogni autorità, dalla massima alla minima, vorrebbe attribuire al suo interlocutore: “immediato e positivo”. Immediati e positivi dobbiamo essere sempre noi, che dobbiamo rispettare doverosamente le regole anche quando non sono chiare, univoche e facilmente eseguibili. Ad essere “mediati” e “negativi” sono invece, spesso, gli elaboratori delle ordinanze scritte di ogni ordine e grado.

Nell’attesa di capirci qualcosa, guarderò con sospetto crescente ogni sempre più probabile “assembramento”, alias – ricordiamocelo – “raggruppamento di persone con intenzioni ostili, sospette o sconosciute”.

Nei mesi di giugno e luglio 2020 sembrava che il peggio fosse passato: il calo dei contagi, l’aumento delle temperature, il miglioramento della situazione ospedaliera lasciavano credere di essere già fuori dal tunnel. Gli italiani, dopo i mesi di repressione forzata di ogni libertà durante il lockdown, affollavano spiagge, discoteche e locali, viaggiavano anche all’estero, non si privavano più delle libertà cui erano abituati da sempre.

Il risultato lo conosciamo: la ripresa dei contagi, iniziata ad agosto, si accentuò tragicamente fino a colpire tutto il territorio nazionale (anche il Sud e le isole precedentemente risparmiati da un’esplosione incontrollata del virus).

Il 10 agosto 2020 tornavo dunque a occuparmi del covid. In un post intitolato “La ripresa dei contagi e il nuovo Cantico delle Creature”. Partendo da un articolo del Corriere della Sera, che segnalava un boom di contagi tra gli under 18 e una diminuzione preoccupante dell’età media degli ammalati, riflettevo sull’inadeguatezza degli “inviti” rivolti dl governo al distanziamento, alla prudenza e all’uso delle mascherine, “inviti” non accompagnati da alcuna iniziativa reale per sanzionare le violazioni e gli abusi.

Fra i nuovi focolai di contagio, mi colpiva quello scoppiato ad Assisi, dove erano risultati positivi al Covid quattordici frati novizi francescani, che vivevano in stanze poco distanti dalla basilica di San Francesco. Ne ricavavo una possibile integrazione del “Cantico delle Creature”, cercando di esorcizzare con l’ironia l’angoscia crescente per la “seconda ondata” che stava per sommergere il nostro Paese.

23) 10.08.20

LA RIPRESA DEI CONTAGI E IL NUOVO “CANTICO DELLE CREATURE”

Cristina Marrone, nel sito del “Corriere della Sera”, segnala oggi il boom di contagi tra gli under 18 negli Usa e in Italia: “Negli ultimi 30 giorni la percentuale di under 18 positiva al coronavirus nel nostro Paese è salita al 13,2% (a fine giugno era 2,3%). In crescita i contagi tra gli adolescenti”. L’età media dei contagiati è scesa a 38 anni negli ultimi 30 giorni, mentre a inizio epidemia superava i 65 anni; oggi “la parte del leone la fa, con il 55,2% la fascia di età 19-50 anni”.

Facilmente intuibili le motivazioni di questa situazione: “Certamente il fatto che i bambini e gli adolescenti siano rimasti a casa da scuola in quasi tutto il mondo per molti mesi ha contribuito a far sì che avessero meno contatti e di conseguenza subissero meno contagi (per lo più in famiglia). Con l’estate, le vacanze e la movida degli adolescenti il numero di ragazzi contagiati è salito in tutto il mondo, tanto che i focolai italiani riguardano in buona parte giovani tornati dalle vacanze all’estero dove il virus circola di più e distanziamento sociale e mascherine non sono obbligatori”.

Lo dice anche l’epidemiologo Patrizio Pezzotti dell’Istituto Superiore di Sanità: «I ragazzi hanno una modalità di comportamento più a rischio, si abbracciano, ballano in discoteca, vanno in vacanza dimenticandosi la mascherina mentre oggi le persone più anziane si proteggono di più”.

Il governo, del resto, dopo mesi di lockdown, non vuole, non può e non osa imporre misure meno evanescenti dell’invito (inascoltato) al distanziamento, alla prudenza, all’uso della mascherina, ecc. ecc. Basta guardarsi intorno per vedere la totale inadeguatezza di questi “inviti”: ieri la spiaggia e la piazza di Mondello erano un immenso magmatico carnaio dove il massimo distanziamento era di pochi millimetri fra una “rima buccale” e l’altra. Addirittura il premier, in una sorta di ritorno alle sue origini pentastellate, ha affermato che il vaccino, quando arriverà, non sarà obbligatorio, con grande gioia dei “no vax” del partito degli zainetti. “Non sarà un liberi tutti”, diceva appena due mesi fa; e infatti…

Intanto focolai sparsi si registrano in tutte le regioni italiane: 20 persone nel pesarese dopo una cena tra ex compagni di classe; 20 positivi a Savona tra i clienti di un sushi bar; 70 test sierologici nel Mugello in seguito all’infezione di una parrucchiera; ragazzi e soprattutto studenti contagiati un po’ ovunque, soprattutto i 90 reduci dall’isola croata di Pag, “l’isola del divertimento”.

In questo bollettino di guerriglia colpisce la notizia di un focolaio ad Assisi, dove sono risultati positivi al Covid quattordici frati francescani, tutti novizi giunti da poco in Italia che vivono in stanze poco distanti dalla basilica di San Francesco. Il direttore della sala stampa del Sacro Convento di Assisi, padre Enzo Fortunato (almeno lui!), è però rassicurante: “Sono tutti in isolamento e stanno bene”.

A quanto pare, i frati infetti stanno provvedendo a un’integrazione del “Cantico delle Creature”; subito dopo “Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra morte corporale, da la quale nullu homo vivente pò scappare” sembra stia per essere aggiunta una nuova “laude”: “Laudato si’, mi Signore, per frate nostro Covid micidiale, da lo quale nullu homo assembrante po’ scappare”.

Di Mario Pintacuda

Nato a Genova il 2 marzo 1954. Ha frequentato il Liceo classico "Andrea D'Oria" e si è laureato in Lettere classiche con 110/110 e lode all'Università di Genova. Ha insegnato nei Licei dal 1979 al 2019. Ha pubblicato numerosi testi scolastici, adottati in tutto il territorio nazionale; svolge attività critica e saggistica. E' sposato con Silvana Ponte e ha un figlio, Andrea, nato a Palermo nel 2005.

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