Una lettera del futuro papa Paolo VI a mio padre

Nel 1948 mio padre, Salvatore Pintacuda, che aveva allora 32 anni, inviò alcune sue composizioni musicali al Papa Pio XII, Eugenio Pacelli, che era pontefice dal 1939.

Mio padre a Roma nell’ottobre del 1948

Conoscendo mio padre, suppongo che fosse stato indotto da qualcuno (magari dall’amico Maestro Antonio Trombone) a inviare al Vaticano le sue composizioni; lui infatti, di natura sua, era schivo, modesto sino all’eccesso e poco propenso a “esibire” le qualità di cui era dotato.

In quell’anno, dopo essere tornato da quattro anni di servizio militare in zone di operazioni di guerra, mio padre era insegnante di Storia della Musica e Direttore della Biblioteca al Conservatorio “Bellini” di Palermo. Due anni dopo, nel 1950, vinse – risultando primo a livello nazionale – il concorso per la cattedra di Storia della Musica e direttore della Biblioteca del Liceo Musicale “Paganini” di Genova; lì si trasferì e visse poi per oltre 25 anni.

Non so precisare quali composizioni mio padre abbia inviato al papa in quell’autunno del 1948; la sua produzione era infatti molto vasta e diverse sue musiche erano state anche trasmesse dalla radio nazionale. Posso però ipotizzare che si trattasse di “Tema e variazioni”, per flauto, oboe, clarinetto, fagotto, corno e tromba (Edizioni U.T.E.S.), composto proprio nel 1948, che ebbe diverse esecuzioni pubbliche e riscosse sempre unanimi consensi di pubblico e di critica.

Credo poi (visto il destinatario) che fossero allegate alcune delle sue composizioni di musica sacra, che erano state eseguite in alcuni concerti e nelle chiese di Bagheria.

Comunque sia, posso immaginare che, dopo avere inviato le musiche a Roma, non ci avesse pensato più di tanto e se ne fosse anzi quasi dimenticato, con il suo consueto atteggiamento ironicamente distaccato.

Eppure nel novembre 1948, nella casa di via Leonforte a Bagheria dove mio padre viveva ancora con la mamma e i fratelli, arrivò una lettera dalla Santa Sede. Era datata 13 novembre ed era firmata dall’allora segretario di Stato Giovanni Battista Montini.

Ne trascrivo il contenuto: “Ill.mo Signore, sono lieto di comunicarLe che il Santo Padre ha con grato animo accolto l’omaggio di alcune Sue composizioni musicali. Con la chiarezza di stile, vivificata da una nobile ispirazione, onde si distinguono i Suoi lavori, egli non ha mancato di rilevare la bontà dei sentimenti manifestati nella lettera che accompagna l’omaggio. Che la voce della Mamma, la voce che nell’infanzia Le indicò la via del bene e Le inculcò il rispetto verso la Cattedra di Pietro, continui ad alimentare i Suoi sentimenti religiosi e il Suo amore per l’arte. Per i Suoi cari e per tutti i buoni desideri ch’Ella porta nel cuore, l’Augusto Pontefice forma paterni voti, di cui è pegno l’Apostolica Benedizione che con effusione Le imparte. Profitto dell’incontro per confermarmi con sensi di distinto ossequio della Signoria Vostra Ill.ma devotissimo Giovanni Battista Montini”.

La lettera è un documento importante, soprattutto perché Montini divenne poi papa col nome di Paolo VI nel 1963 e fu proclamato santo il 14 ottobre 2018 da papa Francesco.

Aggiungerei che lo stile dell’epistola rispecchia perfettamente la figura del futuro pontefice: colto, un po’ rigido e formale (cosa che gli fu poi rimproverata da troppi critici frettolosi), ma anche – com’è evidente – sensibile e soprattutto garbato con una persona sconosciuta e sicuramente non “segnalata”.

Ovviamente nessuno può dire se davvero Pio XII avesse ascoltato le composizioni di mio padre; ma a me piace credere che almeno le abbia avute per un attimo sul suo tavolo e che magari abbia letto la lettera di accompagnamento del compositore, nella quale – da quanto riesco a dedurre dalla risposta di Montini – erano espressi i suoi sentimenti religiosi (era un cattolico convinto, anche se assolutamente non bigotto), era citata l’importanza che aveva avuto sua madre nella sua educazione (era infatti rimasto orfano di padre a soli 13 anni) e non veniva taciuto il suo “amore per l’arte”, che sempre lo aveva accompagnato fin da quando era “picciriddu”.

E mi fa piacere immaginare il sorrisetto di mio padre nel leggere questa autorevole risposta e il compiacimento di tutti i familiari per questa meritata soddisfazione.

Natale 1950: il fidanzamento fra i miei genitori

Chissà che, galvanizzato da questo successo, il giovane Totò non andasse poi a passeggiare raggiante per lo “stratuneddu” di Bagheria, dove magari avrà adocchiato per la prima volta mia madre, a spasso con le sorelle o con le amiche per il corso Umberto (si fidanzarono due anni dopo).

Non sarebbe stato cosa da tutti dirle: “Sa, signorina, il papa apprezza le mie musiche!”. Per non dire che, se avesse potuto prevedere che a rispondergli era stato un futuro papa, forse si sarebbe dichiarato ancora prima!

Di Mario Pintacuda

Nato a Genova il 2 marzo 1954. Ha frequentato il Liceo classico "Andrea D'Oria" e si è laureato in Lettere classiche con 110/110 e lode all'Università di Genova. Ha insegnato nei Licei dal 1979 al 2019. Ha pubblicato numerosi testi scolastici, adottati in tutto il territorio nazionale; svolge attività critica e saggistica. E' sposato con Silvana Ponte e ha un figlio, Andrea, nato a Palermo nel 2005.

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